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La Proposta di Legge avanzata dalla Regione Lombardia perché diventi norma nazionale contiene un emendamento che sta facendo discutere. Con un colpo a sorpresa, infatti, alla normativa proposta per diventare anche legge nazionale è stato fatto una precisazione in cui si stabilisce che chi compra un cane da un allevatore con affisso ENCI non avrà l'obbligo di dover conseguire un patentino per i cani inseriti nella cosiddetta "save list".
Da quando è emerso questo aspetto è scoppiata una vera e propria sollevazione da parte di esperti nel campo della cinofilia: figure professionali di rilievo come i medici veterinari, esponendi delle associazioni animaliste, istruttori ed educatori e tutto il mondo dei volontari e degli operatori di canili che vedono in questa "prescrizione" un favoritismo nei confronti di chi vende i cani e un peggioramento delle condizioni a sfavore di chi decide di adottare dai canili.
Il nodo della questione, per essere chiari non è "patentino sì o no" in questo momento, ma la netta e evidente discriminazione, giustificata nel dettato normativo da questa affermazione: "Gli allevatori assicurano un percorso selettivo sui riproduttori che minimizza tare comportamentali su base genetica. Inoltre il processo di cessione comprende la valutazione delle caratteristiche e dell'iterazione (sic: non "interazione" ma "iterazione" ndr) con l'aspirante proprietario".
Il "no" dei Medici Veterinari
Quello che non va bene in questa modalità di approccio è ben riassunto nella nota dell'Associazione Nazionale Medici Veterinari che ha non solo sottolineato questo aspetto ma anche demolito interamente tutto quanto contenuto nella proposta presentata dal consigliere della Lega Roberto Anelli. "La FNOVI lamenta in primo luogo la mancanza di un coinvolgimento effettivo e scientificamente fondato dei Medici Veterinari ed in particolare dei Medici Veterinari Esperti in Comportamento Animale nella stesura della proposta", scrivono in un comunicato ufficiale in cui è anche sottolineato quali sono le principali criticità:
• Esclusione degli esperti e lacune scientifiche: I Medici Veterinari Esperti in Comportamento Animale, fondamentali per comprendere e gestire l'aggressività canina spesso legata a patologie cliniche o comportamentali, sono stati coinvolti solo marginalmente e le loro osservazioni non sono state integrate nel testo finale. Questo ha portato a una normativa che non affronta le cause profonde dei problemi comportamentali.
• Discriminazione e inefficacia delle liste di razze: L'articolo 1, con la sua "Save List" di 26 razze ed incroci, è ritenuto profondamente discriminatorio e scientificamente carente. Escludere i soggetti iscritti ai libri genealogici e ignorare altre razze con analoghe attitudini comportamentali non solo è ingiusto, ma anche errato perché non tiene in considerazione che l'aggressività canina è influenzata da molteplici fattori (genetici, ambientali, relazionali) non controllabili unicamente dall'allevatore. La registrazione in anagrafe canina, inoltre, non garantisce un'identificazione accurata della razza o del fenotipo.
• Criticità del test CAE1: L'obbligo di formazione teorica e pratica (Art. 3), basato sul test CAE1 (Controllo dell'Affidabilità e dell'Equilibrio Psichico per Cani e Padroni Buoni Cittadini), presenta gravi limiti. Il CAE1 è uno strumento cinotecnico, non diagnostico, e non è validato scientificamente per valutare la salute psicofisica di un cane o la tutela dell'incolumità pubblica. Equiparare cani che non superano il test a soggetti potenzialmente pericolosi, senza episodi di morsicatura, è arbitrario e ingiusto.
• Uso del collare a scorrimento: L'introduzione obbligatoria del collare a scorrimento (Art. 3, Comma 4) è in controtendenza con le raccomandazioni scientifiche e le recenti normative europee, come il nuovo Regolamento della Commissione Europea sul benessere e la tracciabilità di cani e gatti approvato il 19 giugno 2025, che ne vieta l'uso.
• Rischio di sovraffollamento dei canili: Le disposizioni che prevedono il sequestro e l'affido dei cani non gestiti ai canili (Art. 3, Comma 5 e 6) rischiano di aumentare esponenzialmente gli ingressi nelle strutture, creando problemi di sovraffollamento, sicurezza e ingenti costi per le finanze pubbliche. Ciò disincentiverebbe ulteriormente le adozioni di cani già presenti nei rifugi.
