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Il carcinoma squamoso è uno dei tumori più frequenti nel gatto, e anche uno tra quelli con la mortalità più alta: 9 mici su 10 muoiono un anno dopo la diagnosi. Il destino dei gatti che si ammalano però potrebbe presto cambiare grazie al lavoro del team di ricerca del Dipartimento di Medicina Veterinaria dell'Università Federico II di Napoli.
Il gruppo guidato da Gennaro Altamura ha presentato uno studio innovativo sull'impiego di anticorpi monoclonali per la cura della malattia che ha ricevuto il massimo riconoscimento durante il 78esimo Congresso della Società Italiana delle Scienze Veterinarie. Gli esperti intervenuti durante l'evento più importante del panorama scientifico della medicina veterinaria italiana hanno scelto di premiare il lavoro, tutto napoletano, presentato da Altamura insieme alla dottoranda Annamaria Grispo e al professore Giuseppe Borzacchiello.

Quanto fa paura il carcinoma squamoso nel gatto?
Molto. Soprattutto se consideriamo che si tratta di un tumore particolarmente aggressivo e che le terapie classiche come chemio, radio e intervento chirurgico sono sostanzialmente sono inefficaci. Basti pensare che a un anno dalla diagnosi 9 gatti su 10 sono muoiono, la sopravvivenza è al 10%, quindi è evidente che bisogna introdurre terapie innovative.
In cosa consiste la vostra scoperta?
Sulla base di quanto si fa già in oncologia umana, proviamo a usare la terapia biologica con gli anticorpi monoclonali. Dato che si usano già in molti tipi di tumori umani sappiamo che migliorano la prognosi e hanno il vantaggio di avere decisamente meno effetti collaterali rispetto alle terapie classiche, perché sono farmaci che agiscono su un bersaglio molecolare, significa che colpiscono direttamente le cellule tumorali.
In particolare noi ci siamo concentrati sul Bevacizumab, che è un farmaco anti-angiogenico , che cioè agisce inibendo la produzione di nuovi vasi da parte del tumore. La crescita della massa tumorale infatti è favorita da nuovi vasi che apportano nutrienti e ossigeno, il farmaco invece ferma la vascolarizzazione e di conseguenza la massa tumorale si riduce. Nell'essere umano i trial clinici per l'impiego di questo farmaco sono in fase avanzata, e dato che il tumore del gatto e quello dell'uomo sono molto simili abbiamo pensato di provarelo anche per la terapia dei felini.
Tra quanto sarà disponibile questa cura?
Siamo ancora in fase preclinica, quindi stiamo ancora studiando i modelli di laboratorio, però i dati che abbiamo a disposizione sono incoraggianti. Il prossimo passo sarà quello di testare il farmaco direttamente sui gatti ammalati di tumore. Siamo fiduciosi perché in oncologia questi farmaci funzionano benissimo per lo stesso tipo di tumore umano, ma la cosa più interessante è che hanno pochissimi effetti collaterali che invece si riscontrano in terapie classiche come la chemio.
Esiste un detto che dice "From bench side to bed side", letteralmente "Dal bancone al letto", con il quale si intende che la cura dovrebbe arrivare al paziente dal bancone del laboratorio. Ecco noi vogliamo fare una cosa simile: fornire cure innovative direttamente dal laboratorio alla cuccia.
