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25 Giugno 2025
8:29

La Corea del Sud ha vietato la carne di cane: che fine faranno gli animali degli allevamenti?

La Corea del Sud ha vietato la carne di cane dal 2024, ma gli allevamenti sono ancora pieni e centinaia di migliaia gli animali rischiano ora l’abbandono o l’eutanasia. Mancano piani concreti per salvarli, i rifugi sono pieni e le adozioni vanno al rilento.

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Gli allevamenti dovranno ricollocare entro il 2027 circa 500.000 mila cani

Da gennaio 2024 la Corea del Sud ha detto stop alla carne di cane. Una decisione storica, frutto di decenni di battaglie animaliste e di un progressivo cambiamento culturale che è avvenuto nel paese negli ultimi anni. Ma dietro quello che potrebbe sembrare – e che per certi versi è – un traguardo etico e culturale importante, si nasconde oggi una crisi profonda, sia per gli allevatori sia – soprattutto – per gli stessi animali che si volevano salvare.

Il governo ha dato tempo fino a febbraio 2027 per chiudere tutte le attività e ricollocare i circa 500.000 cani ancora presenti negli allevamenti. Ma il tempo sta per finire e le soluzioni – come ha raccontato la BBC – per il momento sembrano poche e inefficaci. Se non si riuscirà a trovare un modo per ricollocare i cani, gli animali ancora presenti negli allevamenti potrebbero essere tutti abbattuti.

Cani salvati che nessuno vuole

Gli allevatori Joo Yeong-bong, che fino a pochi mesi fa allevava cani per la macellazione, raccontano una realtà fatta di canili ormai pieni, debiti che aumentano e animali che nessuno vuole acquistare né adottare. Le razze allevate per la carne, infatti, sono spesso di taglia grande – come i Tosa – e mal si adattano alla vita tra le mura di un appartamento. Inoltre, la provenienza da un allevamento per la macellazione genera spesso diffidenza. C'è chi teme malattie, chi traumi e problemi comportamentali.

Secondo le autorità, i governi locali dovrebbero assumersi la responsabilità degli animali ceduti dagli allevatori. In pratica, tuttavia, molti cani rischiano di rimanere "sospesi" fino al limite di tempo dato agli allevatori per chiudere definitivamente le loro attività e trovare una nuova sistemazione agli animali. Non più destinati al piatto, ma nemmeno accolti in un rifugio o in una famiglia. E, nel peggiore dei casi, condannati quindi a un'eutanasia silenziosa.

Le difficoltà nelle adozioni

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Non c’è un piano concreto e ristrutturato per facilitare le adozione o trovare una nuova sistemazione per gli animali, che rischiano ora l’eutanasia

Le associazioni animaliste locali stanno comunque facendo la loro parte. Hwak (Humane World for Animals Korea) è una delle più attive e ha già salvato quasi 2.800 cani negli ultimi dieci anni, alcuni dei quali sono stati trasferiti all'estero, soprattutto in Canada e negli Stati Uniti. Ma l'attuale numero di animali da ricollocare è di gran lunga superiore. La responsabile dell'associazione, Cho Hee-kyung, ha ammesso che non sarà possibile salvare tutti e se gli animali verranno considerati randagi o abbandonati, è molto probabile che saranno soppressi.

Come riporta la BBC, il Ministero dell'Agricoltura ha promesso investimenti nei rifugi pubblici e fino a 600.000 won (circa 450 euro) per ogni cane ceduto dagli allevatori che chiuderanno prima del termine. Ma secondo gli attivisti e alcuni esperti, manca ancora un piano concreto e strutturato per la gestione degli animali "in esubero". Chun Myung-Sun, docente di medicina veterinaria all'Università Nazionale di Seoul, ha sottolineato il punto cruciale: "Abbiamo lottato per salvare questi cani dalla macellazione. Ma se adesso l'unica alternativa è sopprimerli, è comprensibile che la gente si senta tradita".

Un cambiamento culturale, ma a caro prezzo

La decisione di chiudere tutti gli allevamenti nel paese è figlia di un evidente cambiamento culturale e nelle abitudini dei cittadini. Nel 2024, solo l'8% dei sudcoreani ha dichiarato di aver consumato carne di cane, contro il 27% del 2015. Ma la transizione sta avvenendo troppo in fretta per gli animali e per chi, da anni, vive di questo commercio. Per molti allevatori più anziani, come Yang Jong-tae, quella dei cani era semplicemente una fonte di reddito.

Alcuni, come lui stesso ha raccontato sempre alla BBC, hanno assistito con grande sorpresa alla compassione mostrata dai volontari verso questa fonte di reddito: "Li trattavano con una cura che non avevo mai visto. Come se fossero persone". Tuttavia, lo stesso Yang e altri anziani allevatori si chiedono come mai non si possa più consumare carne di cane, ma è del tutto accettabile mangiare maiali, polli o mucche.

Il futuro degli ultimi cani da carne rimane incerto

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I cani salvati dalla macellazione si trovano in un limbo che potrebbe paradossalmente costare loro la vita

Oggi, oltre 600 allevamenti hanno già chiuso, ma ce ne sono oltre 900 sono ancora attivi. Molti allevatori si sentono però intrappolati, poiché non possono vendere i cani, ma nemmeno chiudere definitivamente. Attualmente, sembra non esserci una via d'uscita né per gli allevatori né per i cani. Il rischio è che, senza un'estensione dei tempi o un piano straordinario di adozione, i cani diventino vittime di un cortocircuito tra etica e realtà dei fatti.

Nati per essere mangiati, salvati nel nome del rispetto delle altre vite animali, ma poi lasciati completamente soli, in un limbo che potrebbe paradossalmente costare loro la vita. Nel frattempo il Festival di Yulin, nel sud della Cina, ha riacceso le polemiche per il commercio e la brutale uccisione di cani e gatti, ancora comune in diversi paesi asiatici e africani come Thailandia, Indonesia, Ghana e Nigeria. Nonostante l'opposizione della maggior parte dei cittadini, qui l'allevamento il consumo di carne di cane proseguono.

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