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La moda a misura di felicità
Se fosse vero che 90 centimetri di fianchi e 60 centimetri di vita sono le misure della felicità, tutte le modelle sulle passerelle sprizzerebbero di gioia. Invece, la felicità e la positività seguono altre misure e non sono in centimetri: quelle dell’autenticità. Dal movimento Black Lives Matter all’apertura alla diversity a 360°, dal body shaming alla body positivity, il mondo della moda si è sentito responsabile di un cambiamento e lo sta affrontando.
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Moda e società, l’una specchio dell’altra

Un tempo per le aspiranti modelle la selezione iniziava a casa, davanti a una bilancia e con un metro da sarta: bastavano pochi centimetri per scartare definitivamente l’idea di intraprendere una carriera da modella o indossatrice. Inutile sperare. Ma tra gli ostacoli alla carriera, potevano esserci anche il colore della pelle, una impercettibile asimmetria del volto, un cromosoma in più o tutto ciò che si discostava dall’ideale di bellezza patinato delle passerelle. La moda è uno specchio dei tempi, racchiude tra le sue trame e i suoi profili uno spaccato della società, a volte anticipando e stimolando il cambiamento. Hanno fatto storia, ad esempio, l’introduzione dei pantaloni maschili nel guardaroba delle donne degli anni Venti e della minigonna nel 1963 per l’emancipazione femminile.

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La moda del terzo millennio: una nuova consapevolezza

Anche nel terzo millennio la moda sembra seguire “gli eventi” cruciali della società. Negli ultimi quindici anni ha iniziato a interrogarsi sul concetto di bellezza ponendosi domande difficili come “possono le modelle rappresentare la bellezza reale?” Veder sfilare ragazze filiformi e altissime che indossano indumenti di brand di fama sapendo che la maggior parte di chi le acquisterà si discosta da quel modello, non è già una risposta alla domanda? Ebbene questa domanda non è mai (forse) stata posta nel secolo scorso, ma è frutto di una presa di coscienza e responsabilità che il mondo in primis, e la moda in seconda battuta, sta affrontando.

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La moda si trasforma e incontra il concetto di diversity

La moda ha intrapreso la strada del cambiamento dapprima stimolata dalle istanze del movimento Black Lives Matter – movimento nato negli USA intorno al 2013 per contrastare, a livello sociopolitico, tutte le forme di razzismo, specialmente verso le persone di colore – che vedeva marginalizzate le modelle afroamericane sulle passerelle, e successivamente guidata da tanti altri movimenti a favore del diritto all’uguaglianza introducendo nelle sfilate il concetto di diversity in tutta la sua complessità. Oggi la moda cerca di rappresentare almeno parte delle molteplici sfumature femminili e di incoraggiare l’empowerment delle donne: esistono modelle curvy, modelle trans, albine, con cromosomi in più o con qualche arto in meno, e con tanti capelli grigi. È cambiato lo sguardo sulla donna, un tempo dominato dalla prospettiva maschile (il cosiddetto male gaze, sguardo maschile) che la vedeva oggetto e non soggetto: ora ogni donna può portare uno sguardo femminile (female gaze) su di sé e sentirsi bene e autenticamente bella. Se alcune maison sono ancora in ritardo, la body positivity è puntualissima e sta smuovendo montagne.

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Body Positivity, un passo verso la bellezza come autenticità

È proprio questo il movimento che più di altri si è fatto largo tra le passerelle per cercare di abbattere gli ostacoli all’espressione di ogni diversità. Ma cosa significa veramente? È un movimento che promuove l’accettazione di sé, non tanto perché si “è tutti uguali”, ma al contrario perché si è tutti diversi, per forme, colore, anni, e anche per bellezza. È un movimento che contrasta ogni tipo di discriminazione, al lavoro o in pubblico, basata su una “questione fisica”, sulla non conformità a una standard estetico. Grazie alla body positivity, al contrasto al body shaming, ora esistono brand che aprono lo sguardo sulla bellezza autentica e non a quella dettata dalle misure.

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Una nuova collezione Coop con un nuovo valore: l’inclusione

È questa nuova prospettiva inclusiva che ha spinto Coop a ridisegnare completamente le proprie linee di intimo ribellandosi alla standardizzazione dei corpi, magri e scolpiti, e ad abbracciare una campagna dal claim fortemente inclusivo: “Spogliamoci degli stereotipi”, fermiamo la moda “old style” e apriamoci a una nuova che racconta la bellezza autentica e che toglie ogni velo di pregiudizio. Proprio con questo obiettivo Coop propone sei nuove linee, tutte prodotte con attestazione Oeko Tex 100, un sistema di certificazione internazionale che garantisce alti standard sui tessuti in tutte le fasi di produzione e sui requisiti ecologici e sostenibili, che rinnovano completamente l’intimo. Quasi due anni di lavoro e oltre 550 varianti di prodotto tra taglie e colori differenti di slip, reggiseni, boxer, maglie che raggiungono su alcune linee anche la 10ma di reggiseno e la 7ma per lo slip. La parola d’ordine che sottende alle nuove linee di intimo è “Ti sta bene e ti fa stare bene”, perciò perché non indossare ciò che ci piace e ci fa star bene? Per esempio indossare sotto un abitino attillato un capo della linea Invisible Coop, una guaina in colore nude contenitiva ma completamente rinnovata in microfibra e senza cuciture, o sedurre con uno slip e reggiseno in pizzo della Linea Fantasia.

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Coop e i messaggi positivi: “la bellezza reale non è una sola”

Tante le linee proposte, ma questa volta è bello anche soffermarsi sul packaging che rinforza il messaggio sulla autenticità attraverso scritte come “la bellezza non è una sola” o “ogni persona è unica”. I testi sono stati realizzati con il contributo del Comitato Global Inclusion, organizzazione che dal 2019 si occupa della diffusione di pratiche e linguaggi inclusivi guidata dal docente universitario ed esperto di inclusione Andrea Notarnicola. Non ci si sente già meglio leggendo quei messaggi? Una sensazione che non impedisce in ogni caso di migliorarci, di correre per sentirsi in forma se fa star bene, di truccarsi se qualcuna ne ha voglia, o di uscire di casa con un look total messy.

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