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Guardandole volare tra i fiori, con le loro strisce gialle e nero brillanti, è facile scambiarle per api o vespe. Del resto, è proprio per questo che i sirfidi, una particolare famiglia di mosche impollinatrici, hanno evoluto quell'aspetto e quei colori: per ingannare. Eppure, non hanno un pungiglione, non sono velenose, ma usano semplicemente un travestimento per sembrare pericolose. Un vero e proprio bluff per non essere mangiate e che funziona perfettamente da milioni di anni. Almeno, con quasi tutti i predatori.
Uno studio pubblicato recentemente su Nature ha infatti scoperto che queste mosche "travestite da vespe" riescono a ingannare molti predatori, come mantidi religiose e ragni, ma che non tutti si fanno fregare. Alcuni uccelli, in particolare le cinciallegre, riescono a smascherarle con sorprendente precisione il loro travestimento. Come ci riescono? Grazie a un occhio ben allenato e a una memoria fuori dal comune. E per capirlo, i ricercatori hanno dovuto fabbricare un esercito di insetti finti stampati in 3D.
Come si inganna un predatore (e perché non basta un buon costume)

I sirfidi sono il più classico esempio di mimetismo batesiano: una specie innocua "copia" l'aspetto e i colori aposematici di una pericolosa per scoraggiare i predatori. Ma tra le tante imitazioni, non tutte sono uguali. Alcune mosche sembrano vespe in modo impressionante, mentre altre somigliano solo vagamente agli imenotteri. Alcune hanno infatti colori simili, ma forme o dimensioni sbagliate poco credibili. E allora gli studiosi si sono chiesti: perché esistono questi travestimenti approssimativi? Possibile che funzionino comunque?
Per rispondere a queste domande, il team guidato da Christopher Taylor, biologo evoluzionista dell'Università di Nottingham, ha progettato un esperimento piuttosto originale. Hanno usato la stampa 3D per creare diversi modelli di insetti: alcuni identici alle vere vespe, altri uguali alle mosche, altri ancora un po' a metà strada, ovvero con combinazioni diverse di colori, forme, dimensioni e pattern. Hanno poi utilizzato questi modelli per testare le reazioni di vari predatori: cinciallegre, pulcini di gallina, ragni granchio, mantidi e ragni salticidi.
L'occhio fine della cinciallegra

I risultati più sorprendenti sono arrivati dai test con le cinciallegre (Parus majoor), una specie molto comune anche nei nostri parchi e nelle nostre campagne. I ricercatori hanno nascosto delle larve di tarma della farina sotto ai modellini di mosche, lasciando vuoti quelli delle vespe. In poco tempo, le cince hanno imparato ad associare le vespe alla mancanza di cibo e le mosche alla ricompensa in cibo.
Risultato? Le cinciallegre non solo evitavano le vere vespe, ma sapevano riconoscere anche i falsi con notevole precisione, preferendo avvicinarsi anche i modelli di sirfidi che somigliavano molto alle vespe. Quando poi gli scienziati hanno sostituito i modellini con insetti veri, ma "impagliati", gli uccelli sono stati comunque in grado di riconoscerli senza alcuna difficoltà. Le mosche erano ancora sinonimo di premio in cibo, mentre le vespe di tempo perso, e sceglievano quasi sempre con incredibile precisione.
Gli altri predatori non sono stati così abili

Molto diversa, invece, è stata la reazione di altri predatori. Ragni granchio e mantidi, per esempio, si sono dimostrati molto più facili da ingannare. Anche imitazioni grossolane bastavano a scoraggiarli, specialmente dopo essere stati "puniti" – cioè lievemente punzecchiati con un finto pungiglione – ogni volta che attaccavano una presunta vespa. I ragni saltatori, ovvero i salticidi, sono invece famosi per la loro vista acuta ed erano quindi un po' più selettivi, ma comunque più facili da trarre in inganno rispetto alle cince.
E i pulcini? Anche loro hanno partecipato all'esperimento, ma sembravano far affidamento soprattutto sui colori e sulle dimensioni per "decidere" se avevano di fronte una mosca o una vespa. Forma e pattern non hanno influenzato più di tanto le loro scelte, un risultato che potrebbe spiegare come mai alcune specie di sirfidi imitano perfettamente colori e dimensioni di api o vespe, ma conservando forma e altri dettagli chiaramente da mosca: i colori d'avvertimento, spesso bastano a scoraggiare i predatori.
Cosa significa tutto questo in termini evoluzionistici

Questi risultati così diversi tra i vari predatori testati portano quindi a una chiara conclusione da un punto di vista evolutivo: se il tuo principale predatore è un uccello, ti conviene imitare bene. Ma se chi ti dà la caccia è un ragno, basta anche solo sembrare abbastanza pericoloso. È una sorta di compromesso evolutivo. Significa che anche i travestimenti mediocri funzionano, ma solo in certi contesti e con certi predatori. In alcune situazioni, anche un'imitazione imprecisa o approssimativa è sufficiente per non essere mangiati.
Naturalmente, l'utilizzo della stampa in 3D, per quanto innovativa, ha dei limiti. I modelli testano solo la vista, tralasciando udito, olfatto o i movimenti, tutti elementi altrettanto importanti nel rendere più efficace un travestimento. Inoltre, in natura ci sono molte più variabili, come il rischio concreto di essere punti, eventualità che in questo caso per le cince non c'era. Tuttavia, i risultati di questo studio sono comunque molto interessanti e aggiungono nuovi importanti elementi su come funziona e si evolve il mimetismo e sull'abilità delle cinciallegre.