
Il pitone reticolato (Malayopython reticulatus) è attualmente considerato, sulla base delle evidenze disponibili, il serpente più lungo in assoluto. Le sue dimensioni medie si attestano generalmente tra i 6 e i 7 metri, sebbene nel corso del tempo siano state riportate testimonianze di avvistamenti riguardanti esemplari di lunghezza superiore, fino a 8, 9 o persino 10 metri.
Perché il pitone reticolato è il serpente più lungo del mondo
Il segreto della straordinaria lunghezza dei serpenti risiede principalmente nella struttura della loro colonna vertebrale e nell’elevato numero di vertebre toraciche. Per fare un confronto, gli esseri umani possiedono 12 vertebre toraciche, mentre nei serpenti più lunghi se ne possono contare fino a 400. È importante sottolineare, tuttavia, che non esiste una correlazione diretta e lineare tra il numero di vertebre e la lunghezza complessiva dell'animale, poiché anche la dimensione delle ossa e la massa muscolare giocano un ruolo significativo.

Nel caso specifico del pitone reticolato, il numero di vertebre toraciche varia generalmente tra 297 e 330, una delle caratteristiche che contribuiscono a renderlo uno dei serpenti più lunghi al mondo. Inoltre, si osserva in questa specie un marcato dimorfismo sessuale: le femmine tendono infatti a essere più grandi dei maschi.
Un’ulteriore differenza strutturale tra i serpenti e l’uomo riguarda il collegamento delle vertebre toraciche: mentre nelle persone esse sono connesse allo sterno, formando una gabbia toracica rigida, nei serpenti tali vertebre non sono articolate con lo sterno, il che consente loro di espandere e contrarre il corpo per adattarsi, ad esempio, all’ingestione di prede di grandi dimensioni.
I serpenti nascono con un numero fisso di vertebre, che resta invariato per tutta la durata della loro vita, la quale, nel caso del pitone reticolato, può arrivare anche a 30 anni. Con il passare del tempo, queste vertebre tendono ad aumentare di dimensioni, determinando un incremento anche nella distanza che le separa.
Chi è il serpente che detiene il record di lunghezza
Una premessa necessaria riguarda le difficoltà nel misurare accuratamente un serpente: spesso i presunti avvistamenti di esemplari lunghi 8, 9 o 10 metri si basano su stime approssimative fatte a occhio. Gli esperti raccomandano di effettuare la misurazione su un animale sedato e completamente disteso, operazione non sempre praticabile, soprattutto con animali selvatici e potenzialmente pericolosi.

Un caso emblematico è quello di un pitone reticolato trovato a Penang, in Malesia, che inizialmente sembrava misurare 8 metri. Si trattava di una femmina, deceduta pochi giorni dopo la cattura. Misurazioni successive hanno ridimensionato la sua lunghezza a circa 7,50 metri, inferiore al record mondiale ufficiale.
Quest’ultimo appartiene a Medusa, una femmina di pitone reticolato cresciuta in cattività negli Stati Uniti, che nel 2011 è stata misurata a 7,67 metri. La crescita eccezionale di Medusa è stata favorita da condizioni controllate e un’alimentazione abbondante. Nonostante ciò, gli studiosi non escludono che in natura possano esistere esemplari anche più lunghi, benché mai misurati ufficialmente.
Caratteristiche e habitat del pitone reticolato
Il pitone reticolato è originario di un’ampia area dell’Asia, che si estende dall’India fino alle isole dell’arcipelago indonesiano. Questo serpente predilige gli ambienti delle fitte foreste tropicali, dove si stabilisce spesso in prossimità di fiumi, laghi o paludi. È infatti un eccellente nuotatore, oltre ad essere capace di arrampicarsi agilmente sugli alberi.
Oltre alle sue dimensioni imponenti, il pitone reticolato si distingue per la testa relativamente grande rispetto al diametro del collo. Un altro elemento caratteristico è il disegno della pelle, che presenta una trama composta da rombi irregolari affiancati da macchie più piccole, ciascuna con una punta chiara al centro. Tali motivi possono variare sensibilmente in base alla località di provenienza dell’esemplare.

