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Stupro Rimini, parla il padre dei due minorenni arrestati: “Giusto che paghino”

“Gli ho consigliato io di parlare con le forze dell’ordine. Può capitare che uno rubi un telefonino, ma non che uno violenta una donna”: così il padre dei due minorenni marocchini arrestati per gli stupri di Rimini del 25 agosto scorso in una intervista rilasciata a Il resto del Carlino.
A cura di Ida Artiaco
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L'arresto di uno dei presunti stupratori di Rimini (LaPresse).
L'arresto di uno dei presunti stupratori di Rimini (LaPresse).

"Gli ho detto di andare subito dai carabinieri. Può capitare che uno rubi un telefonino, ma non che uno violenta una donna. Se hanno fatto una cosa del genere devono pagare". Sono queste le parole del padre dei due fratelli marocchini, entrambi minorenni, che ieri, sabato 2 settembre, hanno confessato di aver stuprato, insieme ad altre due persone, una ragazza polacca su una spiaggia di Rimini, aggredito un suo amico e di aver subito dopo violentato una trans peruviana. L'uomo, che ha parlato nel corso di una intervista pubblicata sul quotidiano Il resto del Carlino, ha 51 anni, quattro figli, e di mestiere fa il saldatore. Vive con la sua famiglia in una casa fornita dal Comune di Vallefoglia, nel Pesarese, e non nasconde la rabbia per quando fatto dai suoi figli maggiori, di 17 e 15 anni, quest'ultimo per altro invalido per l'80 per cento.

"Mio figlio di 17 anni – ha raccontato – mi ha detto che lui era con suo fratello, l’altro mio figlio di 15 anni, e altri due loro amici, un nigeriano e un congolese, a Rimini. Hanno partecipato allo stupro di cui parlano da giorni il telegiornale e i giornali. Guerlin Butungu, l'unico maggiorenne, li ha costretti ad andare lì, gli prometteva i soldi se loro magari rubavano qualche cellulare e poi lo rivendevano a lui. Li ha fatti bere, una birra in un locale, una in un altro". Fino alla violenza inaudita consumatasi la notte dello scorso 25 agosto. "Gli ho detto che dovevano dire la verità e che non dovevano stare zitti per una settimana intera. E che sono stati fortunati. Io lo so come funziona il giro. Gli errori li ho fatti anch’io. E poi gliel’ho chiesto: cosa pensavate, che le persone che avete picchiato e stuprato fossero ricche, che ci facevate i soldi?".

L'uomo non nasconde neppure i suoi sensi di colpa nei confronti dei due ragazzi che avrebbe potuto tenere lontano dai guai. "Io ai miei figli ho dato sempre tutto – ha concluso -. Volevo che mio figlio più grande facesse il carabiniere e a volte sognavo che giocasse al Milan, io ho giocato in serie A in Marocco, qui in Italia ho fatto l'aiuto all'allenatore a Scala alla Reggina. Si è rovinato tutto nel 2013, quando sono dovuto tornare in Marocco per un permesso di soggiorno che mancava. Ho perso il controllo sui miei figli. Mi sento un po' in colpa".

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