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2 Ottobre 2025
8:56

La vita di Jane Goodall, dagli scimpanzé di Gombe a un pianeta più umano: ecco perché è stata l’etologa più importante

Jane Goodall, scomparsa a 91 anni, ha cambiato per sempre il nostro modo di guardare gli altri animali e noi stessi. Le sue ricerche sugli scimpanzé hanno rivoluzionato l’etologia e la primatologia, aprendo la strada al riconoscimento delle emozioni negli altri animali. Pioniera e simbolo per le donne nella scienza, ha fondato istituti e programmi globali di conservazione unendo sempre conservazione, sviluppo e diritti umani.

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La primatologa Jane Goodall è scomparsa il 1° ottobre a 91 anni, lasciando un vuoto enorme e un’eredità sconfinata. Foto LaPresse

Quando Jane Goodall girava il mondo per raccontare la sua vita tra primati umani e non, apriva spesso le sue conferenze salutando il pubblico imitando il verso di un scimpanzé. E lo ha ha fatto fino alla fine. Ci ha infatti lasciato per cause naturali, all'età di 91 anni, proprio mentre si trovava in California per un ciclo di conferenze.

Migliaia di persone di ogni età, riempivano sale universitarie, palazzetti dello sport, istituti governativi o piccoli villaggi rurali, per ascoltare una scienziata dai capelli bianchi che urlava come una scimmia. Il suo non era però solo un modo per catturare l'attenzione, ma un gesto coerente con tutto ciò che aveva rappresentato: dare voce a chi non ne aveva mai avuta, facendolo attraverso la loro "lingua" e le loro stesse "parole".

Quell'urlo non era infatti un richiamo qualunque, ma un "pant-hoot", una particolare vocalizzazione usata dagli scimpanzé per comunicare eccitazione o per salutare i membri del gruppo. E se oggi sappiamo riconoscerlo e capiamo il suo significato complesso è soprattutto grazie a lei. Ma naturalmente, Jane Goodall era molto più di questo. È stata un'etologa e primatologa fuori dagli schemi, un'attivista capace di parlare sia all'ONU che ai bambini delle scuole, una donna che ha cambiato per sempre non solo il modo di studiare gli altri animali, ma anche il posto che attribuiamo a noi stessi nel mondo naturale.

Chi era Jane Goodall: la bambina che voleva vivere con gli animali

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Jane Goodall da giovane ha sempre avuto un’enorme passione per gli animali e un sogno: vivere in Africa con gli animali. Foto LaPresse

Jane Goodall nacque a Londra il 3 aprile 1934, in una famiglia modesta. Sua madre Vanne, scrittrice appassionata di letture, incoraggiò fin da subito la curiosità della figlia. A quattro anni Jane ricevette in dono uno scimpanzé di pezza, chiamato Jubilee, che l'accompagnò per tutta la vita. Non era un giocattolo comune e negli anni 30 un peluche così poteva sembrare persino inquietante per una bambina. La madre temeva infatti che potesse spaventarla, ma Jane se ne innamorò e lo conservò fino alla fine, come simbolo di un destino che sembrava già scritto.

La sua infanzia è costellata di episodi che raccontano un’attrazione quasi magnetica per gli animali, in particolare per il meticcio nero Rusty, che descriverà come uno dei sui più importanti insegnanti. Passava ore in giardino a osservare gli uccelli, gli insetti, le galline. In un noto aneddoto, raccontò di essersi nascosta nel pollaio della famiglia per capire come una gallina facesse le uova. Rimase lì cinque ore, immobile, finché la gallina non entrò e lo depose. Quando finalmente uscì, sporca e affamata, la madre non la rimproverò, ma la ascoltò con pazienza: era la prima dimostrazione che Jane possedeva lo sguardo lungo della scienziata.

Il suo sogno, sin da bambina, era "andare in Africa a vivere con gli animali". Una fantasia nata anche dalla lettura dei romanzi di Tarzan di Edgar Rice Burroughs. Goodall era innamorata del personaggio di Tarzan e, da bambina, era molto gelosa del fatto che sposasse la "sbagliata" Jane Porter, e non lei. Molti consideravano questo sogno infantile, ma in lei prese lentamente la forma di una vocazione incrollabile. E nonostante le difficoltà economiche e il contesto sociale che offriva poche opportunità alle donne, Jane non lo abbandonò mai quel sogno.

