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20 Giugno 2025
13:25

Foche dimezzate in Antartide rispetto a soli 50 anni fa: stanno scomparendo insieme al ghiaccio

In 50 anni, due delle tre specie di foche antartiche si sono dimezzate. Uno nuovo studio pubblicato su Global Change Biology collega il declino degli animali alla riduzione del ghiaccio marino.

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La sopravvivenza delle foche è compromessa dal ritiro dei ghiacci

Le popolazioni di alcune foche dell’Antartide si sono dimezzate nel giro di 50 anni. Lo rivela un nuovo studio sulle popolazioni di foche antartiche nelle Isole Orcadi Meridionali. I risultati sono pubblicati sulla rivista Global Change Biology e dimostrano che le foche dipendono dal ghiaccio marino per la loro sopravvivenza, e la sua diminuzione ne sta compromettendo la sopravvivenza.

Lo studio: 2 specie su 3 di foche antartiche si sono dimezzate

I ricercatori del British Antarctic Survey (BAS) monitorano il numero di foche nelle Isole Orcadi Meridionali, un gruppo di isole antartiche, fin dagli anni 70. Grazie a quasi cinquant'anni di monitoraggio costante delle foche e ai dati satellitari sul ghiaccio marino, sono stati in grado di convalidare le previsioni su come le condizioni del ghiaccio marino modellano l'habitat delle foche. Non si tratta solo di una foto dello stato attuale ma di uno strumento per prevedere il futuro di questi animali, il cui destino è strettamente legato a quello del loro habitat.

Il nuovo studio ha esaminato tre specie: la foca di Weddell (Leptonychotes weddellii); l'otaria orsina antartica (Arctocephalus gazella); l'elefante marino del Sud (Mirounga leonina). Secondo quanto è emerso, le foche di Weddell dipendono fortemente dal ghiaccio marino per riprodursi e nutrirsi, e le otarie orsine antartiche, che si riproducono sulla terraferma ma sono comunque influenzate dagli impatti ambientali sulla catena alimentare, sono diminuite drasticamente, rispettivamente del 54% e del 47% in quasi 50 anni.

I numeri degli elefanti marini del sud hanno condiviso tendenze demografiche simili nel tempo, ma in questo studio non hanno mostrato alcun declino complessivo significativo a lungo termine. I cambiamenti in tutte e tre le specie sono strettamente legati agli spostamenti del ghiaccio marino, al momento in cui si forma e si scioglie ogni anno e alla sua durata.

Il ghiaccio marino plasma il futuro delle foche

Utilizzando i dati satellitari sulla concentrazione del ghiaccio marino a partire dal 1982, il team ha monitorato i cambiamenti annuali nella tempistica, nell'estensione e nella durata del ghiaccio marino, confrontandoli poi con i conteggi delle foche effettuati ogni anno a partire dal 1977.

Il set di dati copre un periodo di riscaldamento a lungo termine, intervallato da una fase di raffreddamento temporaneo, che va dal 1998 al 2014 circa. Questa fluttuazione naturale ha consentito al team di ricerca di osservare come le popolazioni di foche hanno reagito alle mutevoli condizioni del ghiaccio nel tempo, un aspetto su cui gli studi a breve termine possono solo fare delle ipotesi.

I risultati mostrano una profonda variazione nei numeri delle tre specie antartiche nell'arco di quasi cinquant'anni e mettono in discussione le precedenti ipotesi secondo cui il numero di otarie orsine antartiche si fosse stabilizzato nelle Orcadi Meridionali. In realtà, dal 2015 circa, il numero di otarie orsine è diminuito drasticamente e continua a diminuire.

Il ricercatore: "Situazione preoccupante"

Michael Dunn, autore principale dello studio del BAS, ha affermato: "Abbiamo assistito a una ripresa delle popolazioni di otarie orsine nel Sub-Antartide dopo il divieto di caccia negli anni 60. Ma questo studio offre una rara prospettiva sui cambiamenti in atto in una piccola parte dell'Antartide".

Lo studio infatti fa luce sui rischi ecosistemici più ampi e su come il cambiamento climatico stia alterando la già fragile rete alimentare antartica, un sistema da cui dipendono tutte e tre le specie di foche, come sottolinea Dunn: "Per una volta, non ci limitiamo a prevedere come la fauna selvatica potrebbe reagire alla riduzione del ghiaccio marino e ai cambiamenti ambientali, ma abbiamo avuto la rara opportunità di confermarlo, utilizzando dati solidi e a lungo termine. Il quadro che emerge è profondamente preoccupante".

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