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Università, tra baroni e sessismo stiamo distruggendo le (poche) eccellenze italiane

Dopo la denuncia di Vincenzo Barone, rettore della Normale di Pisa, che ha raccontato del clima di sessismo nella sua università, scoppia un nuovo caso nel Paese. Parole durissime che confermano l’esistenza di una cultura sessista e maschilista a livelli culturali e di reddito elevati, quasi un dato antropologico del maschio italiano.
A cura di Redazione Cultura
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Dopo la denuncia di Vincenzo Barone, rettore della Normale di Pisa, che ha raccontato cosa succede quando un'università ritiene di far avanzare la carriera di una docente (“Se succede si scatena una guerra di veleni. Sulle donne insulti e calunnie. Si parla di tutto, meno che di preparazione, merito e competenze”) ecco pronto a scoppiare un nuovo bubbone nel sistema universitario e formativo del nostro Paese.

Per alcuni è la scoperta dell'acqua calda, perché è sotto gli occhi di tutti che il baronato universitario è anche profondamente maschilista, nondimeno la rivelazione del rettore pisano squarcia un mondo fatto di omertà e silenzi, che per la prima volta viene messo in discussione dai suoi stessi vertici. Fatti i dovuti paragoni, le parole di Barone hanno lo stesso peso di quelle del carabiniere Francesco Tedesco che la settimana scorsa ha svelato il pestaggio di Stefano Cucchi. Non può non destare clamore, infatti, il fatto che tale rivelazione provenga direttamente dai vertici di un'eccellenza del sistema universitario italiano. Che in quanto tale, evidentemente, sente di essere sull'orlo di una china pericolosa.

Ogni volta che si tratta di valutare o proporre il nome di una donna per un posto da docente, si scatena il finimondo. Si parla di tutto, meno che di preparazione, merito e competenze, che dovrebbero essere i soli criteri per valutare un accademico. Calunnie belle e buone, con l'aggiunta, come accaduto in anni recenti, di lettere anonime e notizie false diffuse ad arte.

Parole durissime, che confermano l'esistenza di una cultura sessista a livelli culturali ben più alti e in mondi apparentemente lontanissimi da quelli dove una donna viene spesso emarginata e danneggiata nella sua carriera. Ciò conferma che il maschilismo italiano non ha nulla a che vedere col reddito, con la posizione sociale e con la cultura di base, ma è più una sorta di dato antropologico del nostro Paese cono cui bisogna fare i conti e da combattere. Tutti abbiamo da guadagnarci da un sistema basato sul merito e sulle competenze reali, senza distinzione di genere. Basta mettere la polvere sotto il tappeto, insomma, è ora di far pulizia. Pena, come con tutta evidenza testimonia la denuncia di Vincenzo Barone, la fine di quelle poche, pochissime, eccellenze italiane rimaste in campo formativo. E pensare che l'università così come la concepiamo, dal Medioevo in poi, è nata in Italia. Lo stesso paese in cui sta morendo.

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