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Tutto quello che avresti voluto sapere sul cioccolato e non hai mai osato chiedere

Non tutti sanno che il cioccolato in Europa è arrivato nel ‘500 dal Sudamerica con missionari e conquistatori, e che all’inizio era consumato solo liquido e amaro. Ci son voluti quasi 300 anni per assistere alla nascita del cioccolato solido con l’aggiunta di zucchero, grazie a un macchinario inventato da Henri Nestlè.
A cura di Laura Di Fiore
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Cina, mostra del cioccolato a Jilin
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Farà anche ingrassare e sarà causa di brufoli e altre impurità della pelle, ma al cioccolato quasi nessuno riesce a resistere. Tuttavia, il più dolce degli alimenti che consumiamo oggi è molto diverso da quello a cui erano abituati i nostri antenati. Presso i nativi del Centro e Sud-America – luoghi d’origine del cacao – il cioccolato era una bevanda amara e piccante, che veniva consumata per celebrare occasioni particolari. Fu uno dei prodotti alimentari che fecero la loro prima comparsa in Europa a seguito della scoperta del Nuovo Mondo. E così, viaggiando assieme a conquistadores e missionari, fu introdotta inizialmente in Spagna nella prima metà del Cinquecento.

Anche le successive avventure del cioccolato furono legate agli spostamenti di persone che, mettendosi in viaggio, diffondevano nuovi gusti e abitudini alimentari. Due furono gli itinerari – ricostruiti da Margrit Shulte – attraverso cui il cioccolato si diffuse dalla Spagna al resto d’Europa: il primo fu percorso dagli ebrei sefarditi espulsi dalla penisola iberica e diretti verso i Paesi Bassi; il secondo puntava dritto all’Italia meridionale, allora compreso nell’orbita spagnola. Da qui il cioccolato avrebbe risalito la penisola fino al nord, per essere poi esportato oltre le Alpi. Furono infatti i cioccolatieri itineranti delle regioni alpine italiane e del Canton Ticino che, spinti dalla povertà a lasciare le loro case per alcuni periodi dell’anno alla ricerca di nuove fonti di guadagno, fecero sì che la prelibata bevanda fosse assaggiata in Germania, Francia e Scandinavia, fino ad arrivare in Russia.

Perché per quanto possa sembrare strano per più di due secoli dal suo ingresso in Europa il cioccolato venne consumato esclusivamente in forma liquida. E però subì diverse trasformazioni, volte ad adattarlo ai gusti locali. Così, ad esempio, per smorzare il sapore intenso del grasso contenuto nei semi di cacao, al cioccolato venivano aggiunti diversi aromi, dalla cannella in Italia alla vaniglia in Spagna alla menta in Inghilterra. A guadagnarsi la reputazione di miglior cioccolato furono inizialmente le varianti italiana e spagnola, e soltanto a partire dalla fine dell’800 il cioccolato svizzero impose il proprio primato.

E lo zucchero? Non è certa l’origine dell’aggiunta dell’ingrediente magico. Quel che è sicuro è che il suo abbinamento al cioccolato si diffuse a partire dalla corte francese, tra il ‘600 e il ‘700, tra le classi aristocratiche che costruirono attorno al consumo della dolce bevanda un rituale elegante ed elaborato. Uno dei suoi aspetti di novità era rappresentato dall’uso delle porcellane cinesi, dal momento che le coppe d’argento abitualmente usate dai nobili per il vino erano poco adatte a una bevanda calda.

Sarebbe stato necessario attendere fino alla metà dell’800 per assistere a una vera e propria rivoluzione, ovvero alla nascita del cioccolato solido. Il presupposto di questa svolta fu l’invenzione di macchinari per ottenere la polvere di cacao, ingrediente base per produrre le prime barrette di cioccolato. Le scoperte del chimico svizzero Henri Nestlè furono fondamentali per l’invenzione del cioccolato al latte, perfezionato da Rudolf Lindt. La produzione su scala industriale contribuì all’ultima trasformazione del cioccolato, quella che lo tramutò da prodotto di lusso a bene di consumo accessibile ad ampi strati della società. Trasformazione di cui oggi siamo tutti grati.

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Nata nel 1979, vivo a Napoli e ho due gemelli. Sono ricercatrice in storia, (al momento) a Bologna, e ho pubblicato due monografie: Alla frontiera. Confini e documenti di identità nel Mezzogiorno continentale preunitario (Rubbettino 2013) e L’Islam e l’impero. Il Medio Oriente di Toynbee all’indomani della Grande guerra (Viella 2015).
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