UN PROGETTO DI
18 Settembre 2025
12:25

Il gipeto è un “archeologo” alato: nei suoi nidi trovati reperti e manufatti umani accumulati nel corso dei secoli

Uno studio svela che i nidi dei gipeti sono delle vere e proprie capsule del tempo. All'interno sono stati trovati oggetti e manufatti umani risalenti a secoli fa, come frecce, tessuti, un sandalo quasi intatto e una pelle di pecora dipinta del XIII secolo. I nidi di questi avvoltoi usati dagli uccelli per secoli sono dei veri musei archeologici naturali.

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Un gruppo di ricercatori ha analizzato i nidi dei gipeti presenti in Andalusia da secoli. Al suo interno, son ostati trovati oggetti e manufatti umani risalenti a secoli fa. Immagine di alcuni dei reperti da Margalida et al., 2025

Il gipeto è uno dei rapaci più maestosi e affascinanti d'Europa. Conosciuto anche come avvoltoio degli agnelli o barbuto, si nutre quasi esclusivamente di ossa e vive e nidifica tra le montagne in luoghi impervi e inaccessibili. Costruisce i suoi enormi nidi che possono superare i due metri di diametro su pareti rocciose e li riutilizza anno dopo anno e di generazione in generazione. Alcuni sono attivi o sono stati usati nell'arco di decenni o secoli, diventando così veri archivi naturali, come dimostra uno studio pubblicato di recente su Ecology.

Ed è da qui che un gruppo di ricercatori spagnoli è partito ponendosi una semplice domanda: "Cosa si nasconde tra i materiali usati per costruire questi nidi?". E la risposta è andata ben oltre le più rosee aspettative. Nei nidi analizzati dai ricercatori sono stati infatti trovati manufatti e oggetti umani risalenti addirittura al XIII secolo, come sandali, corde, pelli dipinte e dardi. Un vero e proprio archivio archeologico che racconta la storia delle comunità umane che convivevano con gli avvoltoi.

I nidi di avvoltoi e rapaci vengono riutilizzati nel tempo

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Avvoltoio e altri grandi rapaci, come le aquile reali, costruiscono enormi nidi su pareti rocciose che vengono riutilizzati anche per secoli

Il gipeto (Gypaetus barbatus) e altri grandi e avvoltoi e rapaci – come le aquile – costruisce enormi nidi a cesta che vengono utilizzati o sopravvivono nel corso dei decenni, a volte persino secoli. Gli ornitologi hanno infatti documentato casi sorprendenti in diverse specie. Ci sono per esempio nidi di girfalco in Groenlandia utilizzati ininterrottamente da ben 2.500 anni, oppure nidi di aquila reale rimasti attivi per oltre mezzo millennio.

I nidi vengono costruiti quasi sempre tra sporgenze, anfratti e cenge rocciose inaccessibili protetti da pioggia, vento e altre intemperie. E così, man mano che vengono utilizzati e "riparati" negli anni, conservano tutti resti organici e inorganici nel tempo in uno stato incredibilmente buono. Ecco come i nidi di avvoltoi e altri grandi rapaci si trasformano così in veri e propri "musei" nascosti tra le rocce, in grado di raccontare storie che intrecciano ecologia, comportamento, storia ed etnografia.

Lo "scavo archeologico" nei nidi di gipeto in Andalusia

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I ricercatori hanno trattato i nidi come un vero scavo, separando tutti resti organici e inorganici trovati all’interno. Immagine da Margalida et al., 2025

Tra il 2008 e il 2014 un team di ricercatori spagnoli ha quindi trattato i nidi storici del gipeto ancora presenti in Andalusia come dei veri e propri siti archeologici. La specie in questa regione è scomparsa come nella maggior parte dell'Europa da decenni o secoli, ma alcuni dei nidi costruiti e utilizzati in passato dalla specie sono ancora lì, intatti e protetti tra le pareti rocciose. Sono più di 50 i nidi di gipeto censiti, dodici dei quali sono stati analizzati con approccio stratigrafico, come in vero scavo archeologico.

E il bottino trovato dai ricercatori è stato impressionante: 2.483 reperti recuperati. La maggior parte erano ossa di animali (2.117), testimonianza della dieta tipica di questi rapaci. C'erano anche frammenti di gusci d'uovo (43), prova invece dell'avvenuta riproduzione. Ma il colpo di scena è arrivato da tutto resto. Ben il 9,1% dei reperti trovati all'interno dei nidi erano di origine umana, ben 226 oggetti che coprono un arco temporale di secoli.

Cosa è stato trovato nei nidi di gipeto: tessuti, dardi e sandali risalenti a secoli fa

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Tra i reperti umani, son ostati trovati tessuti, corde, ceste, dardi e un sandalo quasi intatto. Immagine da Margalida et al., 2025

Tra questi, sono stati trovati frammenti di tessuti, pezzi di pelle conciata, dardi, punte di balestra, resti di corde intrecciate e addirittura un sandalo quasi intatto. Con l'analisi al radiocarbonio alcuni di questi reperti hanno rivelato un'età di oltre sei secoli. Un frammento di cesta, per esempio, è stato datato a 674 anni fa; l'espadrilla quasi perfetta risaliva al tardo XIV secolo; mentre un pezzo di pelle ovina dipinta con ocra per riprodurre una sorta di maschera ha riportato indietro le lancette della storia fino al XIII secolo.

Tutti questi ritrovamenti dimostrano che il gipeto non è solo un rapace purtroppo minacciato e da proteggere, ma anche un inconsapevole archivista della sua e della nostra storia. Nei suoi nidi ha accumulato non solo le ossa che raccontano la sua ecologia e i gusci che documentano la riproduzione, ma anche manufatti e reperti che testimoniano la vita delle comunità umane che abitavano le stesse montagne.

Il gipeto, custode inconsapevole della memoria storica

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Il gipeto e i suoi nidi custodiscono la memoria ecologica e storica dei luoghi in cui nidificano

Il valore di queste scoperte è trasversale. Dal punto di vista scientifico, i gusci d'uovo conservati offrono l'opportunità di studi tossicologici retrospettivi, fondamentali per capire come pesticidi e contaminanti abbiano influito sulla sua scomparsa dalla penisola iberica. Dal punto di vista etnografico, invece, i manufatti accumulati e conservati nei suoi nidi sono una rara finestra aperta su tradizioni artigianali e tecnologie che potrebbero risalire persino a migliaia di anni fa.

Così il gipeto emerge come un "archeologo alato", un avvoltoio che, in maniera inconsapevole, ha custodito memorie materiali di uomini e ambienti. I suoi nidi sono archivi naturali che ci insegnano anche come la storia della fauna e quella delle comunità umane siano intrecciate da sempre. E oggi, mentre la specie torna lentamente a popolare le Alpi e i Pirenei grazie ai progetti di reintroduzione, quei nidi ci ricordano che la conservazione non è solo tutela di un rapace raro, ma la protezione di un'eredità condivisa, fatta di ossa, piume, fibre vegetali e tracce di memoria.

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