
Tutto nasce da una scorretta interpretazione e d'allora si continua erroneamente a parlare del "ruolo del capobranco" nella relazione con il cane. Per parlare di questo tema ancora così "caro" a parte della cinofilia e impresso nel linguaggio comune, bisogna partire proprio dai fondamenti scientifici che portarono a questo errore, così che si possa comprendere che ciò che conta nel rapporto con il proprio compagno di vita a 4 zampe è l'autorevolezza e non certo l'autoritarismo.
Correvano gli anni 70 e 80 del Novecento quando il biologo americano David Mech, considerato uno dei massimi esperti al mondo di lupi, attraverso le sue osservazioni del parente più prossimo al cane arrivò alla conclusione che i branchi fossero appunto dominati da un capo a cui tutti dovevano sottostare. Il problema fondamentale, però, è che Mech fece le sue valutazioni osservando il comportamento di lupi in cattività, ovvero soggetti non imparentati e costretti a una convivenza forzata e la sua teoria fu poi traslata anche su una specie completamente diversa dal suo "antenato", ovvero il cane.
Il luogo comune sulla gerarchia del branco e il concetto di "lupo alfa", ovvero appunto del capobranco, dall'epoca e nonostante lo stesso Mech poi abbia smentito pubblicamente se stesso, continuano ancora oggi ad essere largamente diffusi e traslati sui cani. Queste idee hanno radici profonde e ben radicate nella nostra società ma sono già da tempo diventate obsolete. Oggi sappiamo che i branchi di lupi sono in realtà composti da una unità familiare molto più vicina a noi: padre, madre e figli. E i cani poi, nello specifico, la pensano pure in maniera molto diversa dal loro "cugino", relativamente alle relazioni intraspecifiche e anche a quella con la persona di riferimento.
Perché è sbagliato il "mito del capobranco"
Torniamo dunque a quel giovane biologo che voleva interpretare gli schemi sociali dei lupi e da quelle scelte che lo indussero in errore e che ancora oggi porta le persone ad avere idee sbagliate rispetto alla relazione con il cane e che spesso è anche causa di incomprensioni che portano le persone a rivolgersi a sedicenti esperti che però continuano a dare consigli sbagliati per "gestire" il cane.
Mech in realtà partì dagli studi condotti da un altro etologo negli anni '40, Rudolp Schenkel, che aveva per primo analizzato i comportamenti dei lupi in cattività allo zoo di Basilea, sviluppando la teoria della "dominanza del più forte sui più deboli" in un contesto in cui gli animali erano però costretti a condividere spazi ristretti, non avevano legami di parentela e l'aggressività, e non la dominanza, era finalizzata alla sopravvivenza in un ambiente ostile e con individui sconosciuti.
Partendo così dallo stesso presupposto, Mech cadde nella stessa interpretazione ma si rese conto dell'errore nel momento in cui iniziò il periodo di osservazione dei lupi in natura che lo portò a stravolgere completamente la teoria che anche lui aveva sposato. Il biologo ha poi fondato il Wolf Science Center in Austria che ancora oggi è un punto di riferimento molto importante per chi studia l'etologia canina e dei parenti lupi e ha fatto anche ritirare dal mercato un suo libro del 1970 in cui aveva appoggiato la teoria di Schenkel.
I branchi di lupi in natura non hanno questo tipo di gerarchia, dunque, ovvero come se fossero una società basata sull'aggressività di un singolo au tutti da intepretare in chiave di dominanza. Si tratta invece di gruppi familiari dove c'è una coppia di genitori che funge da guida per i cuccioli e i membri giovani del branco, in fondo come accade anche per noi umani, nel dare un indirizzo alla crescita in base alla condivisione dell'esperienza e non con l'imposizione di una forza bruta e non "ragionata".
Il discorso sui cani poi è assolutamente diverso: bisogna infatti ricordarsi che si tratta di due specie differenti e che la domesticazione ha ampiamente contribuito a rendere il cane un animale a sua volta unico e che ha una propria etologia. La co evoluzione di esseri umani e "miglior amico dell'uomo", del resto, ha inciso anche sulla nostra specie e ciò ha fatto sì che il legame che si è creato tra noi e loro è unico sul Pianeta. Guardando ai cani liberi, ed è solo così che si può davvero poi analizzare il comportamento anche di Fido se si vuole conoscere l'etologia della sua specie, i branchi sono composti da elementi di vario tipo, ognuno con il suo ruolo e rango. I membri poi non hanno necessariamente legami familiari ma stanno insieme in modo flessibile e dipendente più che altro dal contesto in cui si trovano. Ciò non significa che non vi siano vere e proprie alleanze durature nel mondo dei cani senza umani di riferimento ma che il paragone con il lupo, anche in tempi moderni, è scorretto e non ha alcuna corrispondenza scientifica.
