
Il mondo della cinofilia è ancora in attesa di capire che cosa ne sarà della Proposta di Legge della Regione Lombardia per l'istituzione di una lista di "cani potenzialmente pericolosi" e del relativo patentino per detenerli presentata alle Camere perché diventi legge nazionale.
Il contenuto di questo dettato normativo, in particolare, ha scosso il mondo delle persone che a vario titolo lavorano o hanno a che fare con il benessere del "migliore amico dell'uomo" relativamente all'idea di reintrodurre una cosiddetta "save list", ovvero un elenco di cani di determinate tipologie che non potranno essere adottati se non dopo aver superato una serie di test e la presenza però di un emendamento inserito nella cosiddetta "Plp 4" in cui è stato "deciso" che l'obbligo di patentino non sarà a carico di chi compra un animale da un allevatore con affisso Enci.
Di questo tema abbiamo già scritto su Kodami diverse volte, analizzando gli emendamenti più controversi apportati alla Proposta di Legge, intervistando educatori e istruttori cinofili, ascoltando veterinari, associazioni ed esperti come l'etologo Roberto Marchesini e l'avvocato civilista Filippo Portoghese, esperto di diritto e tutela del benessere degli animali che da tempo si occupa di queste tematiche proprio in Lombardia.
Questa volta ci siamo rivolti alla Rete degli Allevatori etici e chiesto all'allevatore Daniele Meneghetti, educatore ed istruttore cinofilo presidente dell'APS Indiana Dogs, di spiegarci cosa ne pensano e qual è la loro posizione rispetto a quanto proposto nella legge regionale lombarda.
Che cosa è la "Rete degli allevamenti etici"?
Abbiamo iniziato l'esperienza di allevamento con la nostra prima Labrador, Antea, nel 2016. Da quel momento in poi ci siamo chiesti cosa significa "allevare", che senso ha al giorno d'oggi, cosa cerca e di cosa ha bisogno la gente che vuole un cane di razza, che tipo di allevamento cercheremmo noi come "clienti" e così via. Tutte queste domande ci hanno portato a voler allevare in un determinato modo, in primis per il benessere dei nostri cani e poi per essere un punto di riferimento per chi vuole un cucciolo. Questa riflessione ci ha fatto cercare se esistevano delle reti, delle associazioni o dei movimenti di allevatori che si riconoscevano nei nostri principi e valori, ma non c'era nulla del genere. C'erano però molti allevatori che però avevano un modo di porsi simile al nostro. Da qui l'idea di metterci tutti in rete.
Verso fine 2020 abbiamo quindi iniziato a riflettere su quali erano i punti cardine per noi importanti che si possono esprimere nelle due parole chiave rispetto e responsabilità. Abbiamo così iniziato a buttare giù la prima bozza del nostro Manifesto dell'Allevamento Etico del Cane e contattato e coinvolto alcuni allevatori che "sulla carta" sembravano in linea con le nostre idee. Poi abbiamo concretizzato il Manifesto, creato il sito, registrato il marchio e iniziato a cercare di coinvolgere gli allevatori che si riconoscevano nei nostri valori a fine 2021 quando è appunto nata la Rete degli Allevatori di Allevamento Etico del Cane.
Qual è l'obiettivo che vi siete posti?
Quello di condividere un percorso di crescita sociale, partendo dai valori del rispetto dell'altro, umano o cane che sia, riconoscendo l'importanza della relazione e dello studio etologico, sociale, scientifico e sociologico.
L'adesione alla rete da parte di un allevatore cosa comporta e quanti siete oggi?
Attualmente ci sono 17 allevamenti di varie razze, collocate in alcune regioni d'Italia come Veneto, Lombardia, Emilia Romagna, Umbria, Puglia e Sicilia. L'adesione è completamente libera e gratuita: l'unico impegno che facciamo sottoscrivere è di applicare interamente i principi del Manifesto. La nostra rete è un luogo in cui scambiarci informazioni, pareri, richiedere supporto reciproco rispetto alle casistiche che incontriamo e supportarci. Abbiamo profili diversi: c'è chi è più competente rispetto all'educazione dei cuccioli, chi nella selezione delle famiglie, chi nell'alimentazione e così via.
