;)
Il Mediterraneo nasconde trappole che, nonostante la resilienza degli animali, rischia di far scomparire per sempre dalle nostre acque squali e razze. E' quanto hanno messo in luce i ricercatori della Stazione Zoologia Anton Dohrn in un nuovo studio pubblicato sulla rivista "Fish and Fisheries" che mette in evidenza quanto la pesca intensiva stia per portare all'estinzione nel nostro mare blu queste specie.
Gli esperti sono andati davvero nelle profondità di un problema che attanaglia non solo i nostri mari ma che è diventato tra i principali fattori della mortalità causata dall'uomo nel Mediterraneo ma anche in altri mari. In particolare i ricercatori della stazione zoologica che si trova a Napoli hanno evidenziato che si tratta di una vera e propria crisi biologica che non attiene più solo alla pesca illegale ma a una prassi consolidata che incide sulla resilienza stessa degli animali.
L'allarme dei ricercatori: servono più di 40 anni per raddoppiare la popolazione di squali nel Mediterraneo
L'analisi è stata condotta osservando 82 popolazioni di cui fanno parte 51 specie diverse di elasmobranchi (gruppo in cui rientrano anche squali, razze e mante) che hanno manifestato una incapacità ormai a resistere alla costante e aggressiva pressione delle tecniche di pesca intensiva messe in atto dall'essere umano.
Come spiegano i ricercatori "è stato analizzato il cosiddetto ‘rebound potential‘, ovvero il tasso con cui una popolazione può crescere una volta interrotta la pressione della pesca. I risultati sono preoccupanti: per la maggior parte delle specie servono oltre 40 anni per raddoppiare numericamente la popolazione, ed in casi estremi, come per lo squalo bianco, quasi 100 anni".
Come salvare gli squali e le razze del Mediterraneo: riduzione della pesca e più dati biologici
Lo scenario che ne viene fuori non è solo quello di una situazione che già attualmente non è più sopportabile da parte di queste specie ma che decreta per loro un futuro in cui se si continua così non ci saranno più. Lo studio rappresenta, dunque, uno strumento utile per evitare che si arrivi al collasso di queste specie, sebbene gli stessi ricercatori hanno sottolineato che i dati disponibili sono "ancora scarsi" per quanto riguarda gli animali che vivono nelle profondità marine.
L'indicazione che arriva dagli esperti è che si trovino soluzioni di gestione sostenibile per questi animali visto che è evidente "l'urgenza di ridurre la pressione della pesca e colmare le lacune nei dati biologici”. Ciò, suggeriscono gli autori, sarà possibile solo e soltanto se i risultati dovuti a evidenze scientifiche verrano considerati come punti fondamentali di partenza e riflessione tanto a livello nazionale quanto nelle politiche di tutela delle altre specie a livello regionale con la promozione di aree marine protette che abbiano la funzione di luoghi di ripopolamento.