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Vaticano, suore trattate come schiave da vescovi e cardinali: “Ecco come vengono sfruttate”

La denuncia dell’Osservatore Romano, che ha dedicato il suo inserto mensile alla condizione delle suore spesso trattate come schiave dai loro superiori, senza orario di lavoro e retribuzione. “Costrette a prendere ansiolitici. E dietro tutto ciò c’è ancora l’idea che la donna vale meno dell’uomo”.
A cura di Ida Artiaco
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"Certe suore arrivano a prendere gli ansiolitici per sopportare una situazione di totale frustrazione data dalla loro condizione". La denuncia arriva direttamente dagli ambienti interni del Vaticano: l'Osservatore Romano, il quotidiano edito direttamente dalla Santa Sede, ha realizzato un'inchiesta, pubblicata nella rivista mensile "Donne Chiesa Mondo", in cui viene raccontato uno spaccato della vita del personale ecclesiastico in cui permangono disparità, sentimenti di umiliazione e scontento, soprattutto tra le donne. L'articolo in questione si intitola "Il lavoro (quasi) gratuito delle suore", e mette in luce la condizione quasi di servitù a cui le ecclesiastiche sono spesso costrette a vivere. Non è molto diverso da quello che avviene altrove: la loro professionalità, la competenza o i loro titoli di studio non sono riconosciuti e questo genera, all’interno delle gerarchie, "abusi di potere" e "violenza simbolica" che ha conseguenze molto concrete, oltre al fatto che spesso non vengono pagate per il loro lavoro.

"Alcune di loro – si legge nel testo a firma della giornalista francese Marie-Lucile Kubacki, che ha intervistato alcune sorelle mantenendone la riservatezza – servono nelle abitazioni di vescovi o cardinali, altre lavorano in cucina in strutture di Chiesa o svolgono compiti di catechesi e d'insegnamento. Alcune di loro, impiegate al servizio di uomini di Chiesa, si alzano all'alba per preparare la colazione e vanno a dormire una volta che la cena è stata servita, la casa riordinata, la biancheria lavata e stirata. In questo tipo di ‘servizio' le suore non hanno un orario preciso e regolamentato, come i laici, e la loro retribuzione è aleatoria, spesso molto modesta". Insomma, una condizione di evidente disparità di genere, come sottolinea una delle sorelle intervistate. "Un ecclesiastico pensa di farsi servire un pasto dalla sua suora e poi di lasciarla mangiare sola in cucina una volta che è stato servito? È normale per un consacrato essere servito in questo modo da un'altra consacrata? La nostra consacrazione non è uguale alla loro?".

Molte di loro hanno paura di parlare e raccontare la loro condizione. La maggior parte arriva dall'Africa e dall'America Latina e non vogliono o possono tornare nel loro paese d'origine. Per cui alcune arrivano persino a fare uso di ansiolitici pur di sopportare questa situazione di profonda frustrazione. Ed è inoltre difficile valutare l'entità del problema del lavoro gratuito o poco pagato e comunque poco riconosciuto delle religiose. "Spesso significa che le suore non hanno un contratto o una convenzione con i vescovi o le parrocchie con cui lavorano – è spiegato nell'articolo -. Quindi vengono pagate poco o per niente. Così accade nelle scuole o negli ambulatori, e più spesso nel lavoro pastorale o quando si occupano della cucina e delle faccende domestiche in vescovado o in parrocchia. È un'ingiustizia che si verifica anche in Italia, non solo in terre lontane. E dietro tutto ciò, c’è purtroppo ancora l’idea che la donna vale meno dell’uomo, soprattutto che il prete è tutto mentre la suora non è niente nella Chiesa. Il clericalismo uccide la Chiesa".

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