Che differenza c'è tra comportamento dominante e "capo branco"
Molto spesso quando si incontra un branco di cani liberi, cosa ormai molto difficile in gran parte del nostro paese a meno che non si viva in alcune aree del centro sud, si tende a cercare di identificare il "capobranco". Ciò che è scorretto di questa interpretazione, principalmente, è che porta dietro l'idea che un unico soggetto sia dominante sistematicamente su tutti gli altri, quando studi scientifici da tempo hanno dimostrato che la gerarchia tra cani si basa su status sociale e ruoli, ovvero con una distribuzione di compiti e posizioni all'interno del gruppo che si basano su ranghi che dipendono, ad esempio, dall'età ma anche dalla funzione che il singolo ha.
Una terminologia corretta, infatti, è quella di parlare di leadership da parte di un soggetto o di un altro dovuta alla sua autorevolezza all'interno del gruppo e a ciò che sa fare e le cosiddette relazioni di dominanza e sottomissione sono parte del repertorio comportamentale tra i vari cani e non necessariamente solo nei confronti di un unico individuo.
Chiariamo però che i termini di "dominanza" e "sottomissione" in etologia hanno un significato preciso, ovvero servono a identificare appunto degli schemi di relazione all'interno di un rapporto tra due o più soggetti. Nel linguaggio comune, invece, soprattutto quando si sente dire "il mio cane è dominante" puntualmente si sta sottintendendo l'interpretazione che si tratti di una sorta di attitudine che manifesta un singolo cane nel rapportarsi agli altri, persone o cani che siano, e che va dunque poi regolata da parte della persona di riferimento imponendosi, appunto, come "capo branco".
I cani ci vedono come capobranco?
L'istruttore cinofilo David Morettini spiega su Kodami che un cane ci dovrebbe vedere come un leader e non come un capobranco. "Il cane si è co evoluto con la nostra specie, negli ultimi almeno 15000 anni, per via di un'organizzazione sociale, di base molto simile alla nostra. L'autorevolezza della leadership è la caratteristica che maggiormente si addice ad un sistema di organizzazione sociale non piramidale ma strutturato in una rete di alleanze affiliative e gruppi di affinità".
Ciò che Fido cerca in noi è un interlocutore di cui abbia fiducia e questa si ottiene solo conquistando la sua stima. Ma cosa significa per un cane attribuire a qualcuno questa importante caratteristica? Avere come persona di riferimento qualcuno che lo rispetta, lo guida con coerenza, sa dare i giusti e opportuni stop e "no" ma sempre nell'ambito del riconoscimento dell'animale come altro da sé.
Come abbiamo diverse volte specificato, il punto non è dominare ma entrare in relazione e far capire al nostro cane che ci sono regole e contesti in cui vanno applicate in base a una comunicazione che deve essere da parte nostra chiara e non equivoca.
Clive Wynne, direttore del Canine Science Collaboratory dell'Università statale dell’Arizona, ha pubblicato uno studio intitolato "Il cane indispensabile" in cui spiega che esiste una forma di "super dominanza" da parte dell'uomo sul cane di casa. L' etologo, specializzato proprio nel comportamento dei cani e dei loro parenti selvatici, ha spiegato che l'essere umano ha nella relazione con il cane il controllo di tutto ciò di cui necessita: dal cibo alle altre risorse, anche relative all'appagamento psichico oltre che fisico. Per questo motivo il nostro compagno canino è sistematicamente dipendente da noi e ciò significa che non c'è bisogno di essere coercitivi o aggressivi, a nostra volta, per ottenere la sua attenzione.
In conclusione, un altro studio scientifico può venirci in aiuto per comprendere bene quanto sia inutile la teoria del capobranco all'interno della relazione con il cane di famiglia e quanto conti invece l'autorevolezza del leader. Sophia Yin, professoressa del dipartimento di Scienze Animali dell'Università della California, nel suo articolo "Dominanza versus leadership nell'educazione del cane" del 2007, ha dimostrato che la costruzione di una relazione basata sulla fiducia è molto più produttiva rispetto a chi tratta il cane con atteggiamenti di supremazia e manifestazioni verbali o fisiche di forza.