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6 Ottobre 2025
12:30

I traumi dell’infanzia condizionano la vita dei cani: chi ha subito maltrattamenti è a maggior rischio di aggressività

Uno studio ha indagato sui traumi del passato subiti dai cani entro i sei mesi di vita e come violenze, abbandoni e altri soprusi abbiano inciso sulla personalità. I risultati hanno messo in evidenza che di fronte a questo tipo di sofferenze da adulti vi è maggiormente la possibilità di sviluppare comportamenti aggressivi o di avere un profilo caratteriale timoroso dettato dalla paura di base.

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La violenza che si subisce quando si è piccoli rimane come una cicatrice dell'anima che pulsa continuamente e che può portare ad una reazione di difesa aggressiva in età adulta. No, non stiamo parlando di quel che accade spesso a persone che hanno subito maltrattamenti durante l'infanzia ma di cani. E, ancora una volta, è la scienza a certificare quanto siano simili i percorsi di vita dell'uomo e del suo "migliore amico" e che coinvolgono la sfera psicologica e il campo dell'esperienza di ogni singolo individuo.

Nei cuccioli, proprio come accade ai piccoli umani, l’infanzia è il "luogo" in cui si è senza difese. Chi ci circonda ha la responsabilità di badare al nostro benessere e quando ciò non accade ma si subiscono dei traumi, quello che viviamo può incidere sul nostro carattere e nella formazione della nostra futura personalità. Lo stesso avviene per i cani.

I traumi subiti nei primi sei mesi di vita possono portare all'insorgenza di comportamenti aggressivi o di profili timorosi

Uno studio pubblicato su Scientific Reports ha messo in luce questo aspetto molto importante per comprendere quanto sia determinante l'esperienza pregressa che hanno vissuto i cani che poi vengono definiti "pericolosi", ovvero che hanno comportamenti aggressivi. Questi animali ,se hanno subito traumi durante i primi sei mesi di vita, potrebbero infatti per questo motivo aver evoluto da adulti atteggiamenti aggressivi o aver sviluppato un profilo timido e timoroso.

Un team di ricercatori dalla formazione multidisciplinare di diverse università degli Stati Uniti ha analizzato le risposte date da persone che vivono con 211 cani di differenti razze. I dati sono stati estrapolati da quasi 5000 questionari in cui le persone hanno descritto il carattere del proprio compagno a 4 zampe andando però in profoncdità, ovvero riportando l'attuale stato emotivo degli animali, le esperienze vissute nei primi sei mesi di vita (abusi, abbandoni, altri tipi di maltrattamento nel caso in cui li abbiano subiti). Elaborate queste risposte, le persone di riferimento hanno dovuto rispondere anche al cosiddetto "test C-BARQ" che viene praticato negli Stati Uniti. Si tratta di un metodo di valutazione volto a monitorare emozioni e comportamenti: dalla paura al livello di aggressività.

Ciò che è emerso è che soggetti che avevano subito qualche forma di vessazione nei primi sei mesi di vita avevano sviluppato maggiormente la possibilità di reagire in modo aggressivo di fronte a situazioni valutate come "pericolose" dall'animale o di avere un profilo timoroso. Questi risultati sono stati identici tanto per le femmine quanto per i maschi e non cambia nulla rispetto all'età di ogni cane valutato. Significativo, invece, è la razza cui appartengono gli animali soprattutto a causa della selezione operata dagli esseri umani ma sempre contestualizzato all'ambiente e alle esperienze vissute dal cane.

"La nostra analisi ha rivelato che esperienze avverse nei primi sei mesi di vita, come abusi e abbandono, erano significativamente associate a un aumento dell'aggressività e della paura in età adulta, anche tenendo conto di fattori come la fonte di acquisizione, il sesso e la sterilizzazione – precisano nel paper gli autori – Inoltre, gli effetti delle avversità sul comportamento timoroso e aggressivo variavano sistematicamente a livello di razza, suggerendo fattori ereditari di rischio e resilienza per lo sviluppo di particolari fenotipi. I nostri risultati stabiliscono che l'ascendenza di razza e l'esperienza individuale interagiscono nel manifestare paura e comportamento aggressivo nei cani da compagnia, confermando che il comportamento socioemotivo è plasmato dalle interazioni gene-ambiente".

La stretta correlazione tra genetica e esperienze vissute

Il punto fondamentale che questo studio mette in evidenza è che la personalità di un cane è un insieme di elementi che dipendono dalla genetica, dall'ambiente e dalle relazioni in cui l'animale esperisce la sua vita, soprattutto nei primi mesi in cui il cucciolo ha bisogno delle coordinate per affrontare il mondo e subisce invece maltrattamenti che avranno influenza sul suo carattere da adulto.

Relativamente alle razze i cui individui di appartenenza hanno più manifestato un comportamento aggressivo o l'insorgenza di un profilo pauroso sono emersi ad esempio i Siberian Husky, mentre cani come Labrador e Golden Retriever hanno mostrato maggiore resilienza ai traumi subiti da cuccioli.

Questo studio può rappresentare una pietra miliare dal punto di vista scientifico rispetto all'importanza di far comprendere che un cane è un soggetto dotato di emozioni e cognizioni e che ogni individuo ha la sua personalità, frutto appunto di un percorso di vita cui bisogna tenere conto nel momento in cui si interagisce con un quattro zampe.

Da anni, ormai, la cinofilia moderna ha compreso che l'approccio con "il miglior amico dell'uomo" non è solo badare alle cure base come il provvedere al cibo e alle necessità fisiologiche ma vedere l'animale anche come un individuo la cui sfera emotiva, e il relativo benessere psicologico, sono parti fondamentali perché si possa parlare di vera relazione.

Ancora, troppo spesso, i casi di cronaca che vengono raccontati sui media rimandano l'immagine di "cani killer" e non ci si concentra appunto sulla storia di quel singolo individuo e sui motivi per cui avvengono tragedie dovute a comportamenti aggressivi da parte dell'animale ma indotti da relazioni disfunzionali con le persone di riferimento che non hanno mai valutato effettivamente la personalità, i desideri e i bisogni del loro compagno canino.

Il vissuto di un cane è fondamentale per comprendere le dinamiche e anche conoscere il suo passato aiuta a prevenire situazioni di pericolo per le persone ma anche per il cane stesso, solitamente poi condannato senza appello e relegato, bene che gli va, in canile. Questa soluzione, poi, è attuabile in paesi come l'Italia, in cui la pratica dell'eutanasia e una extrema ratio che praticamente non viene mai applicata, ma già solo negli Usa, paese nel quale è stata condotta questa ricerca, la maggioranza degli Stati applica la "pena di morte" a prescindere poi dal comportamento del cane ma solo già perché dopo un determinato tempo senza ricevere richiesta di adozione si procede con l'eutanasia per liberare posti nei canili.

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