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Vibo Valentia, esplode un’auto: un morto e un ferito grave. “È stata una bomba”

A provocare la deflagrazione pare sia stato un ordigno collocato nel vano portabagagli della vettura. La vittima, il 43enne Matteo Vinci, era stato anche candidato alle ultime elezioni comunali nella lista “Limbadi libera e democratica”. Con lui in auto c’era il padre 72enne, ferito gravemente.
A cura di Biagio Chiariello
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Un morto ed un ferito in gravi condizioni. Questo il bilancio del drammatico incidente avvenuto nel pomeriggio di oggi, poco dopo le 15, in via Fosse ardeatine a Limbadi, nel vibonese. Un’auto è saltata in aria e le deflagrazione udita a centinaia di metri di distanza ha provocato un incendio che ha distrutto il mezzo. All’interno è morto carbonizzato il 43 anni, Matteo Vinci. Il padre, Antonio, di 72 anni, è invece stato sbalzato fuori dall’autovettura e, successivamente, trasportato con ustioni di primo e secondo grado al Pronto soccorso dell’Ospedale Jazzolino del comune calabrese. Sul posto sono subito giunti i vigili del fuoco del Comando provinciale di Vibo Valentia e i medici del 118 allertati dai carabinieri della Stazione di Limbadi che, sotto il coordinamento dei militari della Compagnia di Tropea, hanno avviato le indagini per capire le cause dell’esplosione. Tra le ipotesi al vaglio degli inquirenti è l’esplosione sia stata provocata dalla bombola gpl che alimentava l’auto, collocata nel vano portabagagli della vettura.

Le indagini della procura di Vibo Valentia

Le indagini, sotto la direzione della Procura della Repubblica di Vibo Valentia, ora scaveranno nel passato di Antonio e Matteo Vinci, quest’ultimo, ex rappresentante di medicinali, era stato candidato alle ultime elezioni comunali nella lista “Limbadi libera e democratica”. Nel marzo del 2014, padre e figlio erano stati coinvolti in una rissa con dei parenti della famiglia Mancuso per questioni legati ad un vecchio problema relativo ai confini di alcune terre. Nell’occasione fu necessario l’intervento dei carabinieri di Limbadi per evitare il peggio. I due Vinci, unitamente ad altre quattro persone, finirono allora ai domiciliari.

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