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27 Novembre 2025
21:30

Indonesia, Giacarta vieta la vendita di carne di cane e gatto: in Asia però il consumo prosegue

Giacarta, capitale dell'Indonesia, vieta il commercio di carne di cane e gatto. Un passo storico, ma ci sono ancora comunità nel mondo in cui il consumo prosegue. Lo spiega a Fanpage.it l'attivista Davide Acito.

Intervista a Davide Acito
Fondatore di Action Project Animal
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Cani in gabbia in attesa di essere macellati nel mercato di Thomhon nel 2020

La capitale dell'Indonesia, Giacarta, ha messo al bando la vendita e la macellazione di carne di cane, gatto e pipistrello. Si tratta di una vera rivoluzione culturale in una delle città più grandi e importanti dell'Asia. Il divieto è stato introdotto dal governatore Pramono Anung lo scorso 24 novembre con l'obiettivo di arginare la vendita a scopo alimentare di animali che trasmettono la rabbia come cani gatti, scimmie e pipistrelli.

Una notizia accolta con favore dagli attivisti per i diritti degli animali come Davide Acito, che con la sua Action Project Animal conduce regolarmente indagini sotto copertura nel mondo dello sfruttamento animale in Asia e non solo.

"In Indonesia siamo stati nel mercato di Tomohon, uno dei mercati di animali più crudeli al mondo sia per le catture che la macellazione, non solo di cani e gatti, ma di molte altre specie come macachi e varani – spiega Acito a Fanpage.it – Siamo riusciti a farlo chiudere ma ne restano ancora molti altri in Asia, in Cina soprattutto. Questi luoghi sono sempre nella zona grigia tra ciò che è illegale e ciò che non è vietato dalla legge".

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Non solo cani e gatti, anche specie selvatiche protette venivano vendute nel mercato di Thomhon (foto del 2020)

Quello indonesiano però rappresenta un caso isolato: esistono ancora comunità in Asia, Africa, e in alcuni casi persino in Europa, dove il consumo di carne di cani e gatti prosegue.

Perché in Indonesia è stata vietata la carne di cane e gatto

Il nuovo regolamento vieta la vendita a scopo alimentare di animali che trasmettono la rabbia, categoria che comprende cani, gatti, scimmie, pipistrelli, zibetti e specie simili, e si estende a tutti gli animali vivi, alle carcasse e ai prodotti crudi o trasformati.

Lo ha annunciato il governatore di Giacarta, Pramono Anung, con un video messaggio pubblicato sul suo account Instagram in cui spiega che il divieto sarà attivo entro un mese: "Speriamo che questo possa proteggere e migliorare la salute dei residenti di Giacarta", ha sottolineato il governatore.

Le immagini che accompagnano il messaggio raccontano però anche un altro aspetto di questo commercio che non riguarda solo la salute pubblica, ma anche lo sfruttamento animale. All'agenzia di stampa indonesiana Antara News, Pramono ha spiegato di aver agito anche sotto la spinta degli attivisti per i diritti degli animali: "Quando ho ricevuto gli amanti degli animali, ho promesso loro di stabilire un regolamento governativo". E così è stato.

Macelli e allevamenti di cani, gatti e specie selvatiche protette sono un grave problema per i governi dei paesi asiatici dove il consumo di questi animali è radicato in diverse comunità locali, anche se non nella totalità. Il fulcro di questo commercio sono i wet market, mercati all'aperto di animali vivi dove la compresenza in scarsa condizioni igieniche di animali domestici e selvatici a stretto contatto con l'uomo rischia di favorire nuove epidemie globali, come suggeriscono le indagini dell'Organizzazione mondiale della sanità.

Si tratta di luoghi che l'attivista Davide Acito conosce molto bene: "Negli anni abbiamo fatto più di un intervento in Indonesia e abbiamo lavorato con i governi locali: siamo stati accompagnati all'interno dei mercati con il supporto dei militari".

E sulla novità del regolamento spiega: "Adesso finalmente non vedremo più cani e gatti chiusi all'interno delle gabbie, prossimi a essere macellati, tuttavia si potrà comunque portare direttamente la carne di cane e gatto già macellata. Tra i paesi dell'Asia dove abbiamo operato quello dove abbiamo ottenuto la collaborazione di maggiore successo con i governi locali è proprio l'Indonesia, e questa novità ne conferma l'orientamento".

