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19 Agosto 2025
11:21

Affido e visite al cane quando ci si lascia: cosa succede in caso di separazione e divorzio

Molte coppie, conviventi o sposate, nel momento in cui si separano devono affrontare una questione molto delicata: con chi rimarrà il cane di famiglia? La legge non regolamenta questa fattispecie e in entrambi i casi, di fronte al mancato accordo tra le parti, è il giudice a stabilire come devono andare le cose.

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"Il cane è un membro della famiglia". E' una sorta di mantra, ormai e per fortuna, che tanti che vivono con un cane hanno fatto loro. Non è un modo di dire, è una convinzione che ha preso finalmente piede nelle coscienze e anche nei fatti di molti e che mette di fronte le persone al dover caricarsi anche degli oneri che comporta la vita con un cane di cui si ha la responsabilità.

Di fronte ad una visione del "migliore amico dell'uomo" sana e costruttiva, dunque, si deve essere consapevoli che ci sono degli aspetti della vita quotidiana delle persone di riferimento che possono influire sul suo benessere. Tra questi in primis c'è proprio come le relazioni interpersonali si dipanano nel corso del tempo e capita sovente che una coppia che ha deciso di adottare un cane decida di separarsi o divorziare.

Di fronte a queste ipotesi si aprono scenari complessi che la legge non regola in modo specifico per l'animale domestico, considerato del resto nel nostro codice civile ancora alla stregua di un bene mobile. E ciò vale tanto nell'ipotesi di separazione di due persone conviventi quanto di chi ha deciso di sciogliere il contratto matrimoniale. Quando l'addio tra i partner è sereno e non ha strascichi emotivi che portano a situazioni di intolleranza reciproca, la gestione del cane dipende dagli accordi che si prendono in assenza appunto di una fattispecie normativa ad hoc, ma quando invece il distacco è turbolento anche il cane diventa un elemento di contrasto e di sofferenza, patendo a sua volta gli effetti di quanto sta accadendo alle sue persone di riferimento.

Cosa succede al cane in caso di separazione tra due persone conviventi

Su Kodami abbiamo affrontato entrambe le questioni, chiedendo a degli esperti di spiegare a chi si trova in questa situazione quale potrebbe essere la strada da perseguire. Come ha spiegato l'avvocato esperto in diritti degli animali Salvatore Cappai, in caso di separazione di una coppia convivente "il giudice può disporre, applicando i principi consolidati in materia di affidamento dei figli minori, una gestione condivisa e può regolamentare il diritto di visita la distribuzione delle spese per il mantenimento. L’interesse fondamentale da tutelare è sempre quello materiale-spirituale-affettivo dell'animale".

Solo la giurisprudenza, infatti, in assenza di un quadro normativo, può intervenire in merito e infatti Cappai ha messo in evidenza una sentenza del Tribunale di Roma del 2016 in cui fu il magistrato giudicante a dirimere la controversia sul cane di una coppia per un caso in cui una donna aveva tenuto con sé il compagno canino permettendo all'ex convivente di andarlo a trovare. Quest'ultimo, però, un giorno lo aveva sottratto e portato a casa sua, non dando alla ex la possibilità di fare lo stesso, ovvero vietandole di vederlo.

In questo caso il giudice era andato ben oltre gli elementi che di solito vengono presi in considerazione per stabilire a chi attiene la proprietà del cane, ovvero l'intestazione del microchip che era a nome dell'uomo. Il magistrato aveva infatti deciso, come precisa Cappai "che l’interesse fondamentale da tutelare in questi casi è quello materiale-spirituale-affettivo dell'animale e che questo affetto prescinde, peraltro, dal fatto che i suoi custodi siano sposati o meno (perché al cane questo non interessa)".

La soluzione trovata dal giudice, così, è stata quella di disporre l’affido condiviso del cane ad entrambe le parti "che dovranno prendersi congiuntamente cura dell'animale, provvedendo nella misura del 50% ciascuno alle spese per il suo mantenimento (cure mediche, cibo e quanto altro eventualmente necessario al suo benessere)". Il giudice ha poi stabilito, ricorda ancora Cappai, "che lo stesso stia sei mesi l'anno con l'una sei mesi con l'altra, con facoltà per parte che nei sei mesi non lo avrà con se di vederlo e tenerlo due giorni la settimana, anche continuativi, notte compresa".

Oltre questo caso, la giurisprudenza si è espressa più volte, sostanzialmente, riconoscendo che il cane o anche il gatto o altro animale domestico nonostante nel codice civile sia ancora considerato come una "res" non può essere considerato come tale ma come un essere senziente da tutelare.

Di chi è la responsabilità del cane in caso di divorzio

Partiamo proprio dal capire che cosa vuol dire che il cane è per legge paragonato a un oggetto mobile. A dirlo è l'articolo 812 del Codice Civile che differenzia i beni mobili, in cui è incluso il cane, da quelli immobili. Nello specifico la legge così recita: “Sono beni mobili quelli che possono trasferirsi da un luogo all’altro, sia per propria forza, sia per effetto di una forza esterna”.

Fido è un "bene mobile registrato", ovvero microchippato e la cui proprietà (sebbene anche questo sia opinabile) afferisce all'intestatario. Per tanto, se si seguisse solo la logica normativa, il cane in caso di separazione tra due coniugi va con la persona cui risulta l'intestazione del codice identificativo così come riportato anche in anagrafe canina.

Su Kodami abbiamo chiesto a Claudia Taccani, avvocata dello Sportello Legale di Oipa, di chiarire però come stanno effettivamente le cose in caso di divorzio. "Il chip, obbligatorio, viene intestato sempre a una sola persona e spesso nella fase del litigio chi ha la titolarità del microchip pretende di tenere il cane senza mostrare apertura nei confronti dell’altro. Come avvocati però ricordiamo che il microchip dimostra la titolarità e la proprietà ma non è una verità assoluta. Se si riesce a dimostrare che si è di fatto la persona di riferimento per il cane, quella che se ne prende cura per la maggior parte del tempo, si possono avanzare pretese e chiedere al giudice di analizzare il caso".

Anche in questa ipotesi, dunque, è il giudice che dovrà avere la sensibilità di valutare qual è la decisione più giusta per garantire il benessere del cane e far sì che quest'ultimo non diventi territorio di scontro tra i due ex. Tanto dipenderà proprio dal tipo di separazione coniugale che è in atto e in cui dovranno essere previste anche le spese di mantenimento dell'animale. "Il consiglio è, se si decide di prendere un cane, di fare da subito un accordo scritto tra le parti, una scrittura privata con si dichiara di volersi prendere cura tutta la vita dell’animale in modo uguale – ha sottolineato Taccani su Kodami – Dal punto di vista strettamente giuridico il valore è scarso, ma serve soprattutto in caso di separazione conflittuale per aiutare il giudice a farsi un quadro della situazione".

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