
Chi ha mai osservato da vicino una cozza avrà sicuramente notato quei fili marroncini, ruvidi e un po' arruffati che spuntano dal "guscio": il bisso, una fibra naturale fondamentale per la vita di questi e altri molluschi bivalvi.
Il bisso è presente in diversi molluschi bivalvi, come le cozze, i mitili, alcune vongole e tante altre specie affini. Non è un'appendice casuale né un residuo senza alcuna funzione, ma un vero e proprio sistema di ancoraggio. Serve a questi animali "sessili" per fissarsi al substrato – rocce, scogli, relitti o altri organismi – e resistere così alle correnti, alle onde e al moto dell'acqua. Senza il bisso, verrebbero semplicemente spazzati via.
Nel caso della comune cozza mediterranea, la Mytilus galloprovincialis, il bisso è così evidente da essere entrato anche nel linguaggio quotidiano, dove talvolta viene anche chiamato, in maniera piuttosto imprecisa, ma eloquente, "barba" o "peluria".
Perché i molluschi hanno "la barba"

Non tutti i bivalvi – ovvero i molluschi con una conchiglia composta da da due valve – hanno il bisso, e non tutti lo "usano" allo stesso modo. Questa struttura è tipica soprattutto delle specie sessili, ovvero immobili e ancorate a un substrato, che formano la cosiddetta "epifauna", cioè di quei molluschi che vivono attaccati a superfici dure e non infossati nel sedimento. Cozze, mitili e alcuni grandi bivalvi marini ne sono l'esempio più noto.
Il bisso permette a questi molluschi, che non possono muoversi, di scegliere un punto favorevole e restarci, spesso per tutta la vita. È una soluzione evolutiva semplice ed estremamente efficace. Invece di scavare o nuotare, il mollusco si ancora e in questo modo può filtrare l'acqua, nutrirsi e crescere riducendo il rischio di essere trascinato via o ribaltato. Esistono però anche bivalvi che producono il bisso solo in alcune fasi della loro vita.
Alcune larve, di solito in grado di nuotare e muoversi a differenza degli adulti, a volte lo utilizzano per fissarsi temporaneamente a un supporto prima di stabilirsi definitivamente, mentre in alcune specie, viene perso del tutto da adulte. Al contrario, bivalvi come le vongole, che vivono sepolte nella sabbia o nel fango, non ne hanno bisogno e quindi non lo producono. La "barba", insomma, non è un dettaglio di poco conto, ma un adattamento funzionale a uno stile di vita molto preciso: aggrapparsi saldamente a qualcosa.
Com'è fatto il bisso dei bivalvi

Dal punto di vista biologico, il bisso è un insieme di filamenti proteici secreti da una ghiandola speciale situata nel "piede" del mollusco, la parte "carnosa". Il piede viene allungato verso il substrato e rilascia una sostanza liquida che, a contatto con l’acqua, si solidifica rapidamente formando fili resistenti, ma flessibili. Questi filamenti sono infatti sorprendentemente robusti e resistono alla trazione, alla salinità e all’azione continua del moto ondoso.
Ogni filo termina poi con una sorta di "collante naturale" che aderisce con forza alla superficie, anche se liscia o irregolare. Non a caso, il bisso è da tempo oggetto di studio da parte della scienza dei materiali ispirati alla natura. Questa fibra naturale, del resto, ha un legame molto antico e profondo anche con noi umani, che da sempre "rubiamo" o sfruttiamo fibre e altri materiali prodotti da piante e animali.

In passato, soprattutto nel Mediterraneo, il bisso veniva infatti raccolto da grandi bivalvi come la nacchera o Pinna nobilis, un'enorme bivalve oggi sempre più raro e minacciato di estinzione. I suoi filamenti, lunghi e setosi, venivano lavorati per ottenere il cosiddetto "bisso marino", una fibra rarissima con cui si producevano tessuti preziosi, leggeri e lucenti, spesso riservati a nobili e autorità religiose.
Oggi questo utilizzo è praticamente scomparso, sia per proteggere le specie coinvolte che producono bisso di qualità e quantità utilizzabile nel tessile, sia per la complessità della sua lavorazione. Resta però il valore biologico ed ecologico di questa struttura, un esempio di come anche un dettaglio apparentemente banale, come i "peli" di una cozza, raccontano una lunga storia di adattamenti, relazioni con l'ambiente e – in passato – con la nostra stessa cultura.