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Dopo quasi mezzo secolo di assenza, il capovaccaio, il più piccolo tra gli avvoltoi europei e uno dei più minacciati, ha nidificato di nuovo nel Parco Regionale delle Madonie, in provincia di Palermo. A confermare il ritorno, accolto con entusiasmo dall'intero movimento italiano della conservazione, è la Fondazione Internazionale Biodiversità del Mediterraneo (Fibmed), che segue da anni la tutela della specie sull'isola.
Il nido è stato trovato lo scorso giugno, quando è stata confermata la nascita di un piccolo, nato da una coppia che si era insediata nella zona già nel 2024 e che quest'anno ha portato a termine con successo la nidificazione. Se tutto andrà come previsto, il giovane avvoltoio prenderà il volo ad agosto, segnando un traguardo fondamentale per la sopravvivenza di una specie che, in Italia, è a un passo dall'estinzione.
Un ritorno atteso da decenni

Negli anni 70, il capovaccaio (Neophron percnopterus) era un uccello tutt'altro che raro: le coppie nidificanti nel nostro paese erano circa cinquanta, distribuite soprattutto in Sicilia e in altre regioni del Sud. Oggi, invece, la popolazione italiana è ridotta a sole 4 o 5 coppie, sparse tra Sicilia, Sardegna e altre regioni dell'Italia meridionale. Nelle Madonie, l'ultima nidificazione documentata risaliva agli anni 80, poi la specie era completamente scomparsa.
Questo successo è il frutto di anni di progetti di conservazione e lavoro sul campo, anche attraverso l'installazione di un carnaio dove vengono regolarmente depositate carcasse di daini e cinghiali provenienti dai piani di abbattimento selettivo del Parco. Si tratta di un importante intervento di supporto non solo per il capovaccaio, ma per tutti gli altri grandi uccelli necrofagi, come il grifone (Gyps fulvus) che fanno sempre più fatica a trovare animali già morti per alimentarsi.
L'avvoltoio degli Antichi Egizi

Il capovaccaio è conosciuto anche come "avvoltoio degli Egizi" perché la sua figura stilizzata compariva nei geroglifici dell'Antico Egitto, dove rappresentava la lettera "A". È lungo poco più di 60 cm con un'apertura alare di circa 1,7 metri e come altri rapaci necrofagi ha un ruolo ecologico cruciale per gli ecosistemi, contribuendo allo smaltimento naturale delle carcasse e limitando così la diffusione di agenti patogeni.
Le minacce che ne hanno causato la scomparsa vanno dal bracconaggio e dall'avvelenamento, fino all'alterazione dell'habitat, alle collisioni con le infrastrutture umane come cavi elettrici e turbine eoliche e al disturbo nei siti di nidificazione. Ecco perché questo ritorno, documentato anche dal fotografo naturalista Matteo Orlando, autore di un libro sulla fauna delle Madonie, assume un importanza notevole per l'intero movimento italiano della conservazione della biodiversità.