• Requisiti strutturali irrealistici: L'Allegato C, che impone modifiche strutturali per le abitazioni che ospitano determinate tipologie di cani, è giudicato problematico. Tali requisiti disincentivano la detenzione di cani basandosi unicamente sulla morfologia e ignorano il benessere animale, oltre a scontrarsi con le normative comunali esistenti sugli immobili.
Il "no" delle associazioni professionali e animaliste
Le associazioni ENPA, HUB Professioni Cinofile (@AIECI – Associazione Istruttori Educatori Cinofili Italiani, @Apnec Nazionale, APNOCS , FICSS Professional) e@V.I.V.A. – Veterinari Italiani contro la Violenza sugli Animali si sono unite per rendere nota la presa di posizione comune sulla proposta di legge della Regione Lombardia. In particolare gli esperti hanno espresso preoccupazione forte nel caso in cui la proposta si trasformi in legge nazionale, specificando i motivi:
- Le cosiddette “save list” o “liste di cani speciali”, non supportate da evidenze scientifiche sulle morsicature effettivamente attribuibili alle razze indicate. In medicina comportamentale e negli interventi educativi e di modificazione comportamentali, si valuta sempre l’individuo nella sua unicità e nel suo contesto familiare e sociale. Simili classificazioni rischiano di alimentare dinamiche discriminatorie, generare allarmismo ingiustificato e incentivare l’abbandono, con gravi ricadute sui canili e sulla spesa pubblica.
- L’assenza di riferimenti a professionisti qualificati, quali i medici veterinari esperti in comportamento animale (MVECA) e gli esperti cinofili in area comportamentale (EsCAC), figure essenziali per prevenire e trattare i sintomi riferibili a patologie comportamentali e problematiche relazionali e comportamentali in modo competente e attraverso azioni sinergiche.
- L’impiego improprio di test cinotecnici nati per altri scopi, non adatti a valutare l’equilibrio emozionale, le competenze sociali e comunicative del cane nelle dinamiche quotidiane. È inoltre fondamentale che la valutazione coinvolga tutti i membri del nucleo familiare per garantire l’effettiva comprensione delle dinami che relazionali interspecifiche.
- L’obbligatorietà di percorsi generici come il “patentino”, senza l’impiego di protocolli multidisciplinari già collaudati, che garantirebbero una reale tutela del benessere del cane, della sicurezza familiare e dell’intero contesto sociale.
- L’assenza di una campagna informativa sistemica sulla prevenzione delle aggressioni, che includa anche le professioni sanitarie umane in ottica one health (medici di base, pediatri, ostetrici, psicologi) e gli operatori socio-assistenziali.
- L’attribuzione di ruoli e competenze a soggetti non qualificati, in contrasto con l’esistenza di professionisti formati secondo criteri riconosciuti dalle normative nazionali. Il mancato recepimento delle osservazioni espresse nelle audizioni istituzionali presso la Regione Lombardia da parte dei Medici Veterinari, Associazioni animaliste e Associazioni professionali cinofile, che avevano espresso critiche e proposte circostanziate, purtroppo rimaste inascoltate.
Le associazioni hanno anche messo in luce che è mancato anche solo un confronto con associazioni professionali che sono iscritte al Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MiMIT), costituite ai sensi della Legge 4/2013, "che tutelano e rappresentano professionisti cinofili formati, aggiornati e certificati. Tali figure operano secondo principi deontologici chiari, protocolli tecnici validati e in piena sinergia con i medici veterinari, rappresentando un presidio competente per la sicurezza, la prevenzione e il benessere animale. Ignorare queste realtà significa non solo disconoscere un intero sistema professionale, ma anche allontanarsi dagli orientamenti indicati nel nuovo Regolamento Europeo sul benessere di cani e gatti e loro tracciabilità*, che valorizza la multidisciplinarietà, la formazione specialistica e l’approccio centrato sull’individuo, animale e umano, in ottica one health/one welfare".
Il comunicato a cui aderire se non si è d'accordo e l'hashtag
Diverse realtà antispeciste e associazioni e strutture con approccio cognitivo zooantropologico come il rifugio Riot Dog molto noto nel mondo della cinofilia dove "gli ospiti possono sperimentare socialità libere dal possesso", hanno lanciato un comunicato a cui si può aderire.
