UN PROGETTO DI
20 Novembre 2025
17:31

I procioni che vivono in città si stanno “domesticando” e la colpa è dell’immondizia

I procioni urbani hanno musi più corti e meno paura degli esseri umani: l’immondizia che li attira in città sta favorendo caratteristiche simili alla domesticazione, guidando l’evoluzione in ambiente urbano.

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I procioni sono ormai una presenza fissa in alcune città nordamericane

In molte città degli Stati Uniti i procioni sono ormai una presenza fissa tra i bidoni, i parchetti e i vicoli. Animali notturni, curiosi e sorprendentemente intelligenti, hanno infatti imparato da parecchio tempo a convivere con noi umani sfruttando i nostri scarti. Ma secondo un nuovo studio pubblicato recentemente sulla rivista Frontiers in Zoology, questa convivenza potrebbe essere arrivata a un punto imprevisto: i procioni urbani starebbero mostrando i primi segni di una vera e propria domesticazione.

I procioni che vivono in ambiente urbano stanno infatti evolvendo caratteristiche diverse da quelle dei "cugini" che vivono lontano dalle città. Caratteristiche che ricordano molto da vicino quelle che abbiamo intenzionalmente selezionato noi umani in cani, gatti e altri animali domestici. E il motore di questo processo di domesticazione involontario sarebbe una delle conseguenze più evidenti del nostro vivere cittadino: l'immondizia.

Come si "domestica" un animale senza volerlo

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Gli scienziati volevano capire se vivere in un ambiente urbano potesse avviare spontaneamente dei processi di domesticazione come avvenuto per cani, gatti e altri domestici

I primi animali domestici che ci vengono in mente sono cani, gatti, pecore o mucche, specie allevate e selezionate per generazioni affinché diventassero più docili, meno aggressive, più adatte alla vita accanto alle persone. Un processo lento, avvenuto grazie alla scelta mirata degli individui con caratteristiche desiderabili e molto precise. Ma la domesticazione può anche cominciare senza un intervento diretto dell'essere umano.

Succede quando gli animali scoprono un nuove nicchie ecologiche create dalla nostra presenza, come un ambiente ricco di risorse facili, che premia chi non ha paura di avvicinarsi ai nostri spazi.

È quello che si stanno chiedendo i ricercatori coinvolti nella nuova ricerca. "Volevo capire se vivere in un ambiente urbano potesse avviare spontaneamente dei processi di domesticazione in animali che oggi non consideriamo domestici", ha spiegato in un comunicato Raffaela Lesch dell'Università dell'Arkansas a Little Rock, autrice principale dello studio. "I procioni potrebbero trovarsi sulla strada della domesticazione semplicemente stando vicino agli esseri umani?".

Il ruolo della spazzatura: cibo facile per chi sa rischiare

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Per gli animali urbani i nostri rifiuti sono una fonte di cibo facile e praticamente infinita, ma solo i più "coraggiosi" riescono a sfruttarla

Per i procioni, il "premio" offerto dall'ambiente urbano è piuttosto chiaro: i nostri rifiuti. Avanzi di cibo, scarti, sacchetti lasciati incustoditi o bidoni non chiusi sono per questi e altri animali un vero e proprio banchetto gratis. "È proprio l'immondizia a far partire tutto", ha sottolineato Lesch. "Per loro è un pasto facile: non devono fare altro che tollerare la nostra presenza, evitare di essere aggressivi e possono mangiare tutto ciò che buttiamo via".

In altre parole, ai procioni più coraggiosi – quelli che non scappano al primo rumore, che si avvicinano alle case e ai cassonetti – la città offre un vantaggio. E la natura, lentamente, premia chi ha le caratteristiche giuste per sfruttarlo, spesso "modificandoli" fisicamente più o meno come hanno fatto gli esseri umani con i lupi e gli altri antenati selvatici di tutti gli animali domestici che conosciamo oggi.

