UN PROGETTO DI
13 Novembre 2025
15:09

I capodogli “parlano” usando le “vocali”: siamo sempre più vicini a decifrare il loro linguaggio

I capodogli utilizzano suoni simili alle vocali umani. Lo dimostra un nuovo studio condotto dai ricercatori del Project CETI e che ci avvicina ulteriormente a decifrare il loro linguaggio.

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I capodogli possiedono un linguaggio molto più complesso e articolato di quanto avessimo mai immaginato, fatto secondo un nuovo studio anche di vocali e dittonghi simili ai nostri

I capodogli comunicavano con una serie di "clic" emessi sott'acqua, lontanissimi dalla complessità dei canti melodiosi delle megattere. Eppure, dietro quei suoni metallici e apparentemente ripetitivi si nasconde un linguaggio molto più complesso e articolato di quanto avessimo mai immaginato. Lo stiamo scoprendo solo ora, anche grazie all'Intelligenza Artificiale e ad alcuni progetti di ricerca molto ambiziosi, come il Project Cetacean Translation Initiative, meglio conosciuto come Project CETI.

E ora, proprio grazie ai ricercatori del CETI, siamo ancor più vicini a decifrare questo linguaggio. Secondo infatti un nuovo studio pubblicato sulla rivista Open Mind, alcuni elementi della comunicazione vocale dei capodogli funzionerebbero in modo molto simile alle nostre vocali, come la "A" e la "I". Un passo avanti straordinario nel tentativo di tradurre la "lingua" di un'atra specie vivente, un obiettivo considerato quasi impossibile fino a non molto tempo fa.

Il progetto che vuole "tradurre" la lingua dei capodogli

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Da alcuni anni i ricercatori del Project CETI stanno catalogando e i "clic" e gli "schiocchi" dei capodogli per provare a tradurre il loro linguaggio

A differenza delle megattere e altri misticeti (le "vere" balene, quelle con i fanoni), i capodogli (Physeter macrocephalus) comunicano attraverso brevi e potenti impulsi sonori chiamati "codas". Questi clic sono talmente forti da ricordare il suono di un martello pneumatico sott’acqua, e possono viaggiare per chilometri attraverso gli oceani. Da anni si sa che i capodogli usano questi "schiocchi" per riconoscersi, coordinarsi durante la caccia o comunicare all’interno del proprio gruppo sociale, ma la reale struttura del loro linguaggio è sempre rimasta un enigma.

È qui che entra in gioco il Project CETI, un ambizioso progetto internazionale che riunisce linguisti, biologi, informatici e ingegneri per realizzare un obiettivo quasi fantascientifico: tradurre la lingua dei capodogli. Dal 2018, il team guidato dal biologo Shane Gero e dal linguista Gašper Beguš monitora le popolazioni di capodogli che vivono al largo di Dominica, nei Caraibi. Centinaia di ore di registrazioni, droni, sensori subacquei e algoritmi di Intelligenza Artificiale vengono usati per catalogare e analizzare migliaia di codas.

Già nel 2024, un gruppo di ricercatori del MIT, parte del progetto, aveva dimostrato che la comunicazione dei capodogli possiede elementi assimilabili al linguaggio musicale umano: ritmo, tempo, variazioni e "ornamentazioni" che rendono ogni sequenza unica. In quell’occasione, il loro "vocabolario" di clic, descritto in uno studio pubblicato su Nature Cmmunications, era passato da 21 a oltre 150 combinazioni diverse. Ma la scoperta annunciata recentemente va ancora oltre.

Le "vocali" dei capodogli

Analizzando più di un migliaio di registrazioni, Beguš e i suoi colleghi si sono accorti che, accelerando artificialmente la velocità dei clic – in modo da renderli più simili al ritmo della parola umana – emergevano sfumature sonore nascoste, simili alle nostre vocali. I ricercatori ne hanno identificate almeno due, paragonabili a una "A" e a una "I", ma sospettano che ne esistano molte altre. Questo significa che i capodogli non producono solo suoni binari, ma modulano le vocalizzazioni in modo fine e intenzionale, un po' come noi muoviamo bocca e lingua per dare forma alle parole.

Pur non "parlando" con la bocca, i capodogli sono in grado di generare i suoni attraverso una complessa struttura di labbra foniche e sacche d'aria all’interno della testa, che funziona in maniera sorprendentemente simile al nostro apparato vocale. Alcuni di questi suoni, spiegano gli autori, mostrano anche variazioni simili ai dittonghi, cioè transizioni fluide da una "vocale" all'altra, un po' come noi quando diciamo "trama" e "trauma" aggiungendo la "U".

La presenza di "vocali" apre quindi la porta a una combinatoria quasi infinita, paragonabile a quella che consente a noi esseri umani di formare parole e frasi. In altre parole, i capodogli potrebbero disporre di una flessibilità comunicativa molto più ampia di quanto si pensasse, con un linguaggio che – per complessità – potrebbe essere tra i più sofisticati dell'intero regno animale.

Quanto siamo vicini a capirli davvero?

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L’alfabeto fonetico dei capodogli è la cosa più vicina al linguaggio umano in un futuro non troppo lontano potremmo probabilmente tradurlo

Questi giganti del mare vivono in gruppi sociali molto uniti chiamati "pod", composti anche da decine di individui che cacciano, si riposano e crescono i piccoli insieme. Ogni pod ha un proprio "dialetto", che i cuccioli imparano lentamente durante la crescita attraverso un ero e proprio processo culturale che va avanti anche per tentativi ed errori. Proprio come accade nei bambini umani, i piccoli capodogli passano una fase di "balbettio", durante la quale sperimentano i suoni prima di imparare a usarli in modo coerente.

Questa incredibile complessità sociale – fatta di cooperazione, memoria e relazioni durature – è probabilmente il motore evolutivo dietro lo sviluppo di una forma di linguaggio così complessa e strutturata. E secondo i ricercatori del CETI, l'alfabeto fonetico dei capodogli è, per quanto ne sappiamo oggi, la cosa più vicina al linguaggio umano mai prodotta da un altra specie animale, perciò si può anche "tradurre".

Nonostante i progressi, gli scienziati sanno naturalmente molto bene che siamo solo agli inizi. Capire cosa si dicono i capodogli richiederà ancora tanti anni di raccolta dati, potenza di calcolo e soprattutto osservazioni comportamentali. Per decifrare un linguaggio, infatti, non basta conoscere i sui suoni, ma bisogna anche sapere cosa succede mentre vengono emessi. Questo studio aggiunge quindi un nuovo livello di complessità e sfumature alla voce dei capodogli e anche non siamo ancora pronti a "parlare" con loro, non ci siamo mai stati così tanto vicini.

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