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16 Novembre 2025
13:36

Quasi 400 mila pesci usati dall’Unione europea per i test chimici: la denuncia per fermare la sperimentazione sugli animali

Humane World for Animals ha pubblicato un report in cui si evidenza che ogni anno l'Unione europea esegue test tossicologici su quasi 400 mila pesci per rispondere alle linee guida del sistema REACH finalizzato alla valutazione e al monitoraggio delle sostanze chimiche che poi vengono immesse sul mercato.

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Humane World for Animals ha appena pubblicato un report in cui si evidenza che ogni anno l'Unione europea esegue dei test tossicologici su quasi 400 mila pesci per rispondere alle linee guida del sistema REACH (Registrazione, Valutazione, Autorizzazione e Restrizione delle Sostanze Chimiche), finalizzato alla valutazione e al monitoraggio delle sostanze chimiche. Il regolamento europeo prevede infatti che si utilizzi la sperimentazione animale e questo è il primo studio che accerta l'impatto sulla salute degli animali acquatici, rivelando appunto quanti animali vengono sacrificati a fronte dei test richiesti dall'UE per verificare la sicurezza dei materiali chimici che poi vengono distribuiti nel mercato del Vecchio Continente.

"La portata dei test rivelata dalla nostra analisi solleva interrogativi fondamentali sul fatto che REACH stia garantendo la protezione nel modo più efficace e proporzionato – spiega Antigoni Effraimidou, direttore senior del programma per le politiche istituzionali di Humane World for Animals Europe – La sicurezza chimica deve rimanere fondamentale, ma possiamo e dobbiamo raggiungerla attraverso metodi moderni che non implichino l'uso di animali, rafforzando i risultati in termini di salute e tutela ambientale".

Secondo le proiezioni dell'associazione internazionale che si occupa di benessere e tutela degli animali, il numero di animali acquatici coinvolti nei test potrebbe aumentare e arrivare tra i 530 mila e  i 690 mila esemplari.

Nella relazione viene evidenziato che i pesci sono sottoposti a diverse tipologie di test che comportano mortalità acuta, l'esposizione prolungata agli agenti chimici e il monitoraggio post esposizione per comprendere quali effetti si producono nelle diverse fasi di crescita.

I pesci sono un "gruppo chiave" nella sperimentazione: i test sono infatti considerati essenziali per comprendere la capacità di una sostanza di danneggiare gli ecosistemi acquatici in caso di sversamenti o dispersioni nell'ambiente. Questa tipologia di animali è poco considerata dal punto di vista delle sofferenze che implica il loro utilizzo per questioni che attengono al benessere umano a differenza dei mammiferi su cui gli studi e la sensibilizzazione dell'opinione pubblica sono più frequenti e condivisi. In realtà proprio recentemente una ricerca ha dimostrato per la prima volta che è quantificabile il dolore che prova un pesce quando viene lasciato a morire fuori dall'acqua, arrivando a stabilire che ogni chilo di pesce che mangiamo corrisponde a 24 minuti di agonia.

Humane World for Animals nel rapporto sottolinea anche che, ad oggi, esistono già metodi alternativi per sostituire l'utilizzo degli animali nella sperimentazione, attingendo soprattutto alle nuove tecnologie come le colture cellulari di tessuti branchiali che riducono fortemente l’uso di animali vivi. I costi sono ancora alti perché le industrie possano davvero mettere in campo le alternative ma, allo stesso tempo, a livello normativo non vi è ancora nessuna menzione al riguardo e ciò comporta un circolo vizioso per cui poi non vengono messe in campo azioni che siano finalizzate a un percorso anche a step che comprenda almeno la riduzione dei test sugli animali. In Gran Bretagna però recentemente il Ministro della Scienza Patrick Vallance ha presentato una "road map" per arrivare alla messa al bando della sperimentazione sugli altri esseri viventi a iniziare dal 2026.

Il regolamento REACH è in vigore dal 2007 e Humane World for Animals conclude la sua analisi chiedendo almeno che si proceda ad una revisione che era stata già prevista nel 2012 ma che non è ancora avvenuta. "Questi risultati dimostrano che il sistema europeo di sicurezza chimica rimane ancorato a modelli animali obsoleti, nonostante siano disponibili strumenti scientifici migliori – conclude Jay Ingram, amministratore delegato per le sostanze chimiche dell'associazione internazionale – Modernizzare REACH non significa abbassare gli standard, ma innalzarli, utilizzando approcci avanzati che proteggano meglio le persone, gli ecosistemi e gli animali".

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