Aderite all'Enci che ha un suo regolamento etico. Avete però sentito l'esigenza di creare un manifesto a parte. Perché?
Ha toccato un punto molto rilevante. Sì, è vero: tutti gli allevatori della nostra rete, come ogni altro allevatore in Italia, devono fare riferimento ad Enci, che è l'Ente riconosciuto e autorizzato alla gestione dei pedigree e del Libro Genealogico. Da qui, però, a parlare di "adesione" in senso profondo servono dei chiarimenti. Il fatto è che chiunque fa accoppiare due cani con pedigree può registrare la cucciolata e avere dei cuccioli con pedigree. Chi vuole registrare il proprio affisso può farlo, rispettando poi solo alcuni parametri: sostanzialmente avere almeno due fattrici e aver fatto due cucciolate negli ultimi 5 anni.
Che cosa è l'affisso?
L'affisso è una sorta di "cognome" che rende riconoscibili i cani nati in quell'allevamento, e quindi un modo di valorizzare il proprio modo di lavorare. Possono diventare, infine, Soci Allevatori Enci gli allevatori che "siano cinofili in quanto dimostrino, attraverso i risultati conseguiti nell’ultimo quinquennio con soggetti direttamente allevati, ovvero prestando la propria opera nella veste di esperti giudici, in verifiche zootecniche riconosciute dall’ENCI o dalla FCI, interesse attivo all’allevamento ed al miglioramento delle razze canine riconosciute e non svolgano abitualmente attività di compravendita di soggetti non prodotti dal proprio allevamento". Ecco, rispetto a questo terzo punto nessuno di noi allevatori etici è Socio Enci, in quanto questa "sezione" è quella che più fa riferimento all'Enci come Ente, al mondo dei riconoscimenti, delle manifestazioni, delle gare e così via.
Cosa non vi piace, dunque?
Fondamentalmente lo riteniamo un regolamento assolutamente troppo blando rispetto ai principi etici a cui facciamo riferimento noi: i punti del codice etico dell'Enci sono il minimo del minimo che chiunque abbia un po' di buon senso e/o sia semplicemente rispettoso della legge e che dunque non potrebbe, neanche volendo, evitare. Inoltre sono molto orientati al "miglioramento della razza", mentre passano sottovoce tutto quello che riguarda il benessere psico-relazionale del cane.
Ci può fare qualche esempio?
Pensiamo ai primi 2 articoli del manifesto etico dell'Enci. L'articolo 1 recita: "Mantenere i propri cani nelle migliori condizioni di benessere e salute, con adeguate cure, pulizia, igiene, esercizio fisico e contatto con le persone". Concretamente, cosa significa? Un allevamento con 30-50 fattrici e altrettante cucciolate all'anno come fa ad essere in linea con il rispetto del principio dell'esercizio fisico e il contatto con le persone? E poi l'articolo 2: "Rispettare la normativa vigente sul benessere degli animali". Ci mancherebbe che non fosse così, no? Ma questo discorso vale per ogni articolo, non ce ne è uno che un qualunque allevatore non sarebbe in grado di rispettare. Tutti noi rispettiamo ovviamente questi punti, ma appunto non sono che una base che meno di così non saprei dire.
