UN PROGETTO DI
27 Novembre 2025
19:46

Dove vedere cetacei e tartarughe nel Mediterraneo: 6.200 avvistamenti svelano le rotte di capodogli e stenelle

Il Mediterraneo si conferma un hotspot di biodiversità: ecco dove gli scienziati di LIFE Conceptu Maris mappano le rotte di cetacei e tartarughe nel Mare Nostrum.

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Il Mediterraneo si conferma uno straordinario hotspot di biodiversità. Lo certificano gli scienziati del progetto LIFE Conceptu Maris che tra il 2022 e il 2024 hanno raccolto oltre 6.200 osservazioni dirette e quasi 500 campioni di DNA ambientale. Questi dati, integrati con le osservazioni storiche raccolte a partire dal 2007, hanno permesso di delineare un quadro mai così dettagliato sulle aree chiave per cetacei e tartarughe marine.

Dove vedere i cetacei nel Mediterraneo: punti chiave tra Italia e Spagna

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Il Mare Nostrum può vantare veri e propri hotspot di biodiversità tra i quali spicca il Santuario Pelagos, tra Corsica e Liguria, dove si concentra circa il 50% delle osservazioni complessive di cetacei, con presenze rilevanti di balenottera comune, capodoglio, zifio, stenella striata.

Di estrema importanza risulta essere il Mare di Alborán a est dello Stretto di Gibilterra, un vero crocevia di vita marina tra Spagna e Marocco, che ospita tutte le specie di cetacei, comprese quelle considerate meno osservabili, come grampi, zifi e globicefali e una consistente presenza di giovani individui di tutte le specie, incluso il delfino comune.

Altre zone strategiche comprendono il Corridoio Spagnolo di Migrazione dei Cetacei tra le Baleari e la costa iberica, l’Adriatico-Ionio e il Tirreno centrale e meridionale, che mostra una crescente presenza di tartarughe comuni.

Per tutte le specie prese in esame dagli scienziati sono stati elaborati modelli di distribuzione che permettono di prevedere dove cetacei e tartarughe marine possono trovarsi con maggiore probabilità. Questi strumenti combinano le osservazioni raccolte durante il progetto con dati ambientali come temperatura del mare, profondità, disponibilità di nutrimento, correnti e molto altro; e con dati storici disponibili dal 2007, per descrivere in modo più completo le preferenze ecologiche di ciascuna specie.

Il vantaggio di questo sistema è quello di offrire una visione dinamica e predittiva in grado di mostrare non solo dove gli animali sono stati osservati, ma anche dove potrebbero trovarsi, fornendo così uno strumento operativo per pianificare misure di conservazione e gestione del traffico marittimo.

"Tutti questi dati confermano la ricchezza del Mediterraneo centro-occidentale e l’importanza delle rotte pelagiche per molte specie di cetacei, comprese quelle più elusive e sensibili ai disturbi acustici e al traffico navale", fanno sapere gli scienziati.

Andando nel dettaglio delle singole specie, scopriamo che lo zifio, non è sfuggito all'occhio degli scienziati. Questo formidabile apneista capace di raggiungere i 3.000 metri di profondità, è una delle specie più difficili da osservare. Anche se molto localizzato, soprattutto nelle aree con canyon sottomarini e acque profonde, negli ultimi cinque anni è diventato una presenza sempre più regolare nel Tirreno e nel Mar Ligure.

Il capodoglio, pur caratterizzato da forti variazioni nel corso degli anni, mostra un quadro di stabilità complessiva, con concentrazioni ricorrenti nelle aree più ricche di canyon sottomarini, come il Tirreno e il Mare di Alborán.

