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Da sempre noi esseri umani siamo alla ricerca di un modo per rallentare l'inesorabilità del tempo. E proprio per questo, anche gli scienziati continuano a interrogarsi sui meccanismi biologici che regolano l'invecchiamento, alla ricerca di risposte che ci aiutino a capire – e magari a rallentare – il declino biologico. All'interno di questo filone, uno studio recentemente pubblicato su PNAS aggiunge un ulteriore tassello, per certi versi del tutto inaspettato.
Nei fenicotteri, viaggiare sembra allungare la giovinezza. Gli individui che infatti compiono lunghe e rischiose migrazioni invecchiano più lentamente rispetto ai loro simili più sedentari, quelli che trascorrono tutta la vita sempre nello stesso luogo.
I fenicotteri della Camargue, tra migratori e stanziali

Lo studio è stato condotto da diverse università e istituti di ricerca alla Camargue, una delle più importanti zone umide d'Europa situata a sud di Arles, in Francia. Qui vivono tantissimi uccelli acquatici, tra cui un'importante popolazione di fenicotteri rosa (Phoenicopterus roseus), tra le più numerose di tutta l'Europa. Non tutti i fenicotteri della Camargue conducono però lo stesso stile di vita. Come accade anche per altre specie – spesso definite migratrici "parziali" – una parte della popolazione migra, mentre un'altra rimane lì tutto l'anno.
Alcuni sono quindi stanziali e restano per tutto l'anno nello stesso ambiente, mentre altri migrano verso l'Italia, la Spagna o le coste del Nord Africa per trascorrere l'inverno. Una differenza di comportamento che, secondo i dati raccolti dagli autori, incide direttamente anche sul ritmo dell'invecchiamento, ma in maniera del tutto imprevista. I fenicotteri che migrano, nonostante la fatica e le difficoltà di questo rischioso viaggio, invecchiano più lentamente di quelli stanziali.
Il risultato non è frutto di un'osservazione casuale. Da quasi quarant'anni, infatti, i fenicotteri della Camargue vengono regolarmente marcati con anelli identificativi e monitorati con un programma di ricerca che oggi rappresenta un archivio unico ed enorme nel suo genere. E proprio grazie a questa mole di dati, i ricercatori hanno potuto così ricostruire con precisione la durata della vita di migliaia di individui migratori e non.
Un compromesso tra giovinezza e sopravvivenza

L'analisi dimostra che i fenicotteri stanziali cominciano a mostrare i primi segni di declino – come i tassi riproduttivi e di mortalità – intorno ai 20 anni, mentre quelli migratori mantengono più a lungo la loro vitalità, iniziando a invecchiare mediamente "solo" dopo i 22 anni. Pochi anni di differenza che, in una specie che in natura può arrivare facilmente a 30 anni e in cattività superare anche abbondantemente i 50, possono comunque avere un peso significativo. Tuttavia, il "vantaggio" dei migratori non è naturalmente privo di costi.
Chi viaggia affronta inevitabilmente rischi maggiori nei primi anni di vita, con una mortalità giovanile molto più alta e un successo riproduttivo complessivamente inferiore rispetto ai fenicotteri che non migrano. Questi ultimi, al contrario, possono godere di una vita più stabile e sicura da giovani, anche se invecchiano più rapidamente.Si tratta dunque di un compromesso molto delicato.
I fenicotteri che "scelgono" di migrare pagano con maggiori difficoltà iniziali, ma ottengono in cambio una giovinezza prolungata e una vita riproduttiva più lunga. Quelli stanziali, invece, "scommettono" sulla sicurezza dei primi anni, accettando però un invecchiamento precoce. Questo studio dimostra quindi che l'invecchiamento non segue un'unica traiettoria nemmeno all'interno della stessa specie. A influenzarlo sono fattori genetici, ambientali e anche comportamentali, che interagiscono tra loro in modi ancora del tutto da chiarire.