La lunghezza di un pitone reticolato può variare da circa 1,5 fino a 6,5 metri, sebbene – come visto precedentemente – alcuni individui possano superare i 7 metri. Anche il peso può essere notevole, con alcune femmine adulte che raggiungono i 160 chilogrammi.
Purtroppo, la combinazione tra le sue dimensioni straordinarie e la bellezza del suo mantello lo rende una delle specie maggiormente colpite dal bracconaggio, principalmente per la sua pelle. Inoltre, la paura spesso irrazionale suscitata dalla sua presenza ha portato, nel tempo, all’uccisione di numerosi esemplari, frequentemente senza alcuna reale motivazione.
Come fa il pitone reticolato a uccidere le sue prede senza veleno
Il pitone reticolato non è un serpente velenoso. Come la maggior parte dei serpenti di grandi dimensioni, adotta una tecnica di predazione definita “costrizione”: anziché immobilizzare le prede attraverso il veleno, le cattura avvolgendole nelle sue spire e comprimendole con una forza straordinaria. Questo metodo gli consente di uccidere animali di grandi dimensioni, come cinghiali o cervi.
Sebbene non sia particolarmente veloce, il pitone reticolato è un cacciatore paziente e abile nell’agguato. Si mimetizza tra la vegetazione della foresta e attende il momento opportuno per colpire. Una volta che la preda è stretta nelle sue spire, la pressione esercitata è tale da interrompere rapidamente la circolazione sanguigna, provocando un arresto cardiaco nel giro di meno di un minuto.

Dopo aver ucciso la preda, il pitone procede a ingerirla interamente. Il suo corpo è straordinariamente adattato a questo scopo: la mandibola e il cranio sono collegati da un tessuto connettivo altamente elastico, che consente all’animale di aprire la bocca fino a quasi 180 gradi. Anche gli organi interni sono in grado di comprimersi per facilitare il passaggio della preda, mentre la pelle si espande notevolmente grazie alla sua notevole elasticità.
Il processo digestivo è altrettanto sorprendente. Entro 24–72 ore dall’ingestione del pasto, il cuore del pitone può aumentare di dimensioni fino al 40%, al fine di garantire un maggiore afflusso sanguigno necessario alla digestione. La durata del processo varia in base alla taglia della preda: in casi eccezionali, come l’ingestione di un cervo adulto, possono essere necessarie fino a quattro settimane per completare la digestione. Tuttavia, un pasto di tale entità può fornire al pitone abbastanza energia da sostenerlo per diversi mesi senza bisogno di ulteriori fonti alimentari.
Quante probabilità ci sono che il pitone reticolato attacchi l’uomo?
L’essere umano non rientra abitualmente nella dieta del pitone reticolato, e ciò per una ragione anatomica ben precisa: la larghezza delle spalle umane supera di gran lunga quella della testa, rendendoci una preda estremamente difficile da ingerire. Tentare di farlo comporterebbe per il serpente un rischio vitale. Inoltre, l’uomo non fa parte dell’ecosistema naturale di questa specie.

Tuttavia, sebbene rari, alcuni casi documentati di predazione sull’uomo da parte di pitoni reticolati si sono verificati. Nel 2024, ad esempio, è stata riportata la notizia del ritrovamento del corpo di una donna di 50 anni, ancora vestita, all’interno dello stomaco di un pitone lungo circa cinque metri. L’episodio si è verificato nel Sulawesi Meridionale, una regione dell’Indonesia in cui alcune comunità umane vivono in stretta prossimità con l’habitat forestale.
Le circostanze precise dell’accaduto rimarranno probabilmente sconosciute, ma il caso evidenzia una tendenza più ampia: l’aumento degli incontri tra esseri umani e pitoni reticolati, causato principalmente dalla progressiva distruzione del loro habitat naturale. La deforestazione e l’espansione urbana riducono le aree in cui questi rettili possono vivere e cacciare, costringendoli ad avvicinarsi alle zone abitate in cerca di cibo. A ciò si aggiunge il fatto che i rifiuti alimentari umani attirano piccoli animali, i quali a loro volta rappresentano potenziali prede per i pitoni.
Nonostante questi episodi eccezionali, la probabilità di essere attaccati da un pitone reticolato rimane estremamente bassa. Tuttavia, comprendere le cause e le dinamiche di tali eventi è fondamentale per studiare e gestire in modo responsabile il rapporto tra esseri umani e fauna selvatica.