UN PROGETTO DI
4 Maggio 2025
13:00

Le primavere nordamericane sono sempre più silenziose: la maggior parte degli uccelli sta sparendo

Le popolazioni di uccelli in Nord America stanno crollando drasticamente, anche nei luoghi un cui un tempo erano più abbondanti. Un nuovo studio conferma un trend globale allarmande rivelando che l'83% delle sepcie è in delcino.

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Un nuovo studio ribadisce ciò che sta accadendo in tutto il mondo: gli uccelli stanno sparendo. In foto una dendroica verdastra (Setophaga virens)

Le primavere nordamericane sono sempre più silenziose. La maggior parte delle specie di uccelli sta diminuendo e sta accadendo proprio in quei luoghi dove dovrebbe prosperare. È quanto emerge da uno studio recentemente pubblicato sulla rivista Science, che ha analizzato ben 36 milioni di osservazioni raccolte grazie alla citizen science, la scienza partecipata. Migliaia di appassionati, birdwacher e semplici cittadini hanno contribuito, attraverso la piattaforma eBird del Cornell Lab of Ornithology, a fornire dati su 495 specie tra il 2007 e il 2021.

L'obiettivo dei ricercatori era semplice, ma molto ambizioso: capire quali e dove le popolazioni di uccelli stanno aumentando oppure diminuendo. Ma i risultati emersi dallo studio sono stati a dir poco allarmanti. Secondo gli autori, l'83% delle specie analizzate è in declino proprio nelle aree dove era più abbondante. In altre parole, gli uccelli stanno scomparendo dai loro habitat naturali, anche da quei luoghi che un tempo offrivano risorse, cibo e condizioni perfette per vivere e riprodursi.

Sempre più studi lo confermano: gli uccelli stanno sparendo

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L’83% delle specie analizzate è in declino, anche in quei territori un cui un tempo era abbondante. In foto un tordo migratore americano (Turdus migratorius)

"Non si tratta di semplici spostamenti – ha spiegato in un comunicato Alison Johnston, ecologa e prima autrice dello studio – stiamo documentando veri e propri crolli delle popolazioni in quelle zone che una volta erano i loro santuari. È un segnale forte che ci indica cambiamenti profondi in atto nella natura che ci circonda". Questo nuovo studio arriva pochi mesi dopo il State of the Birds Report 2025, che ha segnalato un calo delle popolazioni di uccelli in quasi tutti i biomi degli Stati Uniti, e si collega direttamente a un precedente allarme lanciato nel 2019, quando un'altra ricerca – pubblicata sempre su Science – aveva stimato la perdita di quasi 3 miliardi di uccelli in Canada e negli USA dal 1970 a oggi.

La novità emersa da quest'ultimo lavoro riguarda soprattutto la precisione dei risultati. I ricercatori hanno analizzato le variazioni di popolazione in aree di 27 chilometri quadrati, una risoluzione mai raggiunta prima su una scala geografica così ampia. Questo è stato possibile grazie all'utilizzo di modelli avanzati di Intelligenza Artificiale e all'enorme mole di dati raccolti dai birdwatcher. Amanda Rodewald, direttrice del Center for Avian Population Studies, ha sottolineato proprio l'importanza di questo tipo di approccio: "Per la prima volta possiamo vedere cosa sta succedendo a scala locale in tutto il continente. E questo cambia le regole del gioco per la conservazione: ci permette di capire dove intervenire e perché".

C'è ancora margine per un recupero

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In alcune piccole aree, la maggior parte delle specie è in crescita. Capire dove e perché può aiutare a invertire la rotto. In foto un airone azzurro (Ardea herodias)

Il quadro che emerge è complesso, preoccupante, ma non privo di speranza: quasi tutte le specie (il 97%) mostrano almeno alcune aree in cui le popolazioni stanno invece aumentando. Secondo Johnston, questi "punti luminosi" potrebbero significare che in quei territori gli sforzi e le misure di conservazione stanno funzionando e che quindi c'è ancora margine per un recupero. Particolarmente gravi sono i trend osservati per gli uccelli delle praterie e della tundra artica, ecosistemi tra i più fragili e vulnerabili agli effetti del cambiamento climatico e delle attività umane. Dati che vanno purtroppo di pari passo con quelli europei, dove a sparire sono soprattutto le specie che vivono in habitat aperti e in ecosistemi agricoli.

Sapere esattamente dove stanno sparendo gli uccelli è cruciale per capire le cause e invertire la rotta. E in questo, la citizen science si rivela uno strumento potentissimo. "Grazie alla passione e alla generosità di migliaia di volontari, oggi sappiamo più che mai sugli uccelli e sull'ambiente – ha sottolineato ancora Rodewald – senza di loro, uno studio del genere non sarebbe stato possibile". Ma trasformare milioni di dati grezzi in informazioni affidabili non è affatto semplice. Daniel Fink, uno dei principali statistici del progetto, ha spiegato che per arrivare ai risultati finali il team ha eseguito oltre mezzo milione di simulazioni, per un totale di 6 milioni di ore di calcolo: "Sarebbero serviti 85 anni su un normale computer portatile".

Il futuro che Rachel Carson ci aveva già mostrato

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Oggi le minacce principali per gli uccelli in tutto il mondo sono la distruzione degli habitat, l’agricoltura intensiva, la caccia, l’inquinamento luminoso e acustico, l’espansione urbana e gli effetti degli cambiamenti climatici. In foto un passero arboricolo (Spizelloides arborea)

Nel 1962, Rachel Carson pubblicava Primavera silenziosa, il libro che avrebbe cambiato per sempre il modo in cui guardiamo alla natura e alla sua tutela. In quelle pagine, la biologa americana denunciava gli effetti devastanti dei pesticidi – in particolare il DDT – sulla fauna selvatica e soprattutto sugli uccelli. Carson non parlava soltanto da scienziata, ma anche da cittadina attenta e preoccupata. In quel manifesto dell'ambientalismo moderno, immaginava un futuro in cui la primavera non sarebbe più stata accompagnata dal canto degli uccelli, perché molti sarebbero scomparsi. Sessant'anni dopo, quella visione rischia purtroppo di diventare ancora una volta realtà.

Oggi non è più il DDT a minacciare gli uccelli. A rendere sempre più "silenziose" le primavere ci pensano la distruzione degli habitat, l'agricoltura intensiva, la caccia, l'inquinamento luminoso e acustico, l'espansione urbana e gli effetti degli cambiamenti climatici causati dalle attività umane. È come se ogni anno togliessimo un piccolo tassello al grande mosaico della biodiversità, senza sapere bene quale sarà quello che farà prima o poi crollare tutto. E sta accadendo attorno a noi, ogni giorno, anche in quei luoghi dove pensiamo che la natura sia ancora forte e resiliente. Sta ora a noi decidere se vogliamo che le primavere risuonino ancora del canto degli uccelli o se saranno avvolte da un silenzio assordante.

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