I procioni cittadini hanno il muso più corto: il primo segnale di domesticazione

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I procioni che vivono in ambiente urbano hanno il muso più corto, uno dei tratti tipici della "sindrome della domessticazione". Immagine da Apostolov et al., 2025

Gli autori hanno quindi analizzato quasi 20mila fotografie caricate dagli utenti su iNaturalist, una piattaforma di citizen science in cui naturalisti professionisti e appassionati condividono osservazioni di fauna selvatica. Confrontando poi le immagini dei procioni che vivono in zone densamente popolate con quelle provenienti da aree rurali, il risultato è stato evidente: i procioni di città hanno un muso più corto del 3,5% rispetto ai loro parenti che vivono in campagna.

Può sembrare una differenza minima, ma in biologia l'accorciamento del muso è uno dei segnali tipici della cosiddetta "sindrome della domesticazione", ovvero un insieme di caratteristiche fisiche, ma anche comportamentali, che emergono negli animali che iniziano a vivere   stabilmente accanto agli esseri umani. Tra questi – oltre al muso più corto – ci sono anche orecchie più morbide e flosce, macchie bianche sul mantello e una minore risposta alla paura.

Tutte o quasi queste caratteristiche compaiono spesso insieme e secondo studi recenti sarebbero legati a cambiamenti nelle cellule della cresta neurale, cellule staminali embrionali che contribuiscono a formare molte strutture del corpo, inclusi cranio, pigmentazione e sistema nervoso. E se la teoria è corretta, un procione che in città "impara" a non temere la nostra presenza potrebbe sviluppare anche altri cambiamenti fisici collegati allo stesso processo biologico, come appunto il muso più corto.

Paura ridotta, muso più corto: due facce della domesticazione

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Involontariamente, stiamo selezionando procioni con caratteristiche e processi simili a quelli che hanno portato alla nascita degli animali domestici

Avere meno timore verso gli esseri umani, infatti, è una caratteristica indispensabile per chi sfrutta le risorse offerte dagli ambienti urbani densamente abitati da persone. E generazione dopo generazione, questo comportamento può diventare sempre più comune e diffuso. Lo studio suggerisce quindi che il cambiamento nella forma e nella lunghezza del muso dei procioni potrebbe essere un "effetto collaterale" di questa selezione naturale che premia gli individui più "coraggiosi".

In altre parole, i procioni che non hanno paura degli esseri umani, si avvicinano di più, trovano più cibo, si riproducono più facilmente e lasciano in eredità questa caratteristica e tutte le altre collegate che somigliano molto a quelle degli animali che abbiamo domesticato intenzionalmente nel corso dei secoli o dei millenni. Il team vuole ora capire se lo stesso fenomeno riguarda anche altri animali urbani che vivono stabilmente nelle città nordamericane, come per esempio gli opossum.

Cosa succederà in futuro?

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Senza volerlo, stiamo forse creando una nuova generazione di animali "semi–diomestici"

Se dovessero emergere schemi simili anche in altre specie ormai urbane, sarebbe un'indicazione forte che la semplice presenza umana potrebbe da sola essere già sufficiente ad avviare processi di domesticazione, anche senza alcun intento da parte nostra. La vera domanda, però, è un'altra: siamo pronti a convivere con animali che imparano a vivere sempre più vicino a noi? Gli stessi procioni, per quanto simpatici, possono creare problemi di convivenza, soprattutto quando perdono del tutto la paura e iniziano a entrare in case, garage e sottotetti.

La loro "domesticazione involontaria" ci ricorda che ogni nostra azione – anche involontaria – può modificare gli ecosistemi urbani, a partire da un gesto apparentemente banale come lasciare un sacchetto dell'umido fuori dal cassonetto. E così, tra le metropoli e le città di tutto il mondo, potremmo star contribuendo – senza volerlo – a creare la prossima generazione di animali semi-domestici. A partire proprio da quei procioni col muso un po' più corto che, notte dopo notte, fanno festa tra i nostri rifiuti.

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