L'incontro con Louis Leakey che le cambiò la vita

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La sua vita è cambiata per sempre quando ha incontrato il noto paleoantropologo Louis Leakey, qui insieme a sua moglie Mary, anch’essa celebre studiosa di paleoantropologia

Nel 1957, a 23 anni, Goodall si imbarcò per il Kenya, invitata da un'amica. Non aveva né laurea né soldi, ma portava con sé la passione per la natura e una determinazione fuori dal comune. Fu a Nairobi che incontrò Louis Leakey, il celebre paleoantropologo che cercava prove fossili dell'origine africana dell'essere umano. Leakey rimase molto colpito dall'entusiasmo e dalla memoria visiva di Jane: lei riusciva a riconoscere ogni animale osservato, ricordandone i dettagli.

Non aveva titoli accademici, ma possedeva qualcosa di più raro, ovvero la capacità di guardare senza pregiudizi, con una curiosità viva e rispettosa. Dopo un primo lavoro come segretaria al Coryndon Museum, oggi Nairobi National Museum, Leakey decise di affidarle una missione che avrebbe cambiato la sua vita e la storia della scienza: osservare da vicino gli scimpanzé in natura.

Gli scimpanzé del Gombe, un laboratorio a cielo aperto

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Jane Goodall è stata la prima a osservare un animale non umano fabbricare e utilizzare uno strumento, uno scimpanzé chiamato David Greybeard

Nel luglio 1960 Jane Goodall si trasferì nella riserva di Gombe Stream, in Tanzania. Aveva 26 anni, nessuna formazione accademica formale e pochissimi strumenti: un binocolo, un taccuino, un paio di stivali. Per garantirle sicurezza e rispetto, la madre l'accompagnò nei primi mesi.

I primi tempi furono molto difficili. Gli scimpanzé erano diffidenti e fuggivano appena la vedevano. Jane passava le giornate a seguirli da lontano, annotando comportamenti frammentari, irrilevanti. Servirono mesi di pazienza infinita prima che alcuni di loro, tra cui un maschio dal mento grigio chiamato David Greybeard, accettassero la sua presenza. Fu lui a permetterle la prima grande scoperta: l'uso di strumenti. Jane lo vide inserire un ramoscello in un termitaio, spezzarlo con cura e usarlo per estrarre insetti da mangiare.

Quella scena ribaltò secoli di convinzioni. Fino ad allora si diceva che "l'uomo è l'animale che fabbrica utensili". Dopo quella scoperta, Leakey disse: "Ora dobbiamo ridefinire l'uomo, ridefinire gli strumenti o accettare gli scimpanzé come uomini".

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A Gombe, in Tanzania, Jane Goodall ha fatto scoperte e osservazioni eccezionali, cambiando per sempre il nostro modo di guardare gli scimpanzé. Foto LaPresse

E non fu l'unica rivoluzione. Goodall osservò cacce di gruppo a piccoli primati chiamati colobi, scoprì la complessità dei legami familiari, descrisse madri amorevoli come Flo e figli ribelli come Flint, dimostrando che gli scimpanzé possiedono emozioni, culture, strategie e che possono perfino fare vere e proprie guerre. Tra il 1974 e il 1978 documentò la cosiddetta "guerra dei quattro anni del Gombe", in cui due comunità confinanti si affrontarono in un conflitto violento e sistematico che portò all'annientamento di uno dei due.

Lo scoppio del conflitto turbò profondamente Goodall, che in precedenza considerava gli scimpanzé come animali naturalmente più "buoni" rispetto agli esseri umani. Successivamente, osservò anche casi di infanticidio e cannibalismo, comportamenti che mostrarono al mondo per la prima volta il "lato oscuro" degli scimpanzé.

Un metodo diverso e per questo rivoluzionario

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Jane vedeva negli scimpanzé individui, storia, emozioni, non numeri. Foto LaPresse

Jane Goodall non si limitò a raccogliere dati e osservazione. Diede un volto e un nome ai suoi scimpanzé. Per la scienza "ufficiale" si trattava di un grave un errore metodologico: si diceva che numerare gli animali garantisse maggiore oggettività e distacco. Ma Jane vedeva individui, non numeri. David Greybeard, Flo, Goliath, Fifi e ogni nome raccontava una personalità e una storia diversa.

