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Sud Sudan, continuano gli scontri e le esplosioni: 272 morti. “Rischio genocidio”

In questo piccolo stato dell’Africa orientale, che il 9 luglio di cinque anni fa ha conquistato l’indipendenza dal Sudan, la pace resta una vera e propria chimera. Migliaia in fuga, con la situazione che non sembra destinare a migliorare nonostante gli appelli di Onu e Unione Africa.
A cura di Biagio Chiariello
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Sono almeno 272 morti negli scontri che vanno avanti ormai da cinque giorni a Juba, capitale del Sud Sudan, tra le forze fedeli al presidente Salva Kiir e quelle che appoggiano il primo vicepresidente Riek Machar. Nella mattina di oggi ancora scontri a fuoco e violente esplosioni per le strade della capitale, con i residenti costretti a restare chiusi in casa. Ma in migliaia invece hanno già preferito tentare la fuga, 10 mila secondo l'Onu. Continui gli scambi di artiglieria in diverse parti della città, in particolare verso l'aeroporto e nel quartiere di Tomping. L'ambasciata americana ha parlato di "combattimenti violenti tra governo e forze dell'opposizione". Appena due giorni fa è stato festeggiato il quinto anniversario dell'indipendenza di quello che è lo Stato più giovane del mondo.

"Le condizioni sono veramente brutte. Da questa parte abbiamo molte vittime, penso circa 50 o 60 oltre a quelle di ieri (secondo alcune fonti almeno 150,ndr)", ha detto ieri il capo della sicurezza di una clinica nella base Onu, Budbud Chol. "Abbiamo vittime civili. granate con propulsione a razzo hanno colpito la base ferendo otto persone", ha proseguito, spiegando che almeno una persona è morta nella base.  Un appello al cessate-il-fuoco è giunto anche dal ministro degli esteri Paolo Gentiloni. "#Juba. di nuovo in guerra civile in sud sudan. italia chiede di far tacere le armi" ha scritto in un tweet il titolare della Farnesina sottolineando che l'unità di crisi "in contatto con i nostri connazionali" presenti nel paese africano.

“In Sud Sudan si rischia il genocidio. Scrivetelo a caratteri cubitali, perché qualcuno della comunità internazionale intervenga prima che sia troppo tardi”. È l’appello lanciato tramite l’agenzia Fides da una fonte della Chiesa in Sud Sudan, che l'agenzia ha preferito non citare per ragioni di sicurezza. “Quando cessano i combattimenti con armi pesanti, iniziano i massacri contro gli appartenenti all’etnia rivale. Lo abbiamo visto troppe volte in altre città del Sud Sudan durante la guerra civile che si credeva conclusa con gli accordi di pace dell’agosto 2015, ma ora i combattimenti sono scoppiati a Juba, la capitale, e si rischia di far sprofondare il Paese in un vero genocidio”, spiegano a Fides le fonti.

Dal dicembre 2013 in Sud Sudan è in corso una guerra civile tra i sostenitori del presidente Salva Kir e quelli del vicepresidente Riek Machar, costata la vita a decine di migliaia di persone e che ha causato oltre tre milioni di sfollati. Intanto il Consiglio di sicurezza dell'Onu ha chiesto ai "paesi della regione" e all'Unione africana di "discutere con i leader sud-sudanesi per trattare questa crisi". Con una dichiarazione unanime, i 15 Paesi membri del Consiglio di sicurezza hanno chiesto anche a Kiir e al suo rivale Machar, di "fare di tutto per controllare le loro rispettive forze e mettere fine ai combattimenti".

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