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Vittorio Sermonti è morto a 87 anni, l’addio di un grande scrittore

Si è spento all’età di 87 anni lo scrittore Sermonti. Il suo ultimo romanzo, “Se avessero”, finalista al premio Strega 2016. Qualche giorno fa su Twitter aveva annunciato una pausa dai suoi impegni.
A cura di Redazione Cultura
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Vittorio Sermonti
Vittorio Sermonti

Vittorio Sermonti è morto ieri sera a Roma all'età di 87 anni. Il grande scrittore, regista, attore ed esperto di Dante si è spento ieri sera alle 20.50 all'ospedale Sandro Pertini. Con la sua ultima opera, l'autobiografico "Se avessero", edito da Garzanti, era stato tra i finalisti al Premio Strega 2016, aggiudicato poi da Edoardo Albinati.

Il suo ultimo tweet pochi giorni fa, in cui annunciava che si sarebbe preso una pausa dai suoi impegni.

Il papà di Pietro Sermonti, attore di "Un medico in famiglia" e "Boris"

Vittorio Sermonti è nato a Roma nel 1929, sesto di sette fratelli, da padre avvocato di origini pisane, e madre palermitana: da bambino, vedeva circolare in casa personaggi come Vittorio Emanuele Orlando (suo padrino di nascita), Luigi Pirandello, Alberto Beneduce, Enrico Cuccia. Suo fratello Giuseppe è un genetista di fama mondiale. Un altro suo fratello è Rutilio Sermonti, scomparso nel 2015. Suo figlio, Pietro Sermonti, è un volto noto del teatro, cinema e televisione. Noto per il ruolo di Guido Zanin nella serie televisiva "Un medico in famiglia" e per quello di Stanis La Rochelle in "Boris".

Scrittore, saggista, traduttore, regista di radio e tv, giornalista, docente di Italiano e Latino al liceo «Tasso» di Roma (1965-1967), e di tecnica del verso teatrale all'Accademia Nazionale d'Arte Drammatica (1973-1974), consulente CEE (1985-1988), poeta e lettore di poesia — si occupa da sempre dell'energia vocale latente nei testi letterari, ossia del rapporto fra la scrittura e la voce.

Cresciuto nel perimetro di Niccolò Gallo con Giorgio Bassani, Cesare Garboli, Antonio Delfini, Pier Paolo Pasolini, Goffredo Parise e molti altri, Sermonti fu promosso per le stampe da Roberto Longhi (è redattore di «Paragone» dal remoto 1954). Nel 1963, tardivamente, si laureò con lode all'Università Sapienza di Roma in Filologia Moderna con una tesi su Lorenzo Da Ponte, avendo come relatori Natalino Sapegno e Giovanni Macchia. Nel 1956, per meno di un anno, fu iscritto al PCI. Nel 1956-57 visse a Brema, nel 1967-68 a Praga, dal 1975 al 1979 a Torino, dove diresse il Centro Studi del Teatro Stabile.

Sermonti collaborò a diversi giornali: L'Unità, tra il 1979 e il 1982; a Il Mattino, 1985-86; al Corriere della Sera, 1992-94). Nelle sue centoventi regie per la radio (1958-1984), ha lavorato con i più grandi attori del tempo: da Renzo Ricci a Vittorio Gassman, da Paolo Poli a Carmelo Bene, da Sarah Ferrati a Valeria Moriconi.

Dal primo matrimonio con Samaritana Rattazzi (figlia di Susanna Agnelli) ha avuto tre figli, Maria, Pietro e Anna; ha vissuto dal 1983 alla morte a Roma con Ludovica Ripa di Meana, poetessa, sposata nel 1992.

"Se avessero", la cronaca di un interminabile dopoguerra

Una mattina di maggio del 1945 tre (o quattro) partigiani si presentano col mitra sullo stomaco in un villino zona Fiera di Milano alla caccia d'un ufficiale della Repubblica Sociale (o forse di tre), lo scovano, segue un ampio scambio di vedute, e se ne vanno. Da questo aneddoto domestico, sincronizzato bene o male ai grandi eventi della Storia, si dipanano settant'anni di ricordi di un fratello quindicenne, confusi ma puntigliosi, affidati come sono agli «intermittenti soprusi della memoria»: il nero-sangue e il gelo della guerra, la triste farsa di sognarsi eroe, poi il «passaggio dalla parte del nemico» (iscrizione al PCI), e poi ancora un titubante far parte per se stesso; e il rapporto di reciproca protezione con il padre fascista; e la famiglia «feudale» della strana mamma; ma anche una collana di amori malriposti, le letture, il teatro, la musica, il calcio, gli amici. Testa e cuore però non fanno che tornare a quella mattina di maggio, a quell'ipotesi sospesa, a quell'eccidio mancato.
Così, nel tentativo di fare i conti con i propri fantasmi, Vittorio Sermonti ci regala un libro sconcertante, tracciato nella forma di una lunga canzone d'amore per un tu che ha smascherato molti di quei fantasmi del “narrator narrato”, e gli dà ancora la voglia di vivere: un libro che è anche la cronaca minuziosa di un Paese e di un interminabile dopoguerra, e, spesso mimando pensieri, lessico e voce d'un ragazzino d'antan, ci fa riflettere sulla tragica e ridicola ricerca di noi stessi che ci affligge giorno per giorno, uno per uno: «non contiamo niente, perché ognuno conta purtroppo tutto».

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