All'inizio fu duramente criticata per "antropomorfismo" e le sue descrizioni di emozioni, gioie e dolori negli scimpanzé erano considerate troppo umane. Ma col tempo, grazie anche ad altri studi, si dimostrò che aveva ragione: anche gli animali hanno emozioni, culture e storie individuali. Oggi è ovvio, ma negli anni 60 era una rivoluzione epocale e se oggi sappiamo che la vita di una comunità di scimpanzé è fatta anche di alleanze, tradimenti, amicizie, giochi di potere e violenza è solo grazie a lei.

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I suoi studi hanno spianato la strada alla primatologia moderna. Foto LaPresse

Il contributo di Jane Goodall non fu naturalmente solo scientifico. In un mondo dominato da uomini, riuscì a farsi strada senza imitare i modelli maschili, ma rimanendo fedele al suo sguardo personale. Aprì la strada per cosiddette "Trimates" o "Leakey's Angels" insieme a Dian Fossey, che studiò i gorilla, e Biruté Galdikas, che osservò gli oranghi. Tre donne scelte da Louis Leakey per studiare le scimmie e che cambiarono per sempre la primatologia, ancora oggi una delle discipline scientifiche a maggior rappresentanza femminile.

Goodall dimostrò che non serviva essere "uno scienziato con il camice" per rivoluzionare il sapere. Serviva pazienza, rispetto, sensibilità, capacità di osservazione: qualità che la società dell'epoca tendeva a svalutare come "femminili", ma che si rivelarono decisive.

Dalla scienza all'attivismo globale

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Jane Goodall durante una conferenza in Napal, sempre insieme a al peluche Mr H

Negli anni 80 Jane lasciò progressivamente Gombe per dedicarsi a una missione molto più ampia. Fondò il Jane Goodall Institute, che oggi coordina progetti di conservazione in tutto il mondo, e soprattutto il Roots & Shoots, un programma educativo che coinvolge milioni di giovani in oltre 140 paesi nel mondo. Iniziò a viaggiare incessantemente, anche 300 giorni all'anno. Parlava all'ONU, nei governi, nelle scuole, nei villaggi africani. Sempre con lo stesso stile: voce calma, ferma, priva di retorica.

Portava sempre con sé un peluche di una scimmia grigia con una banana tra le mani, chiamato Mr H, regalo di un amico illusionista cieco che voleva insegnare a guardare oltre le apparenze. Goodall usava Mr H per ricordare a tutti che non si deve mai perdere la capacità di meravigliarsi e che dietro le fragilità può nascondersi una forza enorme. Nel tempo, la sua visione è diventata poi sempre più olistica.

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Goodall usava Mr H per ricordare a tutti che non si deve mai perdere la capacità di meravigliarsi. Foto LaPress

Non si potevano salvare gli scimpanzé, la biodiversità e la natura senza affrontare i problemi delle comunità umane locali, dalla povertà all'istruzione. Per questo i progetti del suo istituto uniscono sempre conservazione, sviluppo e diritti umani. Nonostante fosse diventata un'icona mondiale, non ha perse mai un tratto quel tratto semplicità quasi disarmante che ha sempre avuto con chiunque, dai bambini che incontrava nei villaggi, fino ai leader più potenti dei governi mondiali.

Jane Goodall è morta il 1° ottobre 2025, a 91 anni, lasciando un vuoto enorme, ma la sua eredità è viva. Ha insegnato a milioni di persone che non siamo poi così diversi da gli altri animali, ma che soprattutto gli altri animali non sono troppo diversi da noi, nel bene e nel male. Ha cambiato la scienza e l'etologia mostrando che la conoscenza nasce anche dall'empatia e dall'ascolto. Ha dato voce agli scimpanzé, ma anche a una generazione di giovani attiviste e attivisti che oggi si battono per la Terra.

"La cosa più importante che ho imparato", disse una volta, "è che ogni singolo individuo può fare la differenza. La domanda è: che tipo di differenza vuoi fare?".

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