Inoltre, un paio di articoli ritengo siano invece proprio non rispettosi di quel benessere che prima viene citato e nemmeno in linea con l'approccio della cinofilia moderna cognitiva e relazionale. L'articolo 11, ad esempio, recita: "Non accoppiare femmine troppo giovani, non prima del secondo calore". Bene, il secondo calore nel cane avviene mediamente circa tra i 15 e i 18 mesi e in questa fascia di età il cane è ancora in piena adolescenza. Come fa una cagna a essere una mamma adeguata quando lei per prima sta appena scoprendo come si sta al mondo? Quei cuccioli come faranno a capire cosa significa essere un cane? Sempre sulla fattrice, le cito l'articolo 16: "E' opportuno che una fattrice non abbia più di cinque cucciolate nella sua vita". Considerando che hanno scritto che le cucciolate dovrebbero avvenire tra il secondo e il settimo anno di vita, significa che una femmina può essere obbligata a fare una cucciolata all'anno: per quanto mi riguarda è decisamente troppo se parliamo di "benessere" considerando che tra accoppiamento, gravidanza e il tempo minimo perché i cuccioli vengano separati ci vogliono 4-5 mesi. In parole povere vuol dire passare metà della propria vita adulta a fare la fattrice/madre per quell'animale.
Quello che ha descritto accade frequentemente nel mondo dell'allevamento?
Su questo specifico punto, ovvero dell'età "minima" e "massima" e sul numero di cucciolate massime ci sono troppe, troppe eccezioni. Vediamo spessissimo allevatori che registrano 7-8 cucciolate con la stessa fattrice, a partire dai 16 mesi fino ai 7-8 anni di vita e anche con cucciolate fatte in 2 calori successivi (a distanza quindi di 6-7 mesi l'una dell'altra). Enci su questo non dice nulla, registra e basta, senza verifiche. Per noi non è accettabile se si parla di benessere.
Quali sono dunque i punti chiave del vostro Manifesto?
I punti chiave sono "Rispetto" e "Responsabilità" verso i nostri cani in primis come individui che vivano una vita appagante e felice, non certo chiusi in un box a fare le fattrici. Poi rispetto per le madri e i padri, che devono avere il diritto di vivere relazioni nella loro quotidianità con i proprietari e con gli altri cani. Rispetto per le madri significa anche che un allevatore etico non cederà mai una "fattrice" ad altri al termine del "periodo utile" alla riproduzione: non sono oggetti, sono nostri partner di vita e devono vivere la loro vita con noi fino alla fine. Noi accompagniamo le madri in tutto il percorso della gravidanza e della maternità e, dove possibile, anche nella "scelta condivisa" con il partner maschio, attraverso incontri per valutare la compatibilità caratteriale prima dei calori. Per quanto riguarda i cuccioli, abbiamo la responsabilità di una nuova vita messa l mondo fino a quando andranno nelle nuove famiglie, e spesso ben oltre, in quanto manteniamo contatti con buona parte delle nuove famiglie per tutta la vita del cucciolo. Facciamo fare ai cuccioli le giuste esperienze al momento giusto, per favorire la loro piena integrazione nel nostro mondo umano: la stragrande maggioranza di chi cerca un cucciolo non lo fa per poi portarlo ad esposizioni o a caccia o per radunare le pecore, ma per vivere una vita in relazione, e da qui l'importanza di crescere cuccioli già inseriti adeguatamente nel nostro ambiente umano.
Inoltre un allevatore etico deve accompagnare il percorso dei nuovi adottanti dal momento del primo contatto fino alla piena consapevolezza della scelta che stanno facendo, andando, ove possibile, ad evidenziare anche tutte le difficoltà che ci sono nell'iniziare una convivenza con un cucciolo. Chiediamo un forte impegno infatti agli adottanti, durante il percorso di crescita del cucciolo in allevamento con incontri, momenti di formazione, visite in allevamento, condivisione di preoccupazioni e aspettative. Infine, crediamo fortemente nel fatto che non esistono cani di serie A e di serie B: noi come allevamento etico del cane ci sentiamo responsabili e vogliamo fare la nostra parte anche nei confronti di tutti i cani, compresi quelli nei canili, o che arrivano da situazioni difficili. Promuoviamo le adozioni dei canili e ci impegniamo perché anche chi si rivolge a noi abbia valutato, invece del cane di allevamento, la possibilità di una adozione di un cane adulto da canile: non per tutti un cucciolo è la scelta giusta. Personalmente, come Indiana Labradors, abbiamo detto di no spesso a qualche richiesta di avere un nostro cane.
