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12 Giugno 2025
17:08

Zanzare, ratti e parassiti: quando è eticamente accettabile estinguere le specie pericolose o dannose?

Uno studio esplora quando e se può essere eticamente accettabile estinguere specie pericolose o dannose come zanzare e ratti perché portano malattie o sono invasive. Non c'è una risposta netta, ma vengono proposti una serie di fattori che, se rispettati, potrebbero giustificare in casi estremi e rarissimi una simile decisione. Il dibattito etico, scientifico ed ecologico rimane comunque aperto.

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Un nuovo studio esplora il dilemma etico della possibilità di poter estinguere specie pericolose o dannose

Sofferenza animale, minacce per la salute pubblica e tecnologia genetica avanzata. Sembrano elementi di un nuovo romanzo distopico, e invece sono il cuore di un dibattito etico – prima ancora che scientifico o ecologico – sempre più attuale e ancora apertissimo. Possiamo davvero decidere, in modo consapevole e definitivo, di estinguere volontariamente un'altra specie vivente? E, soprattutto, è mai giusto – o quantomeno accettabile – farlo?

Se lo chiedono gli autori di un articolo pubblicato su Science e firmato, tra gli altri, dalla filosofa Clare Palmer della Texas A&M University. Lo studio, che mette al centro la sfida etica dell'estinzione deliberata, prende in esame tre casi emblematici: la mosca assassina, la zanzara vettore della malaria, e i roditori invasivi come i ratti e topi. Tre casi che, per motivi diversi, causano enormi problemi a noi esseri umani, agli altri animali e a interi ecosistemi.

Quando le specie si definiscono dannose?

La domanda che sollevano gli autori è apparentemente semplice: è mai giusto, e in quali condizioni, estinguere volontariamente una specie dannosa? I tre casi analizzati dagli autori sono esempi perfetti di ciò che si intende per "dannosità": la mosca assassina (Cochliomyia hominivorax) è un parassita che depone le uova nelle ferite degli animali a sangue caldo, portando larve che letteralmente mangiano vivi i loro ospiti. Una sofferenza enorme per la fauna selvatica e gli animali d'allevamento, con ripercussioni economiche pesantissime.

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Molti uccelli marini che nidificano a terra sulle piccole isole, come il petrello delle Bermuda (Pterodroma cahow), sono minacciati da ratti e altri animali invasivi

La malaria, veicolata principalmente dalla zanzara Anopheles gambiae, è ancora una delle malattie più devastanti del mondo: ogni anno infetta quasi 290 milioni di persone e ne uccide circa 400.000, molti dei quali bambini. E poi ci sono i ratti e i topi, specie invasive che su molte isole hanno devastato intere popolazioni di uccelli marini, nutrendosi delle loro uova e persino dei pulcini ancora vivi, talvolta causandone l'estinzione. La domanda quindi è: possiamo – e dobbiamo – sterminare queste specie?

Come si estingue una specie grazie alla tecnologia e alla genetica

Alla luce di questi dati, la tentazione di cancellare del tutto queste specie può essere forte. Ma il fatto che oggi esistano strumenti biotecnologici in grado di farlo non implica automaticamente che sia eticamente lecito usarli. Le tecnologie che è possibile sfruttare sono diverse. Una di queste è la cosiddetta Sterile Insect Technique (SIT), che prevede il rilascio in natura di grandi quantità di maschi sterilizzati tramite radiazioni. Questi si accoppiano con le femmine senza generare prole, portando gradualmente al collasso della popolazione.

È una tecnica già usata per eradicare localmente la mosca assassina in alcune aree delle Americhe, ma anche per le zanzare. Un'altra strategia, ancora più avanzata, è nota come fsRIDL: qui vengono rilasciati insetti geneticamente modificati i cui geni letali si trasmettono solo alle femmine, facendo sì che la generazione successiva sia composta in gran parte da maschi. Se combinata con meccanismi che spingono queste modifiche genetiche a propagarsi rapidamente nella popolazione, si può arrivare all'estinzione completa di una specie.

Il punto è che la possibilità che questi interventi sfuggano al controllo – diffondendosi oltre le aree target e provocando un'estinzione su scala globale – non è affatto trascurabile. E pone quindi interrogativi enormi. Perché anche se una specie causa danni incalcolabili, resta pur sempre una forma di vita. E ogni forma di vita ha, in sé, un valore. Clare Palmer sottolinea proprio questa tensione: da una parte il dolore e la distruzione causati da queste specie, dall'altra il riconoscimento del loro valore intrinseco.

È mai giusto o accettabile estinguere una specie?

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Le larve di alcune mosche e altri parassiti crescono nella carne degli animali, causando loro enorme sofferenza, con ripercussioni economiche pesantissime

Una vita che infastidisce, ferisce o uccide può davvero essere spenta senza riserve? Gli autori dello studio non offrono una risposta netta, ma propongono una serie di criteri che, se rispettati tutti insieme, potrebbero giustificare – in casi estremi e rarissimi – un intervento di estinzione deliberata. La specie in questione dovrebbe causare sofferenze estreme e diffuse che non si possono evitare in altri modi. Non dovrebbe avere un ruolo ecologico cruciale, né la sua scomparsa dovrebbe provocare squilibri ambientali maggiori.

Le tecnologie genetiche dovrebbero essere più efficaci dei metodi tradizionali e presentare rischi minimi di conseguenze non intenzionali, come l'estinzione globale. Inoltre, il danno causato dalla specie dovrebbe essere tale da superare, anche dal punto di vista etico, il valore della sua esistenza. Infine – e forse soprattutto – le decisioni non dovrebbero mai essere prese a porte chiuse: vanno coinvolte le comunità locali, i portatori di interesse, chi sarà direttamente colpito da queste scelte.

Qual è il confine tra giustizia e arroganza?

"Il nostro obiettivo – ha spiegato Palmer in un comunicato – è promuovere una comprensione più sfumata delle implicazioni etiche legate alla modifica genetica delle specie. Dobbiamo bilanciare i benefici potenziali con le responsabilità morali che abbiamo verso ogni forma di vita". Nel mondo della conservazione, l'idea che si possa salvare distruggendo è forse il paradosso più radicale e grande di tutti. Tuttavia, non è più possibile ignorarlo, perché non è più un problema tecnico o scientifico e possiamo già estinguere intere specie.

Questa possibilità è però una una questione profondamente politica, culturale e morale. E ci impone di chiederci che tipo di custodi vogliamo essere su questo pianeta. Attualmente, utilizziamo già molti strumenti per controllare o eradicare localmente insetti, parassiti o specie dannose e invasive, uccidendo miliardi di vite. Tutto ciò è già socialmente accettato o largamente tollerato per ragioni conservazionistiche o di salute pubblica. Ma l'estinzione definitiva? Dove tracciare la linea rossa? Queste e altre domande restano aperte.

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