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Viaggiare come bestie su bus e treni. Se ci scappa il morto, non chiamatelo incidente

Oggi una studentessa, qualche giorno fa un operaio: sono vittime di un sistema di trasporti pubblici nei quali viaggiamo come bestie.
A cura di Antonio Menna
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Una studentessa di 23 anni, stamattina, a Bari, mentre aspettava il treno che l'avrebbe portata all'Università, è caduta sui binari ed è stata uccisa dalla motrice. Non è chiaro se sia scivolata di suo, o sia stata spinta dalla calca per salire sul convoglio. Qualche giorno fa, a Roma, un operaio, è stato travolto, in stazione, da un Frecciarossa. Anche qui non è ancora chiara la dinamica. Quello che appare, invece, chiaro è che, in questo Paese, viaggiamo come bestie. Chiunque debba, per lavoro o per studio, prendere mezzi, sa di cosa parlo. Conforti, puntualità e sicurezza sono garantiti solo a utenti di fascia alta. Per la marea di studenti e lavoratori, di abbonati, di pendolari qualunque, c'è una vera odissea quotidiana fatta di inefficienze, di ritardi, e di mancanza delle condizioni minime di sicurezza. Quando c'è il morto, tutti parlano di incidente. La fatalità fa comodo. Ma le cose non accadono per caso. Dietro queste tragedie ci sono responsabilità. E' ora di colpirle.

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Antonio Menna, giornalista, scrittore autore tra gli altri del libro "Se Steve Jobs fosse nato a Napoli".
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