
Chiunque abbia sperimentato la morte del proprio cane molto probabilmente lo ha visto isolarsi poco prima dei suoi ultimi momenti, come se fosse consapevole di quello che stava per accadere. Se i cani, i nostri amici più fedeli, sanno di stare per morire è una domanda che da tempo si fanno anche gli scienziati, la risposta però è tutt'altro che univoca e scontata come potremmo pensare. Per questo Fanpage.it ha contattato Biagio D'Aniello, professore ordinario di Zoologia all'Università Federico II di Napoli, che ha spiegato i motivi che potrebbero spingere molti cani a isolarsi prima della fine.
È vero che i cani si isolano prima di morire?
I cani, quando stanno molto male, possono isolarsi, e probabilmente le ragioni sono simili a quelle di altri animali: una combinazione di istinto protettivo, debolezza fisica e bisogno di tranquillità. Molti animali in natura mostrano comportamenti di isolamento prima di morire, e il fenomeno è ben documentato in diverse specie. Tra i mammiferi, ad esempio, cervi, alci, caprioli ed elefanti tendono a ritirarsi in luoghi appartati quando sono gravemente debilitati. Anche alcuni uccelli, come i corvi malati, si allontanano dal gruppo e muoiono in aree nascoste. Il comportamento è osservato persino nei pesci: chi ha un acquario sa che un pesce malato spesso si separa dal banco e rimane fermo in una zona riparata.
Perché cani e altri animali si isolano quando stanno male?
Ci sono diverse ragioni. C’è innanzitutto un istinto naturale di protezione: in natura un animale vulnerabile cerca riparo quando non è più in grado di confrontarsi con eventuali predatori o competitori. A questo si aggiunge la semplice mancanza di energie per restare nel gruppo sociale. Un’altra ipotesi riguarda una forma primitiva di distanziamento sociale: alcuni animali malati si isolano spontaneamente per ridurre il rischio di contagiare i propri conspecifici. Esempi classici sono le api malate che abbandonano l’alveare o le formiche infette che si allontanano dal nido per non mettere in pericolo la colonia.
Anche noi, quando siamo debilitati, tolleriamo meno il rumore, la presenza di persone o l’attività attorno a noi. Tuttavia, è fondamentale ricordare che non tutti i cani si comportano così. I cani malati cercano anche ciò che per loro è più consolatorio. Se il legame con il proprietario è particolarmente forte, la risposta al malessere può non essere l’isolamento, ma al contrario la ricerca di vicinanza, di contatto e di rassicurazione fino alla fine. Chi ha perso il proprio cane lo avrà forse sperimentato: alcuni se ne vanno in silenzio in un angolo, altri non vogliono lasciare il fianco della loro persona neanche negli ultimi momenti. Quindi, l’isolamento può accadere, ma non è una regola universale. Dipende dal cane, dalla sua storia, dal suo carattere e da ciò che gli dà conforto.
Quindi i cani capiscono quando stanno per morire?
È una domanda molto difficile, perché implica concetti cognitivi molto complessi come la consapevolezza di sé, la percezione del futuro e comprensione astratta della morte. Prima di tutto bisognerebbe chiedersi se i cani hanno una vera consapevolezza di sé. La consapevolezza di sé, in senso umano, significa riconoscersi come individuo distinto dagli altri, con una mente propria. I cani non superano il classico test dello specchio, cioè se si guardano allo specchio non si riconoscono. Tuttavia, riconoscono il proprio odore da quello di altri cani. Questo indica una forma di auto riconoscimento, ma non è sufficiente per dire che possiedano la consapevolezza di sé in senso umano.
Però sono consapevoli che qualcosa non va.
Sì, certamente i cani percepiscono il proprio malessere: sentono dolore, debolezza, difficoltà nei movimenti o nel respiro. Sanno che non stanno bene, ma questo non equivale a sapere che stanno per morire. Mentre noi interpretiamo segnali che preludono alla fine, loro semplicemente vivono il momento presente, senza collocarlo in un quadro concettuale più ampio.
Per tutto questo, è probabile che i cani non capiscano di stare per morire nel senso umano del termine. Percepiscono il malessere, vivono il presente, ma non hanno gli strumenti cognitivi per concettualizzare la morte come evento futuro e personale. E forse, da un certo punto di vista, è una fortuna: vivono gli ultimi momenti per quello che sono, non per ciò che temono possa arrivare.
Quando sappiamo che il nostro cane sta molto male, gli stiamo accanto con un forte carico emotivo negativo, tristezza, ansia, preoccupazione. Queste emozioni producono segnali chimici e posturali che il cane percepisce benissimo, anche in condizioni di malessere. Per un animale così sensibile al nostro stato emotivo, tutto ciò può aumentare la sua confusione o il suo abbattimento. È possibile che interpreti il nostro comportamento come un’ulteriore conferma che qualcosa non va, pur senza comprenderne il significato ultimo.
A questo punto però c'è un'altra domanda chiave che dovremmo farci.
Quale?
I cani sono consapevoli del futuro? Se prendete il guinzaglio, anticipano che usciranno. Molti cani nascondono cibo o ossa, mostrando una forma di pianificazione. Ma si tratta di anticipazioni a breve termine, legate a esperienze immediate e routine consolidate.
Avere la consapevolezza della morte, invece, richiede una capacità astratta molto più grande: bisogna comprendere che la vita finisce, che l’individuo può cessare di esistere, e soprattutto che ciò accadrà a sé stessi in un futuro indefinito. È un concetto che richiede un livello di autocoscienza e di pensiero temporale che, per quanto ne sappiamo, i cani non possiedono.