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29 Settembre 2025
8:42

Invasi artificiali d’Abruzzo sono una trappola per orsi: “La loro vita vale meno del costo di una recinzione?”

Gli invasi abbandonati in Abruzzo minacciano la fauna: a maggio due cuccioli di orso marsicano sono annegati a Scanno. Nonostante solleciti e denunce, l'associazione Salviamo l'Orso denuncia il disinteresse dei gestori degli impianti a mettere in sicurezza strutture che continuano a essere trappole mortali per gli animali.

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L’invaso artificiale nel quale sono morti i due cuccioli di orso marsicano a maggio

Gli invasi e i laghi artificiali dell'Abruzzo sono una trappola mortale per gli animali selvatici. A maggio scorso due orsetti marsicani, appartenenti alla popolazione di orso più rara e minacciata del mondo, sono morti annegati proprio all'interno di uno di questi, in un impianto sciistico dismessa a Colle Rotondo, nel territorio di Scanno.

A distanza di cinque mesi da quel tragico episodio, l'associazione Salviamo L’Orso, impegnata nella conservazione dell'orso bruno marsicano, ha denunciato la pericolosità di queste strutture abbandonate nonostante i solleciti rivolti alle amministrazioni locali dagli attivisti e dal Parco Nazionale d'Abruzzo Lazio e Molise.

"Ci sentiamo delusi e fondamentalmente impotenti perché tutto quello che potevamo fare da soli, o in collaborazione con il PNALM, è stato fatto – scrivono gli attivisti – Ad oggi non ci sono più scuse: chiediamo che i diretti interessati agiscano prontamente o siano disposti a dichiarare pubblicamente che la vita di un orso vale meno del costo di una recinzione".

L'appello: "Strutture devono essere messe in sicurezza dal 2010"

Nei giorni immediatamente successivi al ritrovamento dei 2 cuccioli di orso marsicano annegati nell’invaso di Scanno, a Colle Rotondo, il personale e i volontari di Salviamo l’Orso e Rewilding Apennines hanno effettuato una serie di sopralluoghi su numerose infrastrutture analoghe che rappresentano un pericolo costante per la fauna selvatica, gli animali domestici e gli esseri umani: un lavoro di presidio e supervisione del territorio che le associazioni svolgono già da alcuni anni, e che è finalizzato a spingere enti e pubbliche amministrazioni ad agire con urgenza.

Dopo aver effettuato i necessari controlli per valutare la presenza e le condizioni delle eventuali infrastrutture di sicurezza gli attivisti hanno prodotto una relazione tecnica contenente un’analisi dettagliata delle misure che devono essere urgentemente implementate per mettere in sicurezza le varie aree.

Il documento è stato succesivamente condiviso con tutte le competenti Stazioni dei Carabinieri Forestali, nonché con gli uffici della Regione Abruzzo i quali, a loro volta, lo hanno fatto proprio e inoltrato agli Enti, ai Comuni interessati, alle Aree Protette regionali ed ai responsabili della gestione dei bacini sciistici dell’Alto Sangro e di Campo Felice-Ovindoli Magnola.

Ma la risposta è stata il silenzio, come spiegano da Salviamo l'Orso: "Non avendo ancora ricevuto risposte eloquenti da parte dei diretti interessati intendiamo ribadire la ferma volontà di non abbassare la guardia né ignorare un problema che si trascina da quando, nel 2010 a Villavallelonga, annegarono ben tre orsi su un invaso del tutto simile a quelli che ancora devono essere messi in sicurezza".

Questi invasi artificiali servono soprattutto agli impianti sciistici, ma dall’invaso di Scanno Collerotondo a quelli di Rocca di Botte, Tornimparte e Pescina, dai bacini di Ovindoli-Magnola a quelli di Campo Felice e di Pescasseroli, nessun gestore avrebbe attivato le operazioni di messi in sicurezza nelle strutture a rischio censite dai volontari: "Una situazione desolante che vanifica il nostro lavoro e conferma il disinteresse di coloro che dovrebbero agire".

Il caso della recinzione di Pizzalto: una tragedia annunciata

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Animali morti nel bacino di Pizzalto

Tra i bacini più problematici censiti dagli attivisti c'è quello di Pizzalto. La messa in sicurezza di questo invaso è di particolare importanza perché nell’area è presente una femmina di orso bruno marsicano con due cuccioli di pochi mesi. "Una situazione che non consente alcuna disattenzione né lavori mal fatti o approssimativi", soprattutto dopo la tragica morte dei due cuccioli avvenuta solo pochi mesi fa.

Secondo la denuncia degli attivisti anche questa informazione è stata sottoposta all'attenzione del gestore del bacino di Pizzalto, ma nulla è stato fatto. "Dopo il sollecito ricevuto anche dal Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, il gestore aveva annunciato la presa in carico dei lavori in un'email inviata al direttore del Pnalm Luciano Sammarone e, in copia conoscenza, a Stefano Orlandini, presidente di Salviamo L’Orso". Il sollecito era a installare una nuova recinzione a Pizzalto, e poi in tutti i bacini gestiti dal Consorzio. Cosa che però non è avvenuta.

"Grrande è stata la delusione nel rilevare la scarsa qualità degli interventi effettuati: nonostante le nostre indicazioni tecniche, la rete esistente non è stata sostituita ma rabberciata in modo approssimativo e, ad oggi, è ancora piena di buchi e inadatta, per dimensioni, resistenza e altezza, a fermare un orso".

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A sinistra una rete a norma, a destra la rete semi distrutta di Pizzalto

Il Parco non può intervenire direttamente, come aveva spiegato a Fanpage.it lo stesso Sammarone: gli enti in questi casi sono come genitori senza patria potestà. E ancora meno possono fare le associazioni come Salviamo l'Orso.

"Nonostante gli incidenti già avvenuti, i gestori degli impianti di Roccaraso, tra l’altro recentemente rinnovati grazie anche a cospicui fondi pubblici e regionali, non possono o non vogliono adottare le soluzioni tecniche individuate dalla nostra associazione, dal Parco e dalla Regione – denunciano – Un atteggiamento inaccettabile ed ingiustificato da parte di un settore che si racconta come il fiore all’occhiello del turismo montano abruzzese, un comprensorio che fattura milioni di euro e che promuove, in Italia e all’estero, la sua immagine green e sostenibile, ma che nei fatti non sembra essere disposto ad investire un centesimo per ridurre al minimo la possibilità che si ripetano incidenti come quelli che hanno già coinvolto svariati esemplari di orso bruno marsicano e diversi individui di altre specie".

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