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10 Giugno 2025
11:52

Ci sono sempre più navi e turisti in Antartide e sta diventando un problema: le ancore distruggono i fondali

Il turismo e l’aumento del numero di imbarcazioni in Antartide stanno causando danni gravi ai fondali marini e agli animali che li abitano. Le ancore delle navi lasciano cicatrici che distruggono interi ecosistemi, mettendo a rischio specie antichissime e ambienti un tempo poco toccati dalle attività umane.

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La presenza crescente di navi in Antartide sta danneggiando in maniera permanente i fondali e gli animali che li abitano

Fino a non molto tempo fa l'Antartide era rifugio incontaminato, troppo lontano per essere toccato o alterato dall'impatto umano. Ma oggi, anche per colpa del surriscaldamento globale, le cose stanno cambiando e quei paesaggi un tempo estremi sono sempre più accessibili. I fondali marini del continente ghiacciato stanno infatti mostrando i segni evidenti di una presenza umana crescente e, in alcuni casi, devastante: quella delle navi turistiche, scientifiche e da pesca che ogni anno si spingono sempre più a sud.

È recente studio pubblicato su Frontiers in Conservation Science a lanciare l'allarme: le ancore e le catene delle imbarcazioni stanno provocando danni gravi e duraturi ai fondali e agli organismi bentonici, ovvero tutti quegli animali che vivono sul fondo del mare. Utilizzando videocamere subacquee, i ricercatori hanno monitorato 36 siti tra la Penisola Antartica e l’Isola della Georgia del Sud, documentando un paesaggio marino segnato da solchi, cicatrici e distese fangose senza più vita.

Ancore e catene devastano la vita dei fondali

I ricercatori, hanno scoperto che nei punti in cui le ancore hanno solcato il fondale, la vita marina è quasi del tutto scomparsa. Al posto di ricche comunità bentoniche, rimangono solo spugne schiacciate e un inquietante "deserto" biologico. Gli animali simbolo della biodiversità antartica – come le stelle marine, vermi e molluschi – sembrano svaniti. Eppure, a poche decine di metri di distanza dai siti danneggiati, la vita continua a prosperare: un contrasto netto che rende ancora più evidente l'impatto localizzato, ma devastante, della presenza umana.

"I danni osservati si sono fermati a pochi centimetri da tre enormi ‘spugne vulcano‘, che potrebbero essere tra gli animali più longevi del pianeta, con un'età stimata fino a 15.000 anni", ha spiegato Matthew Mulrennan, primo autore dello studio e fondatore dell'organizzazione KOLOSSAL. Spugne, crostacei, anellidi e tante altre specie svolgono un ruolo chiave per questi ecosistemi. Filtrano l'acqua, immagazzinano carbonio e creano microhabitat per pesci, invertebrati, foche e pinguini, gli stessi animali che attirano migliaia di turisti da tutto il mondo.

Turismo in aumento, ecosistemi sempre più sotto pressione

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Alcuni dei segni lasciati da ancore e catene sui fondali. Immagine da Mulrennan et al., 2025

Il problema è cresciuto di pari passo con l'aumento delle attività umane nella regione. Solo nella stagione 2022-2023 sono stati registrati almeno 195 tra navi turistiche, di ricerca, da pesca e yacht privati nelle acque antartiche dove è possibile ancorare. E il numero reale potrebbe essere ancora più alto, considerando la presenza di imbarcazioni non regolamentate o senza licenza. In un ambiente così fragile, ogni intervento umano anche minimo può avere conseguenze importanti a lungo termine.

Molte delle specie che popolano il fondale antartico crescono lentamente, impiegano decenni – se non secoli – per formare colonie stabili, e non sono in grado di rigenerarsi rapidamente se subiscono danni. Come ha spiegato Sally Watson, geofisica marina del National Institute of Water and Atmospheric Research della Nuova Zelanda e coautrice dello studio: "In ambienti freddi la crescita è molto più lenta rispetto ai tropici. Dove le acque sono gelide, la ripresa ecologica richiede tempi molto più lunghi".

Un danno invisibile, ma non per questo meno grave

I ricercatori paragonano l'effetto dell'ancoraggio al bottom trawling, ovvero ai danni causati dal dragaggio delle reti a strascico di profondità, tristemente noto per la sua capacità di spazzare via interi ecosistemi dal fondale distruggendo qualunque cosa incontrino sul fondale. Secondo Mulrennan, l'ancoraggio è una delle minacce più trascurate per gli oceani a livello globale: "I suoi impatti sul fondale marino sono paragonabili a quelli dello strascico, ma sono fuori dalla vista e quindi anche fuori dalla mente".

È per questo che gli scienziati chiedono quindi più ricerca, più monitoraggio e, soprattutto, più regolamentazione. Il futuro dei già fragili ecosistemi antartici – e di tutti gli animali che li abitano – dipenderà anche da questo e dalla nostra capacità di riuscire a vedere oltre l'incanto dei ghiacci e delle opportunità economiche che questi territori un tempo inaccessibili possono offrirci. In un luogo dove il tempo scorre lento e la vita si misura in secoli, ogni traccia o danno lasciato dalle attività umane rischia di diventare permanente.

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