
Il traffico illecito di fauna selvatica è uno dei crimini ambientali più remunerativi al mondo. Si stima che ogni anno il commercio illegale di animali vivi, parti e prodotti derivati generi un giro d'affari compreso tra i 10 e i 23 miliardi di dollari. È, a tutti gli effetti, il quarto mercato criminale globale dopo droga, armi e esseri umani. Dietro queste cifre impressionanti si nascondono storie di specie a rischio, di ecosistemi in pericolo e di un sistema internazionale che continua a trarre profitto dalla distruzione della biodiversità.
Non si tratta solo di specie "famose" come elefanti, rinoceronti, tigri, pangolini o leoni tenuti in casa come se fossero "domestici". Il traffico di selvatici coinvolge uccelli, rettili, mammiferi, coralli e persino insetti e altri invertebrati come ragni e scorpioni (una singola formica rara può valere anche 200 euro), e passa anche attraverso l'Italia, ponte naturale tra Africa ed Europa e al centro dei traffici mediterranei. Tra gli animali vivi più richiesti ci sono rapaci, pappagalli, rettili e persino scimmie.
Ma anche i prodotti come pelli e pellicce, che rappresentano un mercato parallelo vastissimo, in cui un paio di stivali in pelle di coccodrillo o di squalo può raggiungere il valore di 4mila euro.
Un pullo di aquila prelevato dal suo nido può valere anche 10mila euro

Tra i casi più emblematici e drammatici che ci toccano molto da vicino c'è quello dell'aquila di Bonelli (Aquila fasciata), una delle specie di rapaci più rare e minacciate in Italia. In Sicilia, dove sopravvivono pochissime coppie nidificanti, negli ultimi anni sono stati sequestrati diversi pulli prelevati illegalmente dai nidi e destinati al mercato nero della falconeria. Un singolo esemplare, talmente è raro, può arrivare a valere fino a 10mila euro e secondo alcune stime anche di più.
Ogni furto non rappresenta però solo la perdita di un singolo individuo, ma mette a rischio un’intera possibilità di ripresa per una popolazione già sull’orlo dell’estinzione. Per questo progetti come Life ConRaSi hanno introdotto sistemi di sorveglianza e fototrappole su ogni singolo nido – la cui posizione viene tenuta segreta – per proteggere la riproduzione delle ultime coppie rimaste. La domanda principale per i rapaci arriva spesso dai Paesi del Golfo, dove la falconeria è un'attività tradizionale, prestigiosa e in crescita.
Bertucce acquistate per pochi euro e stivali e borse di lusso

Avere un falco pellegrino, un lanario o un'aquila addestrata è considerato simbolo di status sociale e la disponibilità limitata di individui legali spinge molti a rivolgersi al mercato nero. Ma non si tratta solo di rapaci. In Nord Africa, per esempio, le bertucce (Macaca sylvanus) vengono ancora catturate per essere vendute come "animali da compagnia". Una singola scimmia può essere acquistato localmente per poche decine di euro e rivenduto in Europa a cifre tra i 2mila e i 3mila euro. Spesso passano proprio dall'Italia, dove negli anni sono stati sequestrati diversi animali.
Accanto agli animali vivi, il traffico riguarda anche i prodotti del lusso. Stivali e borse in pelle di rettili o squali, oggetti in corallo e gioielli realizzati con parti di animali sono ancora molto richiesti. Il luogotenente Rino Calabrò, della squadra operativa CITES della Guardia di Finanza di Fiumicino, ha recentemente spiegato a Il Messaggero come per esempio a Fiumicino questi traffici non sembrano fermarsi e che il valore di un solo paio di stivali in pelle di coccodrillo può raggiungere anche i 4mila euro.
Anche i pappagalli tra le specie più trafficate

Il mercato dei selvatici riguarda spesso anche specie esotiche ornamentali o molto apprezzate dagli appassionati, come per esempio i pappagalli. Una delle specie più note di questo commercio è il pappagallo cenerino (Psittacus erithacus), tra gli animali più trafficati dell’Africa. Il suo prezzo legale varia mediamente tra i 600 e i 1.200 euro, ma la forte domanda e la scarsità di allevamenti autorizzati e certificati alimentano un mercato illegale sempre più fiorente.
La situazione in natura per questa specie, considerata "In pericolo" dalla IUCN, è diventata così critica a causa dei prelievi illegali, che recentemente la Repubblica Democratica del Congo, uno dei paesi d'origine della specie, ha avviato nuove azioni legislative per proteggere le ultime popolazioni selvatiche dopo che numerosi studi hanno mostrato un drastico calo degli individui nelle province centrali e settentrionali del paese.
L'Italia crocevia di un mercato senza crisi

Ciò che rende questo commercio ancora più allarmante è anche la sua stabilità nel tempo. A differenza di altri settori criminali, il traffico di fauna non sembra conoscere crisi. La domanda resta costante perché molte delle specie coinvolte sono considerate status symbol o beni di lusso, ma anche perché grazie a Internet, ai social media e alle piattaforme di compravendita online è sempre più facile acquistare e vendere. Inoltre, restrizioni del commercio legale, necessarie per la conservazione di questi animali, finiscono spesso solo per aumentare il valore degli esemplari sul mercato nero.
E le rotte consolidate – dall'Africa all'Europa, dall'Asia al Medio Oriente – garantiscono un flusso continuo di animali e prodotti, nascosti in container o mascherati da spedizioni commerciali legittime. E l'Italia, per posizione geografica, è uno dei principali punti di transito e destinazione di questi traffici. Le autorità doganali, soprattutto negli aeroporti e nei porti, sequestrano regolarmente rettili, uccelli esotici e manufatti, per non parlare del mercato interno e del bracconaggio che riguarda soprattutto piccoli uccelli passeriformi destinati a essere utilizzati come richiami vivi per la caccia o tenuti come animali da esposizione e collezione.
Un costo inestimabile pagato dalla biodiversità e da noi stessi

Ogni individuo catturato in natura rappresenta un duro colpo alla conservazione, un impoverimento genetico e un danno irreversibile agli ecosistemi. I traffici favoriscono inoltre la diffusione di malattie zoonotiche e finanziano reti criminali che operano al di fuori di qualsiasi controllo. Inoltre, vengono purtroppo incentivati sempre più spesso dai social media come TikTok e dai video virali degli animali venduti e tenuti come domestici.
Contrastare questo mercato richiede sicuramente leggi più severe, controlli più capillari, ma soprattutto una maggiore consapevolezza da parte di tutti. Non basta punire i trafficanti, ma bisogna ridurre la domanda, spiegando che dietro ogni pappagallo esotico, ogni scimmia o rapace detenuto illegalmente, c’è un sistema che maltratta gli animali, distrugge la natura e priva il mondo di specie insostituibili. E se un'aquila di Bonelli può valere 10mila euro, il vero prezzo inestimabile è quello che paga la biodiversità e, di conseguenza, tutti noi.