Per la balenottera comune, le serie storiche rivelano fluttuazioni cicliche, con anni di avvistamenti regolari alternati a periodi di minore presenza. Tuttavia, l’andamento recente è positivo, con un picco di osservazioni nell’estate 2023, che conferma l’importanza del Santuario Pelagos come area chiave per l’alimentazione e la riproduzione di questo grande cetaceo. Dopo un calo probabilmente in seguito a una epidemia di morbillivirus del 2016, la stenella striata mostra un chiaro recupero, con gruppi più numerosi e un aumento del numero medio di individui per avvistamento.

Cosa raccontano i dati sullo stato di salute delle popolazioni di cetacei

I dati raccolti da LIFE Conceptu Maris mostrano tendenze incoraggianti per diverse specie: su un totale di 4.150 osservazioni di cetacei, raccolte a fine 2024 durante il progetto, le stenelle striate risultano le più frequenti, con 1.869 avvistamenti, seguite dalla balenottera comune (1.140) e dal tursiope, il tipico delfino costiero (345). Più localizzato il delfino comune (121). Tra le specie che si immergono in profondità risultano ben documentati lo zifio (116) e il capodoglio (108), mentre globicefalo (60) e grampo (49) si confermano più difficili da registrare.

Le tartarughe marine mostrano un trend positivo, con 2.198 segnalazioni e un progressivo spostamento verso ovest e verso nord. Non deve stupirci considerato i numeri record delle ultime deposizioni sulle coste italiane. Inoltre, le osservazioni in mare aperto rivelano una presenza più stabile di quanto si ritenesse, con individui adulti impegnati anche in comportamenti di corteggiamento e accoppiamento.

I dati però hanno confermato anche qualcosa di molto più inquietante sul rapporto tra noi e queste specie chiave per l'ecosistema.

Traffico navale e le maggiori minacce

Le informazioni raccolte nel corso del progetto confluiscono oggi in un ampio database condiviso a livello internazionale, che rappresenta una risorsa strategica per sviluppare misure di tutela più efficaci delle specie pelagiche del Mediterraneo. Questi risultati alimentano un Decision Support System (DSS), uno strumento operativo che integra dati biologici e ambientali per supportare le autorità pubbliche nella pianificazione delle politiche di conservazione e gestione sostenibile.

L’analisi congiunta dei dati ha già permesso di individuare le aree più esposte ai rischi per la fauna marina. Tra questi figura il traffico navale, particolarmente intenso nel Santuario Pelagos, nel Mar di Alborán, in Adriatico e nelle acque intorno alle Isole Baleari. Per questo motivo, lavorare insieme alle compagnie di navigazione è essenziale perché l'aumento delle velocità delle navi commerciali e turistiche accresce il rischio di collisioni, e i risultati del progetto mostrano che neppure le aree protette garantiscono oggi una piena sicurezza.

Anche il marine litter, i rifiuti galleggianti, rappresenta una minaccia crescente, soprattutto in primavera ed estate tende a concentrarsi nel Mar AdriaticoTirreno e Ligure, spesso in coincidenza con le zone di maggiore presenza di tartarughe e cetacei.

Per questo, le aree più ricche di vita devono diventare una priorità assoluta per la conservazione, attraverso regole condivise tra Stati e operatori del settore marittimo. I risultati di LIFE Conceptu Maris forniscono indicazioni preziose per ampliare e rafforzare la rete di aree marine protette, individuando nuovi tratti di mare che meritano una tutela specifica. Tra questi ci sono in primo luogo lo Stretto di Gibilterra e il Mare di Alborán, e poi le acque attorno alle Baleari, il Canale di Sicilia e l’Adriatico, soprattutto per le tartarughe.

"L’obiettivo finale è che i dati e le metodologie sviluppate dal progetto – dai monitoraggi visivi all’analisi dell’eDNA, i cui risultati definitivi saranno disponibili nelle prossime settimane, fino ai modelli di distribuzione delle specie – diventino una base permanente per aggiornare le strategie di conservazione e favorire la creazione di una rete di protezione più estesa ed efficace, affinché il Mediterraneo resti un mare vivo e vitale per le generazioni future", è l'augurio degli scienziati.

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