UN PROGETTO DI
18 Giugno 2025
13:54

Con Telmo Pievani e l’Antropocene anche la convivenza con le altre specie animali alla maturità 2025

La traccia dell’esame di Maturità 2025 su Pievani invita a riflettere sull’Antropocene e sull’impatto umano sulla Terra e le altre vite. Per salvare la biodiversità e noi stessi, serve una nuova maturità ecologica e una convivenza vera e consapevole con le altre specie.

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La massa totale degli oggetti artificiali ha ormai superato quella della biomassa vivente, l’insieme di tutti gli esseri viventi

Tra le tracce della prima prova dell'Esame di Stato 2025 c'è anche un invito a guardare in faccia la nostra epoca. Un brano tratto da "Un quarto d’ora (geologico) di celebrità", firmato dal filosofo della scienza e divulgatore Telmo Pievani, è stato infatti proposto agli studenti italiani come spunto di riflessione sull'Antropocene, ovvero l'era segnata dall'impatto pervasivo e spesso distruttivo dell'essere umano sul pianeta Terra e i suoi abitanti. Nel testo, Pievani guida i lettori in una riflessione profonda sulla cosiddetta "tecnosfera", ovvero l'insieme di tutti gli oggetti artificiali, infrastrutture, costruzioni e rifiuti generati dall'attività umana.

Un'entità enorme che non solo modifica i paesaggi, ma che è diventata, nel vero senso della parola, una nuova stratificazione geologica: una crosta artificiale destinata a rimanere nella memoria della Terra molto più a lungo di noi. Un dato, in particolare, colpisce e inquieta: la massa totale degli oggetti artificiali ha ormai superato quella della biomassa vivente, l'insieme di tutti gli esseri viventi. Questo sorpasso, avvenuto negli ultimi anni, è il simbolo di un cambiamento che segna la rottura definitiva di un equilibrio millenario.

Come scrive Pievani, ci troviamo quindi in un "vicolo cieco", in cui la crescita incontrollata della tecnosfera non lascia spazio per un futuro sostenibile. Ma se il nostro momento di "celebrità" geologica è destinata a durare solo un attimo, almeno in scala temporale terrestre, rischiamo di portarci dietro molto di più: molte altre vite incolpevoli in tutta la loro meravigliosa e unica diversità.

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La traccia sul’Antropocene con il brano di Telmo Pievani

La sesta estinzione e la fragilità condivisa

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Le popolazioni di vertebrati selvatici sono diminuite in media del 73% negli ultimi cinquant’anni. In foto un gaviale del Gange

Non è solo la geologia a essere scolpita dalla pesante impronta umana. A pagare il prezzo più alto di questa corsa verso l'eccesso sono anche molte altre forme di vita. Secondo un report del WWF, oltre un milione di specie animali e vegetali sono a rischio estinzione a causa dell'impatto umano diretto e indiretto: perdita di habitat, inquinamento, cambiamenti climatici, commercio illegale di fauna selvatica e introduzione di specie invasive. Siamo nel pieno di quella che molti scienziati definiscono la sesta estinzione di massa, la prima causata non da un asteroide o da una glaciazione, ma da un'unica specie: la nostra.

A differenza delle estinzioni naturali, che avvengono su tempi lunghissimi, l'attuale crisi della biodiversità è rapida, globale e potenzialmente irreversibile. Il Living Planet Index, pubblicato nel 2024, ha stimato che le popolazioni di vertebrati selvatici sono diminuite in media del 73% negli ultimi cinquant'anni. Ogni minuto che passa, pezzi interi di ecosistemi si dissolvono sotto il peso delle nostre attività, silenziosi eppure fondamentali. Eppure, anche nel vicolo cieco, può aprirsi uno spiraglio.

Convivere per non estinguersi (troppo presto)

Proprio la traccia proposta agli studenti invita a pensare a una nuova maturità, non solo scolastica, ma anche ecologica: quella della convivenza consapevole con la natura e le altre specie. Non si tratta solo di proteggere animali carismatici o paesaggi spettacolari, ma di riconoscere l'interdipendenza profonda che lega tra loro tutte le forme di vita, inclusa la nostra. Conservare la biodiversità significa infatti tutelare anche i servizi ecosistemici da cui dipendiamo: l'impollinazione, la purificazione dell'acqua, la fertilità del suolo, la regolazione del clima.

Ma significa anche accettare un limite, smettere di considerarci padroni assoluti e tornare a essere parte di un tutto più grande. Come ha detto lo stesso Pievani a Meet Kodami, "se calcoliamo la distruzione degli ecosistemi e della vita animale negli ultimi cinque secoli noi abbiamo ormai estinto quasi il 35% di tutte altre forme di vita. È un numero mostruoso perché noi, da soli, abbiamo fatto fuori più di un terzo di tutte le altre forme di vita sul Pianeta e questo è inaccettabile, ovviamente. E tra l'altro è anche controproducente: dalla biodiversità dipende la nostra vita e la nostra salute".

Un quarto d'ora che può durare di più

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Se vogliamo esserci il più a lungo possibile, dobbiamo conservare quanto più possibile della natura e della biodiversità

Gli studenti chiamati a riflettere sull'Antropocene non si confrontano solo con una prova scolastica, ma con una delle domande e delle più urgenti del nostro tempo: come vivere su questo pianeta senza distruggerlo? La risposta potrebbe iniziare proprio da qui, da una consapevolezza nuova, da una maturità che riconosce che salvarci è possibile solo salvando anche le altre specie.

La vita e il Pianeta andranno avanti anche senza di noi, ma se vogliamo esserci il più a lungo possibile, dobbiamo conservare quanto più possibile della natura e della biodiversità. Gli ecosistemi da cui dipendiamo sono un po' come le torri del Jenga, dove ogni tassello di legno rappresenta una specie vivente. Possiamo rimuovere, estinguere, alcune di queste tessere, ma prima poi, specie dopo specie, la torre, e gli ecossitemi, collasseranno. Se il nostro "quarto d’ora" geologico ha segnato l'epoca con una traccia pesante, forse è il momento di trasformarla in una firma più leggera, più equa, più viva. Insieme a tutte le altre vite che sorreggono la nostra.

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