
La natura è fatta anche di comportamenti che ai nostri occhi appaiono crudeli e spietati, ma che tuttavia hanno una precisa funzione biologica e vanno osservati con uno sguardo più distaccato e privo di connotazioni etiche. L'infanticidio e il cannibalismo infantile, per esempio, non sono eventi così eccezionali nel mondo animale e sono stati ben documentati in pesci, uccelli, mammiferi e perfino tra le specie che ci sembrano più "docili" e tranquille.
Uno degli esempi più noti – perché talvolta accade anche tra le mura domestiche – è quello dei criceti, dove persino le madri possono arrivare a uccidere e mangiare i propri cuccioli appena nati. È un comportamento che può sembrare crudele, ma che risponde a dinamiche molto complesse, spesso legate al forte stress, ma anche alla sopravvivenza e all'istinto di innato di conservazione di una madre.
Per quale motivo le madri criceto mangiano i cuccioli

Nei criceti, l’infanticidio materno è un fenomeno molto noto e ben documentato. Le femmine possono arrivare a uccidere e consumare i propri piccoli soprattutto nei primi giorni dopo il parto, quando i cuccioli sono ancora ciechi, nudi e completamente dipendenti dalla madre. Questo comportamento non è frutto di "crudeltà", ma di strategie evolutive che, in certe condizioni e semplificando un po', aumentano le probabilità di sopravvivenza della madre e del resto della cucciolata.
Tra le cause principali ci sono il forte stress e la percezione del pericolo. Se una madre sente che la tana non è sicuro, può decidere di eliminare i cuccioli per non attirare eventuali predatori o per ridurre le attenzioni verso di sé. Spesso, è anche la scarsità di cibo a giocare un ruolo chiave: in condizioni difficili e con poche risorse disponibili, la madre può "scegliere" di sacrificare parte o tutta la cucciolata per risparmiare energie e assicurarsi una futura cucciolata in un momento più favorevole.
Nei criceti, inoltre, anche l'olfatto può avere un ruolo in queste dinamiche. Se una madre percepisce odori sconosciuti sul corpo dei piccoli può non riconoscerli più come propri e aggredirli. È per questo che spesso si sconsiglia di non toccare i piccoli nelle prime settimane di vita. Naturalmente, non sono solo i criceti a comportarsi in questo modo, tuttavia nei piccoli roditori – come ratti e scoiattoli – sembra essere molto più frequente.
Cosa succede ai criceti e perché sentono di dover mangiare i piccoli

Il cannibalismo nei criceti è molto spesso una risposta a un forte stato di stress fisiologico e ambientale. Dopo il parto, le femmine sono infatti estremamente sensibili e devono mantenere la temperatura dei piccoli, allattarli ogni poche ore e, allo stesso tempo, proteggere il nido. Talvolta basta anche una luce troppo forte, un rumore improvviso o la presenza di altri criceti nelle vicinanze per scatenare una reazione istintiva. Può anche capitare che accada per inesperienza alla prima cucciolata.
Non si tratta di un gesto consapevole, perlomeno non per come lo intendiamo noi umani, ma di una risposta innata a situazioni di minaccia o di sovraccarico, che porta un animale a interpretare la cucciolata come un'ulteriore fonte di stress, di rischio per la sopravvivenza o di pericolo. In queste situazioni, eliminare i piccoli diventa una forma estrema di "gestione delle risorse", un modo per salvaguardare sé stessa e, in alcuni casi, una parte dei cuccioli.
In alcuni casi, infatti, le femmine possono anche mangiare i piccoli morti o più deboli per "ripulire" il nido e recuperare parte dei nutrienti, come le proteine e i grassi necessari per affrontare il periodo posto parto. In natura, questo comportamento è in realtà piuttosto diffuso in diverse specie animale e serve anche a ridurre il rischio di attirare eventuali predatori con l'odore dei resti.
Quali altri animali praticano il cannibalismo infantile

Il cannibalismo infantile è come anticipato molto più diffuso di quanto si pensi. Tra i mammiferi, lo si osserva nei topi, nei conigli e perfino in alcune specie di primati, dove può servire a eliminare i piccoli di altri maschi per accelerare un nuovo accoppiamento. Occorre infatti separare il cannibalismo vero e proprio dall'infanticidio, che è invece ancora più comune e diffuso soprattutto quando un adulto – di solito un maschio – uccide piccoli non suoi.
L'esempio più classico è quello dei leoni: quando un maschio adulto sostituisce quello dominante all'interno di un branco, quasi sempre uccide tutti i cuccioli – che non sono suoi – per spingere le femmine a tornare ricettive e garantirsi così l'accoppiamento e una cucciolata propria. Si tratta di un comportamento molto diffuso, soprattutto nelle specie sociali che vivono in gruppo dove sono i maschi a essere dominanti, ma può succedere per gli stessi anche in animali solitari, come negli orsi.
Nei pesci e negli anfibi, invece, il cannibalismo infantile è molto comune quando le risorse scarseggiano o quando la competizione tra i giovani è troppo alta. Tra gli uccelli, alcune specie possono eliminare i pulcini più deboli, soprattutto in condizioni di scarsità di risorse o sovraffollamento del nido. Le upupe, per esempio, possono addirittura far nascere un pullo "in più" da usare come dispensa vivente per nutrire gli altri figli.
Come evitare che le madri uccidano i cuccioli di criceto

In casa, questi questo comportamento può però essere ridotto o evitato garantendo condizioni di calma, sicurezza e isolamento alla madre. Dopo il parto, è fondamentale innanzitutto non toccare i piccoli e non disturbare il nido per almeno 10-14 giorni. La madre deve inoltre avere spazio sufficiente, cibo in abbondanza, materiali per costruire il nido e un ambiente silenzioso e confortevole, con luce soffusa e temperatura stabile.
È importante anche separare il maschio prima del parto, poiché la sua presenza può generare tensione e portare a episodi di aggressività. Se nella gabbia vivono più femmine, anche queste devono essere divise, poiché le madri criceto diventano molto territoriali durante l'allattamento. Può essere utile anche evitare odori forti, manipolazioni eccessive o cambi frequenti di ambiente. Un contesto il più stabile e tranquillo possibile riduce lo stress e aumenta le probabilità che la madre si prenda cura dei cuccioli fino allo svezzamento.