Andiamo dunque al nodo della questione che è emersa negli ultimi tempi: l'emendamento alla proposta di legge della Regione Lombardia che tra le altre cose non prevede l'obbligo di patentino a chi compra da allevatori con affisso Enci. Cosa ne pensate?
Come Allevatori Etici siamo contrari a questa norma principalmente per tre motivi. Prima di tutto il pedigree, da solo, è solamente un certificato che attesta che gli ascendenti di quel cane sono tutti a loro volta cani con pedigree e quindi appartenenti a quella razza. Il pedigree, oggi, viene rilasciato a chiunque abbia una cagna con pedigree che viene accoppiato con un cane con pedigree. Da solo non dice nulla sulla qualità del lavoro dell'allevatore, né relativamente alla salute e al benessere del cane, né rispetto all'attenzione e alla competenza dell'allevatore. Sono altre le cose che qualificano un buon Allevatore.
Secondo punto riguarda l'identità di un cane. La sua personalità, il carattere e i suoi comportamenti dipendono certamente in parte da chi sono i suoi genitori (come stanno, crescono e vivono) e da come l'allevatore accompagna nella crescita i primi 2-3 mesi i cuccioli. Ma dipendono anche e in buona parte dalle relazioni, esperienze, competenze, sicurezze, emozioni e via discorrendo che il cane vivrà con la famiglia adottante. Anche un cucciolo figlio di "ottimi genitori", nato e cresciuto "bene" dall'allevatore, può manifestare da adulto dei comportamenti di aggressione o comunque comportamenti non integrativi, se non capito e non seguito adeguatamente dai proprietari.
Inoltre l'𝐞𝐬𝐨𝐧𝐞𝐫𝐚𝐫𝐞 𝐢 𝐩𝐫𝐨𝐩𝐫𝐢𝐞𝐭𝐚𝐫𝐢 𝐝𝐢 𝐜𝐚𝐧𝐢 𝐜𝐨𝐧 𝐩𝐞𝐝𝐢𝐠𝐫𝐞𝐞 dagli obblighi di "patentino" di fatto porta a tre gravi conseguenze: 𝐫𝐢𝐬𝐜𝐡𝐢𝐚 𝐝𝐢 𝐟𝐚𝐯𝐨𝐫𝐢𝐫𝐞 𝐥𝐞 𝐚𝐝𝐨𝐳𝐢𝐨𝐧𝐢 𝐝𝐢 𝐜𝐚𝐧𝐢 𝐩𝐫𝐨𝐯𝐞𝐧𝐢𝐞𝐧𝐭𝐢 𝐝𝐚 𝐚𝐥𝐥𝐞𝐯𝐚𝐦𝐞𝐧𝐭𝐢 𝐚 𝐝𝐢𝐬𝐜𝐚𝐩𝐢𝐭𝐨 𝐝𝐞𝐢 𝐜𝐚𝐧𝐢 𝐝𝐞𝐢 𝐜𝐚𝐧𝐢𝐥𝐢, che meritano la stessa – se non maggiore – dignità e hanno il diritto e meritano alla pari di ogni altro cane di poter avere una famiglia adatta a loro. Poi potrebbe 𝐟𝐚𝐯𝐨𝐫𝐢𝐫𝐞 𝐥'𝐢𝐦𝐩𝐫𝐨𝐯𝐯𝐢𝐬𝐚𝐫𝐬𝐢 𝐝𝐢 𝐭𝐚𝐧𝐭𝐢 𝐧𝐮𝐨𝐯𝐢 "𝐚𝐥𝐥𝐞𝐯𝐚𝐭𝐨𝐫𝐢" 𝐬𝐞𝐧𝐳𝐚 𝐜𝐨𝐦𝐩𝐞𝐭𝐞𝐧𝐳𝐞, esperienze, conoscenze e formazione che potrebbero procedere ad accoppiamenti di cani con pedigree al solo scopo di "vendere" cani che – avendo il pedigree – sarebbero esonerati dagli obblighi, 𝐢𝐧𝐯𝐞𝐜𝐞 𝐝𝐢 𝐩𝐮𝐧𝐭𝐚𝐫𝐞 𝐥'𝐚𝐭𝐭𝐞𝐧𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐬𝐮𝐥𝐥𝐚 𝐧𝐞𝐜𝐞𝐬𝐬𝐢𝐭𝐚̀ 𝐩𝐞𝐫 𝐠𝐥𝐢 𝐚𝐥𝐥𝐞𝐯𝐚𝐭𝐨𝐫𝐢 𝐝𝐢 𝐝𝐢𝐯𝐞𝐧𝐭𝐚𝐫𝐞 𝐬𝐞𝐦𝐩𝐫𝐞 𝐩𝐢𝐮̀ 𝐜𝐨𝐦𝐩𝐞𝐭𝐞𝐧𝐭𝐢 e attenti rispetto 𝐚𝐥𝐥𝐚 𝐩𝐚𝐫𝐭𝐞 