Si tratta di un passo avanti importante in un paese dell'Asia, dove la pratica del consumo alimentare di cane, gatto, e specie selvatiche protette è ancora attuale. "In Cina le organizzazioni, le ONG non sono ben viste. Quando noi attivisti arriviamo in Cina, ad esempio per il festival di Yulin, veniamo schedati e seguiti dalla polizia, che in questo caso non è a nostro supporto, ma inviata allo scopo di controllare le nostre attività".

Cosa succede in Cina e negli altri paesi asiatici

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Cani in attesa di essere macellati in Cina nel giugno 2025

La situazione dell'Indonesia è molto diversa rispetto ad altri paesi del continente asiatico dove il consumo, così come il commercio e la macellazione di cani e gatti è ancora una realtà. Come dimostra l'ultima missione condotta da Acito con Action Project Animal nel giugno 2025: " La Cina è la punta di un iceberg molto grande, ma questa pratica continua anche in Vietnam – dove ha radici molto profonde – Cambogia, Laos, e anche in una parte dell'India e in una ristretta parte della Tailandia".

La situazione peggiore si riscontra però in Cina: "Qui sono più propensi a rubare i cani di quartiere che quelli padronali. A testimonianza di ciò, durante le nostri blitz nei macelli abbiamo salvato cani di razza col collare e con il tatuaggio identificativo, segno che si trattava un cane di casa. Negli anni abbiamo preso dei Golden Retriever, e anche Whippet, un giovane Levriero. Però questo fenomeno non è omogeneo in tutta la Cina, si concentra nel Guangxi, a Yulin. Ed è qui che si concentrano i nostri interventi e il 90% del consumo di tutto il paese".

La Cina meridionale è il fulcro di questa pratica, mentre nel nord la situazione è ben diversa, tanto da permettere l'apertura di un rifugio per le adozioni internazionali: "I cani che prendiamo nel sud del paese arrivano nel nostro rifugio nel nord, dove vengono curati e infine adottati in Italia, Francia, Germania e Svizzera. Sono i paesi dove noi portiamo più cani, ma ci sono state anche adozioni in Svezia".

Qualche anno fa questo commercio è stato vietato in due città cinesi: Shenzhen e Zhuhai: "Qui cane e gatto non possono essere mangiati, chi viene colto in flagrante viene multato 30 volte il costo della carne se sta mangiando e fino 30 volte il valore che avrebbe ricavato dalla vendita. Ma anche in questo caso, dalle nostre indagini, si è trattato solo di fumo negli occhi. Le località dove si consumano questi animali restano macelli a cielo aperto".

La macellazione e persino il consumo stesso non sono del tutto legali neanche in Cina, neppure nelle regioni dove queste pratiche sopravvivono: "I macelli a cielo aperto di cani e gatti non hanno postazioni fisse perché non sono legali, e per questo si spostano di anno. L'illegalità sta nella mancata tracciabilità di questi animali, dal fatto che non hanno un certificato di provenienza o un attestato di buona salute. Nella pratica però tutto è concesso perché i cani venduti nei mercati non hanno nessun certificato".

Gli allevamenti, secondo le indagini condotte sul campo dal team di Acito, sono meno vantaggiose economicamente rispetto al semplice furto di randagi e cani familiari lasciati incustoditi: "Il cane non viene allevato perché per far arrivare un cane al peso ottimale per la vendita deve avere circa 6 mesi. Non è possibile per i costi perché per mantenere un cane in buona salute fino ai 6 mesi in questi posti è praticamente impossibile: sono sporchi e le malattie si diffondono con estrema facilità".

Ma il motivo della rarità degli allevamenti di cani in Cina, a favore invece dei macelli, risiede anche nella difficoltà di aprire simili strutture: "Esiste una nota del Ministero dell'Agricoltura con cui si scoraggiano gli allevamenti di cane e gatto ai fini di macellazione perché queste specie sono nell'elenco delle proteine nere. Questo registro divide gli animali in proteine bianche, che possono essere allevati e consumati, dalle proteine nere. Nelle proteine bianche ci sono ovini, suini, bovini, mentre nelle proteine nere pipistrello e altri selvatici protetti. Tutt'oggi anche cane e gatto rientrano in questo gruppo. Ma è solo una formalità".

