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27 Giugno 2025
11:03

Che fine faranno i cani che non verranno più macellati in Corea del Sud? “Impossibile salvarli tutti, eutanasia scelta più etica”

Intervista a Sangkyung Lee, campaign manager di Humane World for Animals in Sud Corea, per comprendere l'attuale situazione e lo scenario futuro più probabile sul destino dei cani che non sarà più possibile uccidere in Sud Corea per ottenere carne da destinare al mercato alimentare dal 2027.

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Intervista a Sangkyung Lee
campaign manager di Humane World for Animals Korea
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"È vero che, purtroppo, il divieto non prevede misure di salvataggio dei cani sostenute dallo Stato ma c'è ancora tempo per il Governo per mettere riparo a questa lacuna". E' questo uno dei passaggi più importanti dell'intervista a una persona che lavora sul campo e sa bene cosa sta accadendo e cosa potrebbe accadere in Sud Corea, all'indomani dell'annuncio da parte del Governo che dal 2027 metterà definitavamente in atto lo stop alla vendita in tutto il paese di carne di cane.

Sangkyung Lee è il campaign manager di Humane World for Animals nel paese asiatico e da lì ha accettato di rispondere alle nostre domande su un tema delicato che toccherà comunque l'esistenza di quasi mezzo milione di animali che non saranno più destinati al mercato alimentare ma sul cui futuro pende comunque una quasi certa condanna a morte, in assenza di politiche mirate alla gestione di una popolazione canina di tali proporzioni.

L'associazione è attiva in Corea del Sud dal 2015, dove ha sempre svolto un lavoro finalizzato a fare pressione sull’opinione pubblica e sul mondo politico proprio a favore di vietare il commercio di carne di cane ma cercando di arrivare a questa situazione preparati.

E' stato lanciato da tempo il programma “Models for Change”, ad esempio, sviluppato in collaborazione con allevatori di cani che desideravano lasciare l’industria, a cui è stato fornito un contributo economico una tantum, calcolato sulla base del loro piano di transizione verso un’attività alternativa, per aiutarli a riconvertire la propria impresa. Il sostegno dell'associazione ha fatto sì che si potessero salvare tutti i cani di cui poi si sono occupati anche della cura e della riabilitazione, permettendo loro di trovare una nuova vita all’estero, in paesi dove l’interesse per l’adozione è maggiore. Queste storie di adozione a lieto fine sono poi state condivise anche in Corea del Sud, per dimostrare che questi cani meritano davvero una seconda possibilità.

Quali sono le motivazioni alla base della decisione presa dal Governo?

Il Governo coreano ha stimato che ci siano circa 460.000 cani ancora presenti negli allevamenti per la produzione di carne nel Paese e che, entro la fine di quest’anno, il 60% di tutti gli allevamenti di questo tipo verrà chiuso. Il divieto, approvato all’unanimità lo scorso anno, nasce dall'esigenza di mettere finalmente fine all’allevamento intensivo di centinaia di migliaia di cani all’anno per il consumo umano, allevati in condizioni squallide, nonostante il fatto che la maggioranza della popolazione sudcoreana non consumi carne di cane e non lo faccia in maniera significativa da almeno un decennio.

Qual è il destino di questi cani?

È vero che, purtroppo, il divieto non prevede misure di salvataggio dei cani sostenute dallo Stato, un aspetto che Humane World for Animals Korea e altre organizzazioni coreane hanno cercato con forza di far includere. Di conseguenza, è innegabile che ci siano state occasioni mancate di salvataggio proprio per l’assenza di un supporto a livello centrale. Detto ciò, bisogna riconoscere che il salvataggio e la riabilitazione di un numero così elevato di cani provenienti dall’industria della carne canina rappresenterebbe un’impresa enorme, sia dal punto di vista finanziario che logistico, e non sarebbe giusto aspettarsi che organizzazioni animaliste già sotto pressione si facciano carico di tutto questo da sole.

C'è qualcosa che il Governo può ancora fare per rimediare a questa situazione?

La buona notizia è che c’è ancora tempo per il governo coreano di porre rimedio a questa lacuna; speriamo davvero che lo faccia, e lo solleciteremo a collaborare con organizzazioni animaliste come Humane World for Animals Korea e altri enti che vantano competenze specifiche in questo ambito.

