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Svizzera caccia cittadina tedesca che beneficiava dei sussidi: “O trovi lavoro o te ne vai”

A una cittadina tedesca non è stato rinnovato il permesso di soggiorno perché “non si è inoltre seriamente preoccupata di trovare un impiego in grado di garantirle il sostentamento”.
A cura di Redazione
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Il Tribunale Amministrativo del Canton Zurigo ha espulso una cittadina tedesca rea di aver vissuto troppo a lungo a carico dell'assistenza sociale svizzera. Secondo quanto emerso dalla sentenza la donna avrebbe percepito, tra il 2012 e il 2017, 244 mila franchi svizzeri, circa 210 mila euro. La donna, giunta nel paese elvetico cinque anni or sono, era assunta con un'occupazione temporanea in una casa per anziani e, alla fine del 2013, terminato il periodo di impiego, la donna aveva percepito la disoccupazione. Dopo qualche lavoretto dal maggio 2016 non era più stata attiva professionalmente.

Nell'ottobre 2015 l'ufficio migrazione del canton Zurigo aveva respinto la domanda di prolungamento del permesso per dimoranti temporanei, decisione poi avallata anche dal dipartimento cantonale della sicurezza.

La donna, che nel 2016 in una nuova relazione ha messo al mondo un terzo figlio, con passaporto svizzero questo, ha presentato ricorso al tribunale amministrativo. In una sentenza la corte le ha dato torto.

"Le attività lavorative della ricorrente – scrivono i giudici – sono di importanza secondaria, in particolare rispetto all'assistenza: al 14 febbraio 2017 ha ricevuto aiuti per 244'000 franchi. Non si è inoltre seriamente preoccupata di trovare un impiego in grado di garantirle il sostentamento".

Visto che il terzo figlio ha la nazionalità svizzera la madre ha in linea di principio diritto a un permesso di dimora. L'interferenza con questo diritto è però ammessa se è previsto dalla legge e se è necessario per il benessere economico del paese. È quanto succede nel caso concreto, secondo la corte: l'espulsione è giustificata se la persona in questione continua a percepire somme importanti dall'assistenza.

Il bambino dovrebbe inoltre avere la doppia cittadinanza: deve quindi solo andare in un'altra patria e vista l'età un cambiamento del genere è da considerare tollerabile, argomenta il tribunale. I genitori possono inoltre anche decidere di far crescere il piccolo presso il padre, in Svizzera, sottolineano i giudici. Alla donna è stato quindi fissato il termine del 15 ottobre per lasciare il paese. La sentenza non è ancora passata in giudicato.

 

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