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Uccise un clochard dandogli fuoco “perché insidiava la fidanzata”: condannato all’ergastolo

Giuseppe Pecoraro uccise Marcello Cimino a Palermo nel marzo del 2017. L’uomo fu bruciato vivo mentre dormiva su un giaciglio di fortuna davanti al ricovero di una missione vicina al cimitero dei Cappuccini. La figlia della vittima: “L’assassino non ha mai chiesto scusa”.
A cura di Susanna Picone
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A circa un anno di distanza dal drammatico omicidio di Marcello Cimino – il clochard bruciato vivo mentre dormiva a Palermo – arriva la sentenza che ha condannato all’ergastolo Giuseppe Pecoraro, il benzinaio quarantacinquenne accusato del brutale delitto. A chiedere il carcere a vita erano stati i pm Alfredo Gagliardi e Maria Forti al giudice per l'udienza preliminare Maria Cristina Sala. Il processo si è svolto con rito abbreviato. L’uomo, senza fissa dimora, fu ucciso la notte del 10 marzo dello scorso anno mentre dormiva su un giaciglio di fortuna davanti al ricovero di una missione vicina al cimitero dei Cappuccini a Palermo. L’uomo condannato oggi fu arrestato dalla polizia poche ore dopo l’omicidio grazie alle riprese di una telecamera di videosorveglianza della zona. In un video si vede Pecoraro arrivare con un secchio pieno di benzina, cospargere il corpo di Cimino, dargli fuoco con un accendino e scappare via mentre il senzatetto muore.

Il benzinaio confessò subito l'omicidio – Pecoraro confessò subito di essere il responsabile della morte di Cimino: agli inquirenti disse di aver ucciso il clochard per gelosia, perché questi insidiava la sua compagna. “Ero geloso, insidiava la mia fidanzata. Faceva battute che non mi piacevano”, disse durante l’interrogatorio. Secondo i periti nominati dal giudice, l’imputato era capace di intendere e di volere durante l’omicidio. Di segno opposto invece la relazione tecnica del consulente psichiatrico nominato dai legali dell’imputato, i quali avevano chiesto la sospensione del processo per accertare la capacità di stare in giudizio del benzinaio. L’istanza, a cui si erano opposti la Procura e il difensore dei familiari della vittima costituiti parti civile, è stata respinta.

La figlia della vittima: "Mio padre non me lo ridarà nessuno" – “Siamo soddisfatti, l’ergastolo era il minimo della pena… Ma mio padre non me lo ridarà più nessuno”, il commento dopo la sentenza della figlia della vittima, una ragazza ancora minorenne. “Ho trascorso pochi giorni fa il mio compleanno senza di lui – così la ragazza all’Adnkronos – c’è stata la festa del papà a marzo e non gli ho potuto parlare. E così è passato il primo Natale senza poterlo salutare. È orribile”. “Dopo più di un anno c’è ancora tanto dolore – ha continuato la giovane – che non passerà mai. È stato un anno difficile, molto difficile”. La figlia della vittima ha detto che l’assassino reo confesso non ha mai chiesto scusa né si è pentito di quanto compiuto. “Abbiamo visto qualche volta la sua famiglia in tribunale ma anche la madre si è limitata dire solo che lei non c’entra con quello che ha fatto il figlio a mio padre. E basta”, ha detto ancora la ragazza.

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