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Le Hawaii, come molte isole in tutto il mondo, sono un vero e proprio paradiso per le specie endemiche. O meglio, lo erano. Perché molti degli animali che vivono solo qui e in nessuna altra parte del pianeta stanno sparendo o sono già estinti e, ancora una volta, c'è lo zampino degli esseri umani. Il caso più emblematico è quello di un gruppo di fringillidi endemici dell'arcipelago: i depradinidi, conosciuti anche come "reginette hawaiiane". Delle circa 60 specie originarie, ne restano appena 17, e la maggior parte è sull'orlo del baratro.
A portarle sull'orlo dell'estinzione non è stato il disboscamento o la caccia, ma qualcosa di ancora più subdolo: una zanzara. O meglio, la malaria aviaria che questi insetti, introdotti nell'arcipelago dagli esseri umani, trasmettono agli uccelli. Tuttavia, un nuovo studio pubblicato su Current Biology e guidato dalla San Diego Zoo Wildlife Alliance, ci offre una nuova piccola speranza: c'è ancora tempo per salvare alcuni di questi uccelli, ma la finestra si sta rapidamente chiudendo.
Il dramma di Kaua'i, dove gli uccelli non volano più (o quasi)

Le specie più colpite si trovano sull'isola di Kauai, o in hawaiano Kaua'i, un tempo santuario per l'avifauna dell'arcipelago. Oggi, a causa del riscaldamento globale, le zanzare vettori della malaria hanno raggiunto anche le zone più elevate, annullando l'ultima linea di difesa per gli uccelli. Due specie in particolare, l'akikiki (Oreomystis bairdi) e l'akeke'e (Loxops caeruleirostris), entrambe endemiche di Kaua'i, hanno visto crollare le loro popolazioni di oltre il 99% negli ultimi vent'anni.
Nel 2018, sull'isola c'erano 454 akikiki. Nel 2021 ne erano rimasti appena 45. Poi, nel 2023 solo 5 individui. L'akikiki è quindi ormai estinto in natura e gli ultimi circa 40 individui rimasti al mondo sopravvivono grazie a un programma di allevamento in cattività portato avanti nei centri di Maui e Keauhou. Per l'akeke'e, invece, restano meno di 100 esemplari in natura e appena 7 in cattività, dove a causa delle complesse dinamiche sociali è molto difficile far riprodurre la specie. È solo questione di tempo, o forse no.
Genetica contro il tempo: il DNA come mappa per la salvezza

Lo studio non si limita infatti a fotografare lo stato della crisi, ma offre anche alcuni strumenti per invertire la rotta. Attraverso l’analisi genetica di queste due specie – e del po'ouli (Melamprosops phaeosoma, quest'ultima purtroppo già estinta) – i ricercatori hanno scoperto che, nonostante il tracollo demografico, questi uccelli conservano ancora una sorprendente e incoraggiante diversità genetica. Un patrimonio prezioso, che potrebbe dare loro un'ultima chance per adattarsi e sopravvivere.
Ma c'è un però. Quando una popolazione si riduce a così pochi esemplari, anche un DNA diversificato può diventare una trappola. I ricercatori hanno già osservato negli akikiki i primi segnali di depressione da inbreeding, l'incrocio tra consanguinei. Molti uccelli nati in cattività sono figli di genitori imparentati tra loro e questo compromette la loro salute e la capacità riproduttiva. Conoscere il patrimonio genetico diventa quindi fondamentale per scegliere con cura gli accoppiamenti e massimizzare le possibilità di successo del programma di riproduzione.
Zanzare contro zanzare: la sfida della conservazione

Sul fronte della lotta alla malaria aviaria, si sta invece sperimentando un approccio innovativo: il rilascio di zanzare maschio sterili o incompatibili con le femmine presenti sull'isola. Un intervento che potrebbe rallentare la diffusione della malattia e restituire un margine di sopravvivenza agli uccelli. Se questo metodo dovesse funzionare, l'akeke'e avrebbe ancora una speranza. I modelli predittivi suggeriscono che, in assenza di ulteriori interventi, anche questa specie scomparirà a breve. Ma il tempo c'è, seppur poco, e agire ora potrebbe fare la differenza.
Nel 2004, quando morì l'ultimo po'ouli, la San Diego Zoo Wildlife Alliance decise di conservare le sue cellule congelandole. Oggi, quelle cellule sono tornate utili: sequenziando il suo genoma, i ricercatori hanno ottenuto preziose informazioni sull'evoluzione e la genetica dei depradinidi. Un patrimonio che purtroppo non servirà a far rinascere il po'ouli, ma che può salvare i suoi cugini ancora in vita. "Non sentiremo mai più il suo canto – ha detto Oliver Ryder della San Diego Zoo Wildlife Alliance – ma possiamo imparare tanto dal suo codice genetico".
Quando pensiamo all'estinzione, spesso immaginiamo qualcosa di remoto, di inarrestabile, di naturale. Ma in casi come questo, l'estinzione è anche una decisione che prendiamo (o non prendiamo) noi ogni giorno. Se lasciamo che la malaria aviaria spazzi via gli ultimi uccelli di Kauai, non potremo dire che non sapevamo. La scienza ci ha già fornito gli strumenti per agire, anche se restano poche decine di akikiki e akeke'e. Ma finché saranno ancora in vita, ci sarà anche speranza. Anche se non per molto.