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Trapianto fallito, la madre “abbandonata” in sala d’attesa: “Nessuno mi ha detto che era morta”

La donna ha trascorso 12 fuori dalla sala operatoria mentre la figlia stava subendo una delicata operazione che non è riuscita. Il giorno prima aveva avuto la bella notizia della compatibilità dell’organo. 24 ore dopo è morta.
A cura di Biagio Chiariello
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“Nulla da dire sull’equipe medica, ma ero lì, in corridoio, ad aspettare. Nessuno mi ha dato notizie. E quando le ho chieste… un medico mi ha detto semplicemente: ‘Sua figlia? È morta un’ora fa’”. Sono le parole di Roberta Zagato, madre di Alessia Gambetta, 49 anni, deceduta venerdì sera durante un’operazione di trapianto di fegato. La genitrice ha trascorso 12 ore snervanti nella sala d’attesa, mentre la figlia stava subendo la delicata operazione per cui era in lista d'attesa dal gennaio scorso.

Il calvario di Alessia era iniziato tre anni fa, quando una grave patologia al fegato l’ha colpita mentre era impiegata come commessa da Coin. Durante questo periodo aveva subito diversi interventi, ma le complicazioni alla fine hanno reso necessario il trapianto. Nella giornata di giovedì è arrivata la bella notizia della compatibilità dell’organo e la mattina seguente è entrata in sala operatoria, da cui purtroppo non è mai uscita. Una giornata intera in cui la madre è rimasta sola nella sala d’attesa, fino alle 20.30 quando un medico dell’equipe le ha per caso comunicato la triste notizia.

“Pensava – racconta Roberta Zagato – che qualcuno me l'avesse già detto. Poi ha capito che ero ancora all'oscuro di tutto. Mi sono sentita mancare. La mia rabbia è esplosa in un pianto disperato. Ho battuto, incredula, i pugni contro l'ascensore. Il medico ha allora cercato di correggere la risposta, dicendo che la stavano rianimando, la mia Alessia, ma che era grave. Era morta, invece. L'ho capito subito. Nessuno era venuto a dirmelo, né un medico né un infermiere”. Non sono ancora chiare le complicazioni dell’operazione. Lo staff sanitario ha fatto di tutto per salvare Alessia, ma purtroppo non c’è stato niente da fare.

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