Il Governo ha dichiarato di avere in programma la costruzione di 13 nuovi rifugi gestiti dallo Stato per accogliere un maggior numero di cani. Questo è un riconoscimento del fatto che attualmente non ci sono abbastanza rifugi per ospitare i cani, anche qualora se ne potessero salvare di più dagli allevamenti. Superficialmente, questo può sembrare parte della soluzione, ma la realtà è che, senza la prospettiva di trovare nuove sistemazioni in Corea del Sud, i cani che finiranno in questi rifugi vi trascorreranno il resto della loro vita.

Di che tipologia di cani si tratta in media? E perché è difficile che siano adottati?

Una percentuale molto alta dei cani negli allevamenti per la produzione di carne è costituita da Tosa, razza purtroppo classificata come pericolosa in Corea del Sud, il che comporta varie restrizioni sull’adozione (o l’affido) di questi animali nel paese, nonostante siano cani bellissimi.

La seconda razza più comune negli allevamenti è il Jindo. Sebbene i Jindo stiano diventando un po’ più popolari come animali domestici in Corea del Sud, sono ancora considerati una razza di grossa taglia e molti coreani non hanno spazio sufficiente per accoglierli.

Inoltre, esiste ancora purtroppo uno stigma legato ai cani provenienti dagli allevamenti per la produzione di carne, e finché questo pregiudizio non sarà superato, sarà difficile trovare loro una famiglia. Secondo una ricerca del Governo, solo il 13% dei cani viene adottato dai rifugi per animali in Corea del Sud.

Dal 2015, Humane World for Animals Korea ha salvato quasi 2.800 cani da allevamenti per la produzione di carne in Corea del Sud e solo quest’anno abbiamo già salvato oltre 60 cani, che abbiamo trasferito nei nostri centri di riabilitazione negli Stati Uniti e in Canada, dove ora sono sotto le nostre cure in attesa di trovare una casa.

In un mondo ideale, ovviamente, tutti i cani rimasti negli allevamenti avrebbero la possibilità di una nuova vita, perché è ciò che meritano. Ma la tragica realtà è che il salvataggio, la riabilitazione e l’adozione di centinaia di migliaia di cani è probabilmente irrealizzabile, considerati i mezzi, il personale qualificato, gli esperti in comportamento, riabilitazione e assistenza veterinaria specializzata, la logistica complessa e soprattutto la capacità di adozione necessaria per offrire una nuova vita a questi cani.

Che tipo di approccio hanno i sud coreani con i cani in generale? 

La maggior parte delle persone in Corea del Sud considera i cani come compagni di vita, non come cibo. Questo è particolarmente vero tra i giovani, per i quali gli animali domestici fanno parte della famiglia e la carne di cane non ha davvero alcuna rilevanza. I nostri sondaggi d’opinione hanno rivelato che la maggior parte dei giovani che consumano carne di cane nei mesi estivi, ad esempio, lo fanno non per scelta personale, ma perché si sentono sotto pressione da parte di una figura autoritaria nella loro vita, come un genitore o un superiore sul lavoro.

Sebbene i cani siano molto amati come animali da affezione, in Corea del Sud la maggior parte delle persone preferisce cani di piccola taglia e di razza pura, principalmente perché chi vive in città dispone di appartamenti di dimensioni ridotte e con poco spazio.

Purtroppo, è ancora molto comune vedere cuccioli vivi in vendita nelle vetrine dei negozi di animali, provenienti da allevamenti intensivi in condizioni inadeguate. L’adozione di cani non è ancora una pratica molto diffusa nel paese, anche se le cose stanno migliorando lentamente, e speriamo di promuoverla sempre di più in futuro.

Secondo un sondaggio governativo del 2024 sulla percezione pubblica del benessere animale, solo il 13% dei cani viene adottato dai rifugi per animali.

E per quanto riguarda gli allevamenti cosa è stato previsto? 

Un’altra criticità è l’assenza, nella legislazione, di un obbligo per gli allevatori di smettere di far riprodurre i cani. Si tratta di una misura semplice che potrebbe – e dovrebbe – essere attuata anche adesso, per impedire la nascita inutile di altri cuccioli destinati a un’industria crudele, proprio mentre si cerca di porne fine.