𝐞𝐝𝐮𝐜𝐚𝐭𝐢𝐯𝐚 𝐝𝐞𝐥 𝐧𝐨𝐬𝐭𝐫𝐨 𝐥𝐚𝐯𝐨𝐫𝐨. Infine crea – e questo punto è particolarmente grave – di fatto una 𝐝𝐞𝐫𝐞𝐬𝐩𝐨𝐧𝐬𝐚𝐛𝐢𝐥𝐢𝐳𝐳𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐝𝐞𝐠𝐥𝐢 𝐚𝐥𝐥𝐞𝐯𝐚𝐭𝐨𝐫𝐢 𝐜𝐡𝐞 𝐬𝐚𝐫𝐚𝐧𝐧𝐨 𝐪𝐮𝐢𝐧𝐝𝐢 "𝐬𝐨𝐥𝐥𝐞𝐯𝐚𝐭𝐢" 𝐚 𝐩𝐫𝐞𝐬𝐜𝐢𝐧𝐝𝐞𝐫𝐞 𝐝𝐚𝐥 𝐥𝐨𝐫𝐨 𝐥𝐚𝐯𝐨𝐫𝐨 e da chi sono i cani che danno in adozione, cioè li esonera dall'essere "giudicati" sulla base del loro lavoro.
Questa proposta di legge, come ha già sottolineato, mina le adozioni in canile e favorisce l'acquisto di cani. Questa è in sintesi la posizione di coloro che sono contrari alla PLP 4, cosa ne pensa?
E' un rischio vero e concreto e noi riteniamo sia importantissimo favorire il più possibile le adozioni dei cani da canile, per questo anche noi siamo contrari al fatto che siano solo i cani senza pedigree ad essere destinatari di questo patentino. Qui, molti, potrebbero tacciarci però di ipocrisia: "se volete favorire le adozioni da canile, smettete di allevare". Il punto è che le adozioni da canile e le adozioni da allevamento non sono e non devono essere in contrapposizione tra loro. Il fatto è che ci sono, e ci saranno sempre, persone che sceglieranno di adottare un cane da canile e persone che sceglieranno di adottare un cane da allevamento: alcuni fanno entrambe le cose, alcuni cambiano idea con il tempo in una direzione o nell'altra. E' per questo che serve che ci siano allevamenti etici attenti al benessere dei cani, per consentire a chi vuole adottare un cane di razza di poter scegliere un allevamento attento al benessere.
Un cane non vale di più perché è di razza, né vale di più se non è di razza: ogni cane ha un valore intrinseco, è un essere vivente con una identità, una personalità e merita rispetto a prescindere da tutto. L'unica differenza – o la principale – tra cani con pedigree e cani senza pedigree è che, statisticamente, dai cani con pedigree sappiamo "cosa aspettarci" in maniera più semplice rispetto ad un cane meticcio, in quanto hanno delle caratteristiche mediamente fissate. Ma questo non significa che uno dei due sia migliore. Una buona adozione – e ci sono canili che fanno un lavoro talmente di qualità che certi allevatori si sognano – riguarda la conoscenza del singolo soggetto, del singolo cane, della sua personalità e dell'importanza di trovare la famiglia giusta per quel cane, e questo dovrebbe valere sia per gli allevatori che per i canili che per le associazioni animaliste.