"Di fatto ENCI assicura di selezionare cani affidabili e che gli allevatori con affisso li vendano a famiglie affidabili a tal punto da non dover essere valutati con un test da loro stessi ideato, realizzato, promosso – precisano nel comunicato – Test a dir poco retrogrado che vogliono ora rendere obbligatorio…ma solo per gli altri. Siamo al puro controsenso. Con una legge prima si identificano alcune razze perché potenzialmente pericolose, poi se ne incentiva l'acquisto stabilendo uno specifico esonero da valutazioni, costi e relativi impegni".
In un altro passaggio viene messo in evidenza anche che "a essere messi in discussione sono sempre solo i comportamenti e le vite dei cani e mai le attività allevatoriali che li sfruttano e li sovra-determinano. Soffermiamoci su un dato oggettivo: più del 90% delle 26 razze oggi in questione sono state create negli ultimi due secoli grazie all'opera di enti come ENCI che, a partire dalla sua fondazione nel1882, ha attuato senza scrupoli il suo scopo fondativo: la diffusione e il miglioramento delle razze".
Un passaggio infine rende l'idea di quanto potrebbe accadere nel mondo delle adozioni qualora la proposta diventi davvero legge: "Cosa comporterà l'applicazione di questo scellerato emendamento? Le già poche adozioni dei "meticci/simil razza pericolosa" presto si azzereranno e sarà facile consegnare come un pacco il proprio cane in canile con la scusante dell'impossibilità di adeguarsi ai nuovi criteri gestionali: se non si consegue il patentino infatti sono previsti un'ingente multa e il sequestro del cane. E dove li metteranno tutti questi "cani cattivi e diseducati" dato che i canili sono già al collasso? Gli scenari plausibili e che temiamo sono due: ripresa dell'eutanasia istituzionale su larga scala o costruzione di altri luoghi di detenzione per cani".
Davide Maiocchi, delegato della campagna NOPLP e attivista per la liberazione animale, spiega a Kodami le ragioni per cui si è creata questa rete che è in disaccordo su tutti i punti contenuti nel dettato della Regione Lombardia: "Contestiamo perché è una proposta razzista e abilista. Razzista perché rafforza la discriminazione razziale a danno di cani randagi e meticci giudicati inaffidabili e pericolosi in quanto tali, perché insiste sul mai tramontato paradigma della razza geneticamente pura, perché è promossa da enti e categorie che, con l allevamento e l addestramento, si arricchiscono sfruttando gli animali e ancora perché promosso da forze politiche responsabili di colpevolizzare e colpire i migranti umani, deportartandoli al grido di reimmigrazione. Abilista perché istituire un patentino obbligatorio per vivere con i cani (oggi quelli assimilabili, chissà come, a 26 razze….domani sempre di più…) applica un grave e grande implemento della visione sociale di integrazione assimilativa secondo la quale i cani possono convivere con gli umani solo se assoggettati ai loro bisogni e desideri".
Sui social, infine, non si contano i post di singoli veterinari esperti in comportamento e dog trainer che si stanno spendendo in prima persona per far girare l'hashtag #noplp4 che sempre di più sta diventando visibile anche su account più lontani dal mondo della cinofilia in senso stretto e che sono di persone di riferimento di cani in generale e non solo di quelli che farebbero parte della "lista" indicata nella Proposta di Legge.
Attenzione: si tratta di una proposta e i tempi sono lunghissimi
Il passaparola in Rete, però, sta generando anche una certa confusione. C'è infatti una larga fetta di persone che ha "capito" che la legge è già efficace in Lombardia e chi, addirittura, crede che lo sia a livello nazionale. Le cose non stanno così perché quello che accadrà è tutto da vedere e i tempi sono lunghissimi e manco è detto che questa Legislatura affronterà la questione.
Come anche la LAV ha giustamente voluto mettere in evidenza, infatti, "il provvedimento non produce effetti immediati né ha valore cogente, e potrà trasformarsi in legge solo se il Parlamento della Repubblica deciderà di farla propria, calendarizzarla e approvarla. Qualora ciò non avvenisse, la proposta decadrà automaticamente, e non potrà diventare legge regionale: l'eventuale adozione a livello lombardo richiederebbe un nuovo iter legislativo da parte del Consiglio regionale".