
A Genova è stata rimossa una rete fantasma di 1100 chili, impigliata nei resti di una piattaforma petrolifera dismessa, tra i 4 e i 45 metri di profondità. Si tratta di una trappola mortale per delfini e altri animali che passano per queste acque. Genova infatti affaccia sul Mar Ligure, il cuore del santuario Pelagos, una vasta area protetta istituita per proteggere cetacei come balenottere, delfini e capodogli. La presenza di una rete fantasma di simili dimensioni in queste acque è particolarmente pericolosa proprio perché si tratta di un crocevia fondamentale per la biodiversità marina.

Nella rete sono stati ritrovati resti di numerosi pesci e coralli e la rimozione ha richiesto in totale ben 10 giorni di lavoro che hanno visto impegnati 17 subacquei del Centro Subacquei Carabinieri di Genova e del Nucleo Subacquei Carabinieri, con il supporto scientifico del WWF Italia e il supporto logistico di AMIU Genova per lo smaltimento del materiale recuperato.
Come hanno fatto i sub a recuperare la rete di 110 chili
L’operazione che ha permesso la rimozione della rete fantasma fa parte del progetto WWF Ghost Gear, finanziato dalla Fondazione Segre, che mira proprio a mappare, recuperare e prevenire la dispersione di attrezzi da pesca abbandonati nel Mediterraneo. Un compito non facile neanche per i più esperti: i subacquei dei Carabinieri hanno lavorato in condizioni di visibilità limitata, procedendo al taglio e alla rimozione della rete in più sezioni, successivamente issate a bordo delle motovedette di supporto.

Una volta sbarcata al porto, la rete è stata presa in carico da Amiu Genova, che ne curerà lo smaltimento secondo le procedure previste per i rifiuti marini. Il materiale infatti sarà destinato al recupero energetico, una soluzione di economia circolare per le reti dismesse che completa la sostenibilità dell'intera operazione.
Il WWF: "Reti fantasma continuano a uccidere per anni"
"Ogni rete recuperata è un pericolo in meno per il mare e un segnale concreto che la collaborazione tra istituzioni, mondo scientifico e il settore pesca può fare la differenza – ha dichiarato Giulia Prato, responsabile mare del WWF Italia – Le reti fantasma sono trappole pericolose che continuano a uccidere per anni e disperdono microplastiche: liberare i fondali dai ghost gear significa restituire un habitat sano alla fauna marina".
Non è la prima volta che viene compiuta una simile operazione: lo scorso gennaio i fondali marini della Sicilia sono stati liberati da 30 reti fantasma lunghe come un grattacielo di 100 piani. E al suo interno sono stati trovati posidonia, ricci e coralli – sì, i coralli sono esseri viventi e quando "sbiancano" muoiono -.
"È stato un intervento complesso e ad alto valore ambientale – ha commentato il Colonnello Samuele Sighinolfi, comandante del Centro Subacquei dei Carabinieri di Genova – La sinergia con WWF ed AMIU Genova e GE.AM. ha permesso di agire in sicurezza e in modo efficace, dimostrando come la tutela del mare passi anche da operazioni di questo tipo".

Cosa sono le reti fantasma e perché sono un pericolo per la fauna marina
I cosiddetti “ghost gear”, come la rete fantasma recuperata a Genova, rappresentano una delle minacce più gravi per la biodiversità marina: gli attrezzi da pesca abbandonati o persi in mare continuano a intrappolare pesci, tartarughe e mammiferi per anni a seguito della loro dispersione, degradandosi lentamente in microplastiche.

Attraverso il progetto WWF Ghost Gear, attivo in Italia e Croazia, sono già state mappate e recuperate decine di quintali di attrezzi da pesca abbandonati, con il coinvolgimento di pescatori, sub, aziende di riciclo e comunità locali. Per questo il WWF ha creato l'app Ghost Net Zero, rivolta proprio ai pescatori, che permette di segnalare la presenza di attrezzi dispersi in totale sicurezza.