
Siamo abituati a confrontare l'intelligenza di altri animali usando la nostra specie come termine di paragone, ma questa tendenza oltre a essere sbagliata è anche fuorviante. Immaginare intelligenze altre, aliene al nostro modo di interpretare il mondo, può aprire l'immaginazione a nuove realtà il cui impiego si presta bene agli sviluppi tecnologici. In questo processo ci vengono in soccorso i ricci di mare che grazie alla loro biologia ci mostrano che si può essere "tutto-cervello" anche senza avere una testa grazie a un sistema nervoso che si trova nell'intero corpo e non localizzato in un'area specifica come avviene per noi.
Lo spiega a Fanpage.it Maria Ina Arnone, dirigente di ricerca del dipartimento di Biologia ed Evoluzione degli Organismi Marini della Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli, capofila dello studio pubblicato sulla rivista internazionale Science Advances: "È importante per comprendere la biodiversità, ma anche per fare scoperte che aiuterebbero per nuovi sviluppi tecnologici, per esempio il sistema di integrazione del sistema luminoso del riccio di mare con tanti fotorecettori distribuiti sul corpo e presenti non solo nel sistema nervoso, ma in tanti altri tessuti, come esempio i muscoli, potrebbero aiutare a sviluppare sistemi di visione sferica nei robot". Lo studio italiano si è guadagnato la prima pagina della rivista nella sua versione online.
Cosa vuol dire che i ricci di mare sono tutto-cervello ma senza cervello

I ricci di mare sono echinodermi, un gruppo di animali di cui fanno parte anche le stelle marine, caratterizzati da simmetria pentamerale. "È come se il riccio di mare avesse 5 unità celebrali allungate su tutta la superficie dell'animale formando una specie di stella, che sono connesse tra di loro e da qui, con un sistema di integrazione a noi ancora sconosciuto, controllano il sistema di locomozione e tutti le altre risposte agli imput esterni – spiega Arnone – Ad una osservazione approfondita, al loro interno hanno degli organi per noi facilmente riconoscibili, quali esofago, intestino, bocca. La scienza negli ultimi anni ha fatto passi da gigante nel riconoscere i geni specifici che sono espressi nelle differenti parti del corpo".
Lo studio condotto da Arnone grazie al finanziamento dello Human Frontiers Science Program ha quindi accertato proprio questo: "Abbiamo scoperto che i geni che negli animali vertebrati come siamo noi sono espressi nella testa o nel cervello, nel riccio di mare sono distribuiti su tutto il corpo seguendo la simmetria pentamerale. Gli organi interni stanno tutti nel corpo sferico dell’animale, coperto di aculei, mentre esternamente quello che vediamo è in realtà la testa. E questo significa che è tutto testa". Una scoperta avvenuta in collaborazione con ricercatori del Museum für Naturkunde di Berlino (Germania), del Laboratoire de Biologie du Développement de Villefranche-sur-Mer (Francia) e dell’Institut de Génomique Fonctionnelle de Lyon (Francia).
Non si tratta di una novità per gli echinodermi, i cui rappresentanti più iconici sono le stelle di mare, ma lo studio guidato dalla Stazione Zoologica Anton Dohrn ha fatto un passo ulteriore: "Altri scienziati negli Stati Uniti studiando la stella di mare avevano già scoperto un sistema simile. Noi però abbiamo fatto un passo ulteriore: non solo abbiamo visto la stessa cosa nel riccio di mare, ma andando a studiare in particolare il sistema nervoso e i geni responsabili della formazione del cervello e dei fotorecettori che tutti il corpo del riccio di mare è come se fosse una grande testa e un grande cervello".
Anche i ricci di mare sono esseri senzienti
I ricci di mare vengono spesso accostati ai "frutti di mare" come cozze e vongole, anche se fanno parte di un gruppo distinto di animali. Un po' come succede anche per i crostacei pagano il prezzo di non avere una espressività, e questa differenza con i mammiferi li relega tra gli animali considerati non senzienti. Convinzione in contrasto con quanto ci dice la scienza. "I ricci sono assolutamente esseri senzienti – sottolinea la ricercatrice del Dohrn – Il pensiero come noi lo intendiamo noi certo non può esserci nei ricci di mare, così come la sensazione del dolore. Tuttavia se sempre più spesso stanno emergendo studi che dicono che addirittura le piante provano dolore, certo allora vale anche per i ricci. Bisogna però stare attenti con queste definizioni, perché noi tendiamo ad appiattire tutto alla conoscenza che abbiamo di noi stessi, ma la natura è molto più varia di quello che crediamo, e ci sono tantissime cose che noi non conosciamo e non capiamo ancora".
"Dobbiamo immaginare che ci sono dei sistemi di intelligenza e sensoriali diversi dai nostri, ed è importante capirli per comprendere la biodiversità, ma anche per fare scoperte che aiuterebbero per nuovi sviluppi tecnologici".
Un esempio ci è dato dal sistema "visivo" del riccio, profondamente diverso dal nostro e da quello dei vertebrati in generale, e per questo prezioso per la ricerca scientifica e per il mondo della tecnica.
Come il sistema di fotoricezione del riccio ci aiuta a creare i robot del futuro

I ricci non hanno cervello ma "pensano", e pur non avendo occhi sono in grado di vedere. Questa scoperta può aiutarci a sviluppare nuove tecnologie di ispirazione animale, come tante volte è già successo in passato.
"Le cellule fotorecettrici nel riccio di mare sono distribuite seguendo la simmetria del cervello. Come i coni e i bastoncelli che si trovano nel nostro occhio, anche il riccio di mare ha delle cellule specializzate che sulla loro membrana espongono una molecola che si chiama opsina che riceve il segnale luminoso e poi lo traduce all'interno della cellula e a sua volta al sistema nervoso che fornisce una risposta". Questa risposta è il mistero che ancora resta da scoprire della visione del riccio.
"Quello che sappiamo per certo è che la molecola che processa la luce nella cellula fotorecettrice del riccio di mare è uguale a quella che sta nei coni e nei bastoncelli dei nostri occhi – chiarisce Arnone – Quindi la prima parte di ricezione del segnale è esattamente la stessa: come noi vediamo la luce, anche i ricci la vedono. Quello che poi succede dopo è da scoprire. Noi formiamo un'immagine, i ricci probabilmente vedono delle ombre, anche se sfocate, o potrebbero addirittura percepire un'immagine. Il sistema integrato di recezione del segnale e la risposta restano ancora un mistero".
"Questo tipo di visione diffusa potrebbe essere utile per lo sviluppo tecnologico di robot che hanno visione sferica. La ricerca oltre a fornirci dati importanti sulla biologia di altri animali ci può dare una mano a sviluppare nuove tecnologie ispirate al mondo naturale".
Per riuscirci però bisogna proseguire con gli studi, compito non facile oggi. Tra i paesi europei, l'Italia è quella che investe di meno in progetti di ricerca e sviluppo.
Il sud e la ricerca: l'esempio dell'Anton Dohrn
"La ricerca in Italia soffre molto della scarsità dei finanziamenti per la ricerca di base, ma ci sono tanti centri di eccellenza, e la Stazione Zoologica Anton Dohrn è uno di questi – è l'analisi di Arnone – Per fortuna qualcosa sta cambiando e stanno sorgendo anche in Italia i finanziamenti destinati solo alla ricerca di base, allo sviluppo di nuove idee, in tutti i campi, fisica, biologia, scienze umane, proprio come i competitivi ERC europei. Speriamo si continui a finanziare la ricerca in questa direzione".