
Il traffico illegale di animali selvatici è spesso associato a elefanti, rinoceronti, tigri o altre grandi specie "carismatiche". Ma esiste un'altra forma di commercio illegale di fauna, molto meno visibile e per questo ancora più insidiosa: quella che riguarda gli insetti. Un fenomeno in crescita, poco studiato e soprattutto scarsamente contrastato, che rischia di avere conseguenze profonde sugli ecosistemi e sulla biodiversità.
A riportare l'attenzione su questo problema è un nuovo studio condotto da ricercatori della Anglia Ruskin University e della Nottingham Trent University, pubblicato sulla rivista scientifica Laws. Gli autori chiedono con forza di implementare la tutela legale degli insetti nelle normative di protezione fauna selvatica, dopo che un recente caso in Kenya che ha messo in luce tutte le lacune dei sistemi di protezione attuali e la portata di questo fenomeno.
Il caso delle formiche "in provetta": un singolo insetto può valere centinaia di euro

Il caso citato nello studio riguarda la condanna di quattro uomini sorpresi a tentare di esportare illegalmente migliaia di formiche rare dal Kenya, nascoste all'interno di provette. I trafficanti, che avrebbero potuto guadagnare fino a 200 euro per ogni singola formica, sono stati multati per circa 5.800 sterline, con la possibilità di evitare un anno di carcere pagando la sanzione. La notizia aveva fatto rapidamente il giro dei media in tutto il mondo, proprio perché episodi di questo tipo finiscono raramente sotto i riflettori.
Secondo i ricercatori, però, questa enorme visibilità mediatica è ingannevole, poiché non indica un'efficace repressione del fenomeno, ma al contrario dimostra quanto siano rari i procedimenti giudiziari legati al traffico di insetti, nonostante i reati contro la fauna selvatica siano estremamente comuni a livello globale.
Il traffico illegale di insetti: un crimine ambientale sottovalutato

Il traffico di insetti è oggi una componente crescente, ma largamente ignorata e sottovalutata, del commercio illegale di fauna selvatica su scala internazionale. Spesso è alimentato dalla domanda di animali esotici da collezione o da allevamento, come formiche, coleotteri o farfalle particolarmente rare o appariscenti, ma riguarda spesso anche ragni, scorpioni e altri invertebrati. Tuttavia, quasi mai questi traffici – a parte il caso del Kenya – vengono scoperti e fermati.
Il problema è che la rimozione di insetti dai loro ambienti naturali non è affatto innocua. Gli insetti svolgono infatti ruoli fondamentali per la salute e il funzionamento degli ecosistemi: impollinano le piante, contribuiscono alla fertilità del suolo, regolano le popolazioni di altre specie e mantengono in generale più sana della biodiversità. Eppure, proprio mentre il loro declino globale è ormai ben documentato, continuano a essere esclusi dalle principali politiche di conservazione.
Un altro aspetto critico del traffico di insetti è il rischio di introdurre specie aliene in nuovi territori. Quando un insetto viene spostato fuori dal suo areale naturale, può diventare una specie invasiva, cioè capace di diffondersi rapidamente e danneggiare gli ecosistemi locali, con conseguenze imprevedibili per la fauna, la flora e, in alcuni casi, anche per le attività umane, come accaduto con la scoperta recente della formica di fuoco in Sicilia, una delle specie più invasive e dannose del mondo.
Il problema della fauna "carismatica"

Lo studio mette anche in discussione un altro tema centrale nella conservazione: il predominio delle cosiddette specie animali "carismatiche". Elefanti, rinoceronti e grandi mammiferi in generale attirano l'attenzione dell'opinione pubblica e dei decisori politici, mentre le specie più piccole e meno appariscenti vengono sistematicamente marginalizzate. Questa visione antropocentrica influenza le priorità legislative e contribuisce a lasciare gli insetti fuori dalle definizioni legali di fauna selvatica, rendendoli di fatto invisibili agli occhi della legge.
I ricercatori propongono un cambio di prospettiva radicale: superare questo approccio esclusivamente antropocentrico, per adottare un modello di "giustizia ecologica e di specie". In questa visione, anche gli insetti vengono riconosciuti come vittime di reati ambientali e di degrado degli ecosistemi. Lo studio suggerisce anche tre linee d'azione principali: rafforzare l’applicazione delle leggi esistenti, ampliare i quadri normativi coinvolgendo anche ONG e società civile, e investire nell'educazione e nel coinvolgimento del pubblico.
Come ha spiegato Angus Nurse, professore di diritto e giustizia ambientale all'Anglia Ruskin University, "nonostante la portata del problema, il traffico di insetti resta poco studiato e mal compreso. Abbiamo pochi dati sui metodi usati dai criminali, sui mercati di destinazione e sugli impatti reali sulle specie e sugli ecosistemi". Gli insetti svolgono un ruolo vitale negli ecosistemi, ma vengono regolarmente esclusi dalle politiche di conservazione e dalle leggi di tutela per la fauna.
"Questo pregiudizio antropocentrico fa sì che specie meno visibili o meno ‘apprezzate' dagli esseri umani – conclude Nurse – ricevano pochissima protezione, nonostante la loro enorme importanza ecologica".