
Migliaia di pesci rossi (Carassius auratus) stanno morendo soffocati nelle acque del lago di Loppio, nel Comune di Mori, in provincia di Trento. Si tratta di una vera tragedia perché riguarda migliaia di vite animali che non avrebbero dovuto trovarsi lì e che stanno causando un serio danno ambientale. La denuncia arriva con un post pubblicato il 7 novembre nel gruppo cittadino su Facebook "Sei di Mori se…".
Questa specie aliena è finita in massa nelle acque del lago trentino probabilmente a causa dell'incauto rilascio da parte delle persone che prima hanno preso in casa i pesci e poi li hanno abbandonati.
I pesci rossi stanno morendo soffocati nel lago di Loppio
In questi giorni sta facendo discutere la denuncia di alcuni cittadini circa le condizioni del lago di Loppio, la più grande area palustre della Provincia di Trento, parte del Comune di Mori. Si tratta non di un lago, come l'antico nome lascia intendere, ma di una zona umida, un ecosistema in cui acqua e terreno si fondono e danno vita a paludi, acquitrini e simili.
Si tratta di habitat estremamente fragili e sempre più rari, molto importanti per la biodiversità, perché offrono rifugio a una grande varietà di specie animali. Questa realtà però è stata compromessa dall'essere umano, come stanno denunciando in queste ore i cittadini di Mori.
Le acque di Loppio infatti sono state invase da migliaia di pesci rossi incautamente liberati nei corsi d'acqua e finiti qui al termine del loro percorso. "Le immagini non rendono minimamente l'idea della quantità di pesciolini che boccheggiano,(quintali e quintali) molti sono rossi ma i più sono scuri… sono ammassati l'uno a l'altro in cerca di ossigeno che l'acqua stagnante non può dare", denuncia Ivo Cipriani in un post.
"Colpisce sempre vedere la sofferenza di esseri viventi soprattutto quando la colpa è di qualche sciagurato che, per liberare il suo acquario di casa, immette soggetti in un ambiente non consono con un esito finale tragico e scontato".
Qui la tragedia si unisce alla tragedia: oltre alla perdita delle vite animali c'è anche la compromissione dell'habitat in cui i pesci rossi (Carassius auratus) sono stati immessi. Si tratta infatti di una specie alloctona, cioè estranea all'ecosistema italiano, e quindi molto dannosa come tutti gli alieni che finiscono nelle nostre acque.
Perché non si devono liberare i pesci rossi nei laghi e fiumi
I pesci rossi sono animali selvatici, ma svettano in testa a tutte le classifiche per essere gli animali da compagnia più diffusi al mondo e anche in Italia. Secondo l'ultimo rapporto Assalco-Zoomark, il più autorevole del comparto pet food e pet care, dei 65 milioni di animali nelle case degli italiani, più di 28 mila sono pesci. Molti di questi sono proprio Carassius auratus, comunemente noti come pesci rossi in ragione di una mutazione comparsa spontaneamente negli esemplari di allevamento e successivamente selezionata per fissarla e renderli più appetibili sul mercato.
Anche se vengono venduti come premi e assimilati in tutto e per tutto a degli oggetti, hanno le esigenze di tutti gli altri pesci: spazio e acqua pulita. Per questo in acquario, a causa degli spazi ridotti, sopravvive per poche settimane e cresce raramente oltre i 5 centimetri, ma in ambienti naturali, dove trova abbondanza di cibo, ossigeno e spazio, può arrivare a superare i 40 centimetri e vivere per molti anni.
Spesso le persone dopo averli presi arrivano a liberali nei corsi d'acqua, spinti dal senso di colpa o dalla incapacità di gestione, aggiungendo alla tortura sul singolo individuo anche il danno ambientale. Una volta introdotto in ecosistemi dove non esistono predatori naturali, infatti, diventa una specie invasiva estremamente vorace. Questi smuovono i sedimenti del fondale alla ricerca di cibo, rendendo l’acqua torbida e riducendo la luce disponibile per le piante acquatiche. Competono con le specie autoctone per le risorse, alterando gli equilibri ecologici.