La triste realtà è che, nonostante la domanda di carne di cane sia drasticamente calata in Corea del Sud nell’ultimo decennio – con solo una piccolissima parte della popolazione che la consuma – gli allevatori hanno ignorato e resistito a questa tendenza, continuando ad allevare grandi quantità di cani che sempre meno persone vogliono acquistare.

Sebbene il periodo di transizione verso la piena entrata in vigore del divieto sia relativamente breve, si tratta di una misura che ci si aspettava da anni, e le associazioni degli allevatori hanno avuto tempo sufficiente per incoraggiare i propri membri a dismettere gradualmente le loro attività, prendendo atto della fine dell’era della carne di cane.

Invece di seguire questa strada responsabile, hanno osteggiato i cambiamenti e le normative, arrivando persino a presentare ricorsi costituzionali, e così, al momento dell’approvazione del divieto, si sono ritrovati con grandi quantità di cani di cui ora chiedono che siano Governo e società civile a occuparsi.

E così, mentre gruppi animalisti come Humane World for Animals Korea e altri si impegnano duramente per salvare quanti più cani possibile, la realtà è che, purtroppo, la maggior parte dei cani rimasti negli allevamenti non avrà la possibilità di essere salvata.

Cosa ne sarà di questi animali secondo lei?

La maggior parte di loro è destinata a essere macellata per alimentare il mercato residuo della carne di cane, oppure a essere trasferiti in rifugi locali, dove molto probabilmente verrà sottoposta a eutanasia.

Cosa ne pensa dell'eutanasia?

Di fronte a questo scenario doloroso e sconvolgente, l’eutanasia praticata da un veterinario qualificato rappresenta l’opzione più compassionevole ed etica, se confrontata con la morte per elettrocuzione – un processo estremamente traumatico, spaventoso, doloroso e spesso prolungato.

In attesa di un futuro che sembra già scritto, qual è però la situazione attuale?

Il divieto prevede una graduale eliminazione dell’industria, e durante questo periodo gli allevatori di cani hanno avuto la possibilità di richiedere un sostegno finanziario o un risarcimento da parte del Governo per chiudere o riconvertire le proprie attività verso mezzi di sussistenza alternativi. Molti allevamenti hanno approfittato di questa assistenza economica e hanno già riconvertito le loro attività verso la coltivazione di peperoncino, funghi o altre colture, tutte opzioni che offrono un futuro molto più sostenibile rispetto alla carne di cane, per la quale, con ogni probabilità, esiste ormai una domanda di consumo estremamente ridotta.

Purtroppo, abbiamo anche notizie del fatto che molti allevatori stiano passando all’allevamento delle capre nere, cosa che ovviamente per noi è motivo di tristezza, poiché riteniamo che tutte le vite animali siano preziose.

Finora, il Governo stima che il 40% degli allevamenti sia già stato chiuso, con l’obiettivo di raggiungere il 60% entro la fine dell’anno. Humane World for Animals Korea ha collaborato nel corso degli anni con moltissimi allevatori di cani per la produzione di carne per aiutarli ad abbandonare questo settore, e in tutti i casi abbiamo riscontrato una forte volontà da parte loro di lasciare l’industria e trovare occupazioni alternative, proprio perché è sempre più difficile guadagnarsi da vivere con la carne di cane, in un mercato dove la domanda è ormai estremamente ridotta.

In conclusione, come giudica il piano del Governo?

Il periodo di transizione graduale di tre anni è stato adeguato, considerando il fortissimo desiderio politico e pubblico di porre fine a questa industria, maturato dopo molti anni di dibattiti che hanno portato all’introduzione del divieto. Sebbene il divieto sia stato approvato nel 2024 con una fase di transizione fino al 2027, l’industria della carne di cane era ben consapevole da tempo che prima o poi questo divieto sarebbe stato introdotto, e che il mercato per la carne di cane in Corea del Sud si era ormai ridotto a livelli molto bassi. Avrebbe quindi dovuto adeguarsi e adattarsi a questa realtà già molti anni prima dell’entrata in vigore effettiva del divieto.

Purtroppo, invece, l’industria ha scelto per lo più di ignorare questa realtà, ed è per questo che oggi afferma di essere in difficoltà. Ma la verità è che ha avuto tutto il tempo necessario per allontanarsi da un’attività che la maggior parte delle persone non vuole più sostenere.

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