Non tutta l'Asia è uguale: il caso della Corea del Sud

Cane e gatto formalmente rientrano tra gli animali domestici, cioè tra quelle specie che a seguito di un lunghissimo processo di coevoluzione con l'essere umano hanno aperto con lui un canale di comunicazione e di dipendenza dalle sue risorse.

Lo stesso è avvenuto anche con capre e mucche, animali che in quasi tutto il mondo vengono considerati alimenti, prima che esseri senzienti. L'importanza che soprattutto in Occidente hanno ricevuto cani e gatti invece li hanno fatti spostare, almeno idealmente, in un gruppo separato, meritevole di tutele particolari. Questo orientamento ha investito anche un paese asiatico in particolare: la Corea del Sud, con il quale l'Occidente ha una relazione privilegiata di scambio culturale, basti pensare a fenomeni di massa come il K-pop o i K-drama.

Una rivoluzione a cui Acito ha assistito: "Nel 2024 la Corea del Sud con un decreto ha messo le cose in chiaro: cani e gatti non devono più essere mangiati. Il governo ha dato 3 anni di tempo per convertire gli allevamenti e i macelli in attività agricole o di altro tipo. E per favorire la conversione è stata fatta una manovra finanziaria. Si è dovuto reinventare una industria. Un grande esempio che questo cambiamento può avvenire e sarà ufficialmente realtà dal 1 gennaio 2027″.

Il consumo di carne di cane in Africa: "Motivi e metodi diversi rispetto alla Cina"

Si parla molto dell'Asia, ma nell'esperienza di Acito ci sono anche alcuni paesi dell'Africa che consumano carne di cane e di gatto: "Ogni comunità ha il suo metodo. Non è mai concepibile, tuttavia ci sono contesti in cui il consumo è dettato dalle difficoltà oggettiva di procurarsi carne in altri modi".

Tra i paesi in cui si riscontra questo fenomeno ci sono paesi dell'area centrale e occidentale del continente: "Sappiamo di questo fenomeno in Repubblica Democratica del Congo, e in Ghana. I motivi che spingono alcune delle popolazioni che vivono qui a farlo però sono molto diversi rispetto a quelli della maggior parte dei paesi dell'Asia, soprattutto rispetto alla Cina dove i livelli di benessere sono decisamente elevati".

Cambiano anche le forme di cattura e detenzione: "In Cina i cani si trovano all'interno di gabbie molto strette e di forma rettangolare, spesso sono grandi appena un metro cubo, e lì ne stanno ammassati anche fino a quattro di taglia anche media. In Africa i cani che vengono catturati vengono portati quasi immediatamente nei mercati, e in questi casi sono legati con le zampe anteriori legate dietro la schiena e il muso stretto con lo scotch".

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I cani in Cina vengono rinchiusi in gabbie minuscole

Il consumo di carne di cane e gatto in Europa

In molti paesi europei mangiare cani o gatti è un tabù sociale tanto forte da rendere inutili e anacronistici espliciti divieti. Anche nel linguaggio comune cani e gatti sono passati dall'essere "animali domestici" come suini e ovini, a "animali familiari". Un cambiamento semantico che è la conseguenza di una trasformazione culturale che ha riflessi importanti anche sull'economica.

Il settore della pet care, cioè di tutti i servizi che riguardano la cura di cani e gatti, negli ultimi anni ha sperimentato una enorme crescita in moltissimi paesi europei, a cominciare dalla Germania, passando anche per l'Italia. Secondo l'ultimo Rapporto Assalzo-Zoomark, che ogni anno documenta l'evoluzione del mercato del pet food e del pet care nel nostro paese, i 20 milioni di cani e gatti nelle case degli italiani muovono un giro d'affari che supera i 3,1 miliardi  di euro.

"Non ci risulta alcun consumo", spiega Acito. Al momento, quindi, manca un mercato vero e proprio che possa svilupparsi all'interno delle comunità europee.

Tutte le foto e i video sono gentilmente concesse da Davide Acito

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