
Scroll dopo scroll ci sono video di cui non possiamo fare a meno e, per una volta, non sono contenuti violenti o negativi ma anzi immagini che rendono Internet un "luogo" piacevole da frequentare: quelli che hanno per protagonisti animali che fanno cose, dal nostro punto di vista, adorabili.
Che effetto ci fanno le foto adorabili sul web e come si creano i "ponti emotivi": lo studio
Può essere un gattino che miagola, un cane che si tuffa in acqua felice o anche un animale selvatico che ci fa sorridere o intenerire. L'importante è che siano percepiti come "adorabili" ed ecco che la Rete diventa un "ponte emotivo" tra le persone.
E' questa la definizione che hanno dato gli autori di uno studio intitolato "Incontri affettivi digitali: il ruolo relazionale della circolazione dei contenuti sui social media", pubblicato su Phys.org. Ghalia Shamayleh e Zeynep Arsel, due professori universitari e esperti di marketing, hanno voluto valutare l'impatto delle immagini legate al mondo animale sulla psiche degli utenti, scoprendo che sono quelle che maggiormente colpiscono al cuore e creano emozioni tra persone che così forniscono informazioni sulla loro stessa vita e il mondo in cui si sentono.
Sono tre le ‘fasi' che gli autori hanno identificato. C'è quella che è stata definita come "l'immagine che parla di noi" ("Indexicalization" nello studio), ovvero il caso in cui la persona condivide contenuti che riguardano l'animale con cui vive. Attraverso l'immagine, ad esempio, del gatto assopito sul divano gli autori ritengono che si sta in realtà raccontando qualcosa della propria affettività. L'animale diventa simbolo di ciò che proviamo e rappresenta il messaggio che in quel momento vogliamo dare, che sia un "ti voglio bene" rivolto a qualcuno o appunto una propria emozione che si vuole far sapere attraverso l'immagine dell'amico a quattro zampe.
Il secondo step riguarda ciò che quel contenuto scatena negli altri. Gli studiosi lo hanno definito come "indexicalization" ("indessicalizzazione") che, tradotto, significa che l'immagine riesce a scatenare un contagio emotivo che porta le persone a interagire. Da questo gli esperti hanno anche spiegato perché poi nascono i meme: accade quando qualcosa di strettamente privato incontra l'emozione degli altri e nasce una sorta di codice condiviso, comprensibile a tanti perché ognuno si ritrova in quella immagine.
Gli autori parlano di un "incanto emozionale" che porta alla terza e ultima fase: la decontestualizzazione ("decontextualization"): quel contenuto non è più qualcosa di privato ma è ora in una bolla pubblica che appartiene ormai a chiunque.
Shamayleh e Arsel ritengono dunque che provare affetto nei confronti degli animali trova corrispondenza anche nei sentimenti degli altri, tanto che lo scatto o il video dell'animale diventa un "vettore relazionale".
Il risvolto negativo delle foto tenere degli animali: il business della condivisione social
Lo studio è stato condotto attraverso una serie di interviste rivolte a creator, utenti comuni e follower dei profili social su Instagram in cui vengono pubblicate immagini di animali e si racchiude appunto in tre parole cardine che spiegano il processo emotivo che viene messo in atto: immagine – reazione positiva – condivisione.
Questa analisi profondamente culturale e psicologica dell'uso che la nostra specie fa dei social ha i suoi risvolti legati al marketing, chiaramente, e non solo alla mera creazione di relazioni. C'è, per capirci, un risvolto economico molto forte da parte di chi ne fa un vero e proprio business.
Gli esperti, infatti, non a caso all'interno dello studio citano casi esemplari di animali utilizzati proprio per generare reazioni emotive come l'account dedicato a JiffPom, un Volpino di Pomerania che viene mostrato in versioni del tutto umanizzate (con addosso outfit alla moda, infilato in borse di lusso e toilettatato come un pupazzo) che "ha oltre 30 milioni di follower su TikTok, Instagram e Facebook e ha un pubblico abbastanza ampio non solo da stringere partnership con i marchi, ma anche da capitalizzare su merchandising ed estensioni, tra cui libri, giocattoli e calendari", come precisano gli esperti.

Ciò che dunque emerge chiaramente da questa ricerca è un dato di fatto che non è più un rischio ma una quotidiana realtà in cui incappano coloro che ci stimolano così tanta affettività: gli animali, che sono usati e sfruttati per generare emozioni positive in chi li guarda.