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Torino: bimbo malato picchiato dai bulli. Gli hanno rotto il sondino dell’insulina

Un bambino di 13 anni è stato picchiato da alcuni compagni di scuola che, in seguito alle violenze, gli hanno rotto il sondino dell’insulina. Il padre ha sporto denuncia ai carabinieri.
A cura di Davide Falcioni
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Un grave episodio di bullismo in una scuola della provincia di Torino, dove un ragazzino è stato preso a calci e pugni da un gruppo di coetanei che gli hanno rotto anche il sondino dell'insulina, che è costretto a portare costantemente con sé. La vittima degli abusi ha raccontato il tutto ai suoi genitori che hanno sporto denuncia ai carabinieri: il giovane, infatti, sarebbe stato costretto a subire per anni vessazioni e umiliazioni psicologiche alle quali non avrebbe mai reagito; stavolta però dalle parole si è passati alla violenza con aggressioni frequenti e – come nel caso della rottura del sondino – anche molto pericolose per la salute della vittima.

A denunciare l'ennesima violenza è stato il padre della vittima che ha presentato un esposto ai carabinieri di Venaria. L'uomo ha raccontato che il figlio, con gravi problemi di salute, è stato picchiato da due bulli che frequentano la sua stessa classe: "Abbiamo deciso di ricorrere ai carabinieri perché non ce la facciamo più – racconta l'uomo a Repubblica – anzi è mio figlio soprattutto a non farcela più, anche se finora si è mostrato un ragazzino forte e determinato e non solo contro i bulli, evidentemente: a gennaio gli hanno sbattuto con violenza la testa contro il termosifone, fatto annotato sul registro elettronico dove si dice anche dell'utilizzo di impacchi di ghiaccio al capo, a cui però dopo non è seguito alcun intervento da parte della scuola. Le vessazioni invece sono proseguite, sempre più insopportabili. Come in questi ultimi giorni".

L'ultima aggressione ai danni del tredicenne, che frequenta la terza media, è stata di gran lunga la più grave visto che ha causato la rottura del sondino per l'insulina: "Ho detto ormai esasperato a insegnanti e dirigenti cosa aspettassero per fare qualcosa –  spiega il padre – e la risposta che ho ricevuto è che potevo fare quello che volevo. Ci mettiamo ora nelle mani della legge, sperando in una tutela maggiore. Mio figlio tra un mese sarà fuori da quel contesto ma tutto questo non deve capitare più ad altri".

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