UN PROGETTO DI
8 Maggio 2025
13:41

Cosa cambia con il nuovo declassamento del lupo. Boitani: “Decisione politica che non ha nulla di scientifico”

Il Parlamento europeo ha declassato il lupo da "rigorosamente protetto" a "protetto". Luigi Boitani, presidente della Large Carnivore Initiative for Europe e tra i massimi esperti del settore, a Fanpage.it ha analizzato la situazione definendola "politica e non basata su dati scientifici".

Intervista a Prof. Luigi Boitani
Ordinario di Zoologia all'Università La Sapienza di Roma e presidente della Large Carnivore Initiative for Europe
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Il Parlamento europeo ha approvato il declassamento dello status di protezione del lupo da "rigorosamente protetto" a semplicemente "protetto". Il voto che si è tenuto oggi, giovedì 8 maggio 2025, apre ufficialmente un nuovo capitolo della gestione del lupo per gli Stati membri. Alcuni, come l'Italia, stanno già rivedendo la classificazione interna del lupo, adeguandola a quella europea.

Questo cambiamento è destinato ad avere un impatto. Ne abbiamo parlato con Luigi Boitani, tra i maggiori esperti del lupo a livello internazionale, e presidente della Large Carnivore Initiative for Europe, il gruppo di lavoro dell'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN).

Professore, come si è arrivati a questo punto?

Ci sono due componenti da prendere in considerazione in questa vicenda. Una attiene alla realtà biologica: il numero dei lupi in Europa sicuramente è aumentato, ma non adesso, è un fenomeno che dura da 20 anni. Oggettivamente ce ne sono molto più di prima e si vedono anche di più, quindi c'è la percezione di una presenza diffusa.

L'altra componente riguarda una speculazione sopra che va avanti da sempre e cioè che il lupo sia la causa principale del disastro economico di gran parte della pastorizia, che in Italia come in gran parte d'Europa è in diminuzione per motivi socioeconomici e ecologici che nulla hanno a che vedere con il lupo.

Questi due fattori, combinati fra loro fanno sì che si costruisca sul lupo una narrazione falsa, cioè che ammazzandone un po' diminuiscano le predazioni e i pastori abbiano una vita più tranquilla. Noi, dal canto nostro, cerchiamo di fornire dati tecnico-scientifici, ma se non c'è qualcuno che vuole sentire non c'è niente da fare.

A livello scientifico quindi è sbagliato declassare il lupo?

La scienza non c'è niente a che vedere con tutto questo, è politica. La scienza può dire quanti lupi ci sono, che cosa fare per diminuire le predazioni, ma la scelta di abbattere o non abbattere, proteggere o non proteggere, è sempre di natura politica.

Quindi la soluzione non è quella di un declassamento dello status di protezione e di un conseguente aumento del numero degli abbattimenti legali?

No, anche perché la cosa ridicola è che gli abbattimenti di lupi sono sempre stati possibili, sempre. Solo che bisognava chiedere una deroga all'Ispra, che questa avrebbe dato senza problemi, nessuna regione d'Italia però ha mai richiesto il permesso di abbattimento, ad eccezione del Trentino Alto Adige dove era stata fatta richiesta per due lupi.

Il Large Carnivore Initiative for Europe, il gruppo di esperti da lei guidato in seno all'IUCN, si è espresso nei mesi scorsi con una lettera aperta critica circa la scelta di declassare il lupo. Perché?

N abbiamo scritto che ben venga il down listing se fatto bene, perché indica che il lupo sta talmente bene che non ha più bisogno di essere una specie strettamente protetta. Però questo down listing, fatto in questo modo è tecnicamente scorretto. Si usano degli argomenti che sono gli stessi usati dalla Commissione Europea un anno fa per opporsi al down listing chiesto dalla Svizzera. Questa è la migliore evidenza di un cambio di politica, non di tecnica o di dati.

L'Italia si sta già adeguando al nuovo corso europeo: stanno arrivando i primi pareri positivi. Questo significa che il lupo diventerà una specie cacciabile nel nostro paese?

Non c'è questo rischio. La Federcaccia [tra le maggiori federazioni venatorie nazionali n.d.r.] ha dichiarato pubblicamente la propria contrarietà a far diventare il lupo una specie cacciabile. Il Trentino e l'Alto Adige è l'unica regione che potrebbe farlo, perché è una regione autonoma e ha una legge che lo permette, ma è un pezzetto piccolo dell'Italia, il resto non potrà cacciare il lupo. Inoltre, anche il Trentino, come tutte le regioni, è obbligato a mantenere la specie in condizioni di conservazione favorevoli.

In Italia le regioni hanno un'autonomia all'interno di un quadro comune nazionale, perché poi chi ha firmato la Direttiva Habitat prendendo l'impegno verso l'Europa di mantenere la specie lupo in condizioni favorevoli è lo Stato nazionale. Quindi comunque le regioni non andrebbero in ordine sparso.

È il numero di lupi a incidere sulle dinamiche di coesistenza?

No, è il modo in cui gestiamo questa popolazione, e questo è vero per tutte le specie. Il lupo da noi, che si possa abbattere qualche lupo, non è un dramma, l'importante è dove e come. Purtroppo oggi abbiamo una diversità di quantità e qualità di dati.

In una precedente intervista a queste pagine aveva segnalato che in Italia il lupo è gestito dal bracconaggio. Quell'analisi è ancora valida?

Sì. L'Italia non ha mai fatto nulla di concreto, l'unica cosa che è stata fatta solo leggi di indennizzo e compensazione per i danni subiti dai pastori a causa delle predazioni. L'Italia aveva elaborato una bozza di piano di gestione nel 2015, esattamente 10 anni fa, ma le regioni non l'hanno mai voluta provare. Quindi se non c'è un piano e non si fa nulla è tutto in mano all'illegalità, cioè al bracconaggio.

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