Della definizione di cani "potenzialmente pericolosi" cosa ne pensate?
Anche prendendo per buona la premessa che alcune tipologie di cani siano "più pericolose" e necessitino di particolare attenzione e quindi di un patentino, il fatto che abbiano un pedigree non li rende meno "pericolosi" in quanto la formazione del carattere, dell'identità e della personalità è in parte genetica. Se quindi teoricamente, un buon lavoro di selezione dell'allevatore rispetto al carattere dei genitori potrebbe in parte influenzare, ciò che conta realmente poi è il processo di sviluppo ontonegenetico del cane, cioè della sua crescita, che dipende in buona parte dal proprietario e non dall'allevatore. Per cui, se per certi tipi di cani, e non sono del tutto d'accordo sia davvero così, serve il patentino, serve anche per quelli con pedigree. O tutti o nessuno, la discriminazione non ha alcun valore scientifico. In questo personalmente sono totalmente allineato alla posizione di FNOVI (Federazione Nazionale Ordini Veterinari Italiani ndr) che credo abbia centrato pienamente e totalmente il nocciolo della questione.
Patentino sì, patentino no. Qual è la vostra idea al riguardo e quali alternative suggerite?
Di patentini se ne parla da tempo e idem di razze pericolose, cani morsicatori e così via. Se è di questo tipo di patentino che stiamo ancora parlando, siamo lontani anni luce da quello che servirebbe davvero. E quindi, su questa tipologia ho delle profonde riserve, considerato anche solo il fatto che non si è ancora risolto nulla con questi "patentini". Dovremmo invece iniziare a parlare di cultura delle adozioni, conoscenza della specie cane, delle caratteristiche delle tipologie di cani e della relazione tra uomo e cane. Ciò significa porre una domanda a monte a chiunque vuole vivere un cane: sei consapevole e pronto ad iniziare la tua vita con un cane? Chi sei tu? Cosa ti aspetti, cosa ti piace fare? Che tempo hai da dedicare ad un cane? Se hai poco tempo non dovresti pensare ad un cane, ma soprattutto non dovresti assolutamente prendere un cucciolo che richiede tantissimo impegno; se hai relativamente poco tempo e proprio vuoi un cane, forse non sarebbe il caso di orientarsi su un cane adulto, con determinate caratteristiche compatibili allo stile di vita? Potrebbe essere una scelta migliore, no?
Insomma, secondo me più che su un patentino "post" servirebbe ragionare su una sorta di abilitazione "ante" per vivere con un cane, che dovrebbe essere richiesta e rilasciata a tutti quelli che vogliono adottare un cane, non solamente per chi vuole un certo tipo di cane.
Siamo noi che diamo in adozione che dovremmo fare un lavoro di consapevolizzazione e di scrematura più forte nei confronti degli adottanti. Se agli allevatori fosse chiesto di rispondere delle adozioni che effettuano, se ai canili fosse richiesto di rispondere delle adozioni che fanno, se le associazioni dovessero rispondere delle adozioni che veicolano, credo che tutti noi saremmo molto più attenti ad affidare dei cani e molti dei problemi di oggi sparirebbero da soli.
Noi come allevatori etici saremmo più che disponibili ad applicare un protocollo condiviso per le adozioni che faccia in modo che un adottante debba avere determinate caratteristiche, debba essere reso edotto di cosa sia adottare "quel cane". Se tutti gli allevatori, tutti i canili, tutte le associazioni utilizzassero questo stesso metro ci sarebbero forse meno adozioni in generale, ma avremmo